TUNISIA E ALGERIA
RIVOLTE PER IL PANE
MIGLIAIA DI GIOVANI PROLETARI
ANIMANO LA LOTTA CONTRO I GOVERNI
di Riccardo Bocchese
La rivolta del pane dilaga
in Tunisia. La ribellione è quella dei giovani che vediamo in queste ore nelle
strade di molte città dell'Algeria e della Tunisia. Una ribellione diffusa e
che sta contaminando e diffondendo il malumore verso gli sfruttatori, verso
quanti, e sono poche centinaia di persone, gestiscono da decenni il potere con
i privilegi e la ricchezza che questo comporta.
Il potere del capitale
risponde. Nei modi che gli sono abituali: la repressione, l'intimidazione, la
minaccia, le armi.
Ecco allora che in Tunisia il bilancio delle vittime nell'ultima settimana di scontri a Thala e Kasserine è salito a 50. Secondo quanto racconta la radio tunisina Kalima, i morti sarebbero almeno 16 nella città di Tala, 22 a Kasserine, 2 a Meknassi, 1 a Feriana e 8 a Reguab. Numerosi i feriti.
Piazze in rivolta in Tunisia e Algeria
In Tunisia la rivolta contro il carovita e
la disoccupazione è iniziata il 17 dicembre dopo che Mohamed Bouazizi, un
ambulante laureato di 26 anni, si era dato fuoco a Sidi Bouzid per protestare
contro la polizia che gli aveva confiscato la frutta e la verdura che vendeva
per sopravvivere. Il suicidio di Mohamed ha innescato una rivolta inedita e da
metà dicembre i tunisini sono in strada. Soprattutto i giovani, spinti alla
disperazione dalla disoccupazione e dall'ingiustizia sociale.
In Algeria le proteste sono cominciate il 4 gennaio a seguito della
decisione governativa di aumentare del 20-30% i prezzi dei prodotti alimentari
di largo consumo, come il pane.
Forti rincari anche per olio
e zucchero. La tensione si sta diffondendo in un Paese in cui il 75% dei 35
milioni di abitanti, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, ha meno
di 30 anni e il 20% dei giovani è disoccupato. Negli ultimi giorni quattro
persone sono state uccise e circa 800 persone, tra le quali 300 agenti, sono
rimaste ferite.
La repressione - che in
realtà ha l'effetto di alimentare la rivolta - ha provocato anche quattro
suicidi. Houcine, 22 anni, a Menzel Bouzaine davanti alla folla, ha gridato
«non voglio più miseria e disoccupazione