Considerazioni sullo sciopero
generale del 17 novembre Per uno sviluppo della
mobilitazione di massa contro il governo
di Pia Gigli
Roma 17 novembre: in piazza Barberini, al
termine del corteo, i manifestanti in sciopero contro la Finanziaria ed il
governo tentano di raggiungere palazzo Chigi dove la Camera sta votando la
fiducia. Ed ecco che la polizia si schiera chiudendo tutti i varchi della piazza
e impedisce ai lavoratori e agli studenti di raggiungere i palazzi del potere.
La manifestazione si scioglie poi tranquillamente ma, per chi era lì, è facile
ritornare con la memoria a Napoli e a Genova 2001. Proprio così sono iniziati i
peggiori atti repressivi degli ultimi anni: contro lavoratori e movimenti, lo
Stato borghese, governato indifferentemente dal centrodestra o dal
centrosinistra, protegge se stesso e le sue leggi ricorrendo ai suoi apparati
polizieschi.
Tutto ciò avveniva in un clima di vero e
proprio boicottaggio da parte dell'informazione (compresi Manifesto e
Liberazione) che ha dato scarsissimo risalto allo sciopero generale e
alle manifestazioni tenutesi in tutta Italia, dando spazio ad una generica e
vaga "Giornata mondiale degli studenti" dell'Udu/Uds e privilegiando la
manifestazione della Cgil-Flc con un Epifani costretto in piazza per aver forse
"dimenticato" di concertare con il governo sui fondi per università e ricerca.
Dopo ventiquattro ore dallo sciopero generale,
la Camera licenziava con il voto di fiducia la legge finanziaria che, nonostante
qualche minimo correttivo, mantiene il suo impianto generale: in nome del
"rilancio dell'economia", vantaggi per le imprese e per il sistema finanziario e
sacrifici per i lavoratori e le classi subalterne. Lo sciopero generale,
com'era immaginabile, non è riuscito ad incidere sulla Finanziaria in
approvazione alla Camera, ma ha portato in piazza e nelle strade (insieme con i
sindacati di base Cub, Cobas, Usi, Slai Cobas, Al-Cobas che l'hanno indetto)
lavoratori stabili e precari, immigrati, studenti, disoccupati e comitati di
lotta territoriali come il movimento No-Tav a Torino, accomunati da un'esplicita
opposizione alla finanziaria ed al governo, fuori da ogni illusione di aver a
che fare con un "governo amico": ricorreva nei cortei nelle varie città lo
slogan "Che se ne vadano via!". Esiste dunque una percezione diffusa, anche
se non maggioritaria, del carattere di classe delle politiche di un governo che
non intende contrastare il precariato, vuole portare a termine la controriforma
pensionistica e andare avanti con le liberalizzazioni e le privatizzazioni. Una
comprensione che, riconoscendo il legame inestricabile tra le politiche
nazionali e le politiche locali, si è manifestata, ad esempio, nel corteo di
Bologna contro gli ultimi sgomberi di immigranti da parte della giunta
Cofferati, e nel corteo di Napoli contro le loro politiche occupazionali e
ambientali delle giunte Jervolino e Bassolino. Ma lo sciopero ha anche mostrato alcuni limiti che, se non
saranno superati in futuro, avranno ripercussioni negative sull'efficacia delle
lotte. Il sindacalismo di base se pur ha avuto il merito di lanciare la proposta
dello sciopero generale, non ha agito in una logica unitaria nella costruzione
della mobilitazione. Progetto Comunista-Rifondare l'opposizione dei lavoratori
aveva avanzato alle forze del sindacalismo di base e alla sinistra radicale la
proposta di indizione di una unica e centrale manifestazione di lotta contro la
politica rapinatrice di questo governo. Invece, la costruzione di manifestazioni
di livello regionale ha prodotto una frammentazione dell'azione che è sembrata
puntare più che all'efficacia della lotta, alla dimostrazione del "peso"
organizzativo delle singole sigle promotrici (in particolare la Cub) in una
logica di autosufficienza finalizzata -da parte dei gruppi dirigenti di questi
sindacati- alla ricerca di un proprio ruolo nel panorama del sindacalismo
italiano e comunque di pressione critica sul
governo
-in contrasto con lo spirito di opposizione
che ha animato le piazze.
La Rete28 Aprile, area di sinistra della
Cgil, con una dichiarazione di Cremaschi, si è limitata ad augurare "la piena
riuscita della giornata di lotta" e a riconoscere che "è positivo che ora scenda
in campo il mondo del lavoro". Peccato che anche i lavoratori che militano nella
Rete 28 aprile appartengano a questo mondo del lavoro e che è illusorio "far
pressione" sulle burocrazie della Cgil per convincere chi vuole concertare che
la concertazione è sbagliata; sarebbe stato necessario invece agire subito
chiamando i lavoratori della Cgil ad azioni concrete di opposizione, ad esempio
aderendo allo sciopero generale del 17, a meno che (e per la verità sembra
proprio che sia così) non si voglia continuare in una politica di adattamento e
di pungolo su un governo che non è "amico", ma che in fondo è visto come non
troppo nemico.
Nonostante ciò, il 17 si è manifestata la
forza di una potenziale opposizione al governo, e questa opposizione va
alimentata per costruire ulteriori mobilitazioni. Contro un governo che
continuerà le sue guerre imperialiste, che sta dando il colpo di grazia al
sistema previdenziale pubblico, che continuerà a mantenere i centri di
permanenza per gli immigrati e ad alimentare il loro sfruttamento, che non
intende contrastare la precarietà e non smantellerà le leggi che in questi anni
hanno destrutturato la scuola e l‘università pubbliche, che liberalizza e
privatizza i servizi, non è possibile mettere in campo manifestazioni episodiche
e frammentate, ma è necessario far crescere nei luoghi di lavoro, nei quartieri
e nei territori comitati unitari con l'obiettivo di contrastare i provvedimenti
antioperai e antiproletari di questo e dei passati governi, contro qualsiasi
logica del "meno peggio".
Da domani, a Finanziaria approvata, è
necessario alzare il livello dello scontro per ribaltare tutti i tavoli di
concertazione (voluti e ottenuti da governo, Confindustria e sindacati
confederali attraverso il Memorandum sulle pensioni, il Patto per la
produttività, il patto sul lavoro pubblico) che da gennaio in poi smantelleranno
definitivamente il sistema previdenziale pubblico e disarticoleranno il sistema
contrattuale sia nel pubblico sia nel privato. Occorre sempre più unificare
nelle lotte lavoratori stabili e precari, disoccupati, mondo della scuola e
dell'università, lavoratori autonomi in via di proletarizzazione, attraverso
l'articolazione di rivendicazioni immediate e transitorie che prefigurino
un'alternativa vera a qualsiasi governo della borghesia. Occorre difendere
il potere d'acquisto dei salari e delle pensioni con la reintroduzione della
scala mobile, contro l'attacco al modello contrattuale nazionale che in nome
della produttività penalizza i lavoratori in termini di salario, orari e
condizioni di lavoro; in tema di precariato vanno stabilizzati con contratti a
tempo indeterminato tutti i lavoratori precari nel pubblico e nel privato contro
ogni processo di privatizzazione, esternalizzazione e cessione di ramo
d'azienda; va ridotto l'orario di lavoro a parità di salario, senza flessibilità
e annualizzazione, per liberare posti di lavoro per disoccupati e lavoratori
precari; va rivendicato un salario sociale per i disoccupati e giovani in cerca
di prima occupazione; in tema di pensioni è necessario pretendere il ripristino
del sistema previdenziale pubblico a ripartizione con il controllo dei
lavoratori sul proprio Tfr/Tfs; occorre rivendicare la natura pubblica di
istruzione, sanità, trasporti, comunicazioni e servizi essenziali contro i
finanziamenti alle scuole, università, cliniche private; parallelamente va
rivendicata la chiusura di tutti i Cpt, il permesso di soggiorno per i
lavoratori immigrati e la loro libera circolazione contro ogni controllo delle
frontiere, l'abolizione delle spese militari, il ritiro dei militari
dall'Afghanistan, Iraq, Libano e da tutte le missioni all'estero, no a nuove
basi militari statunitensi e chiusura e riconversione ad uso civile di quelle
già esistenti.
Tali rivendicazioni presuppongono
necessariamente da subito una battaglia per l'abolizione delle leggi Dini,
Moratti e Berliguer, delle leggi 30 e Treu, della Bossi-Fini e della
Turco-Napolitano. Tutte leggi al servizio degli interessi di Confindustria e del
grande capitale e contro il mondo del lavoro e le esigenze dei giovani che,
anche se emendate in un punto o nell'altro, come vorrebbero i ministri Ferrero e
Damiano e i dirigenti sindacali concertativi o i dirigenti del Prc, PdCI e
Verdi, mantengono intatto il loro significato e qualificano la natura
anti-operaia di questo governo. E' proprio questo chiaro segno di classe che
rende necessario far crescere, di battaglia in battaglia, la forza necessaria
per mandare a casa questo governo e per costruire un'alternativa vera, un
governo dei lavoratori per i lavoratori. Il processo costituente di un nuovo
partito comunista, in cui come PC Rol siamo impegnati, ha appunto lo scopo di
dotare i lavoratori di quello strumento organizzato che è necessario per
costruire l'opposizione per l'alternativa.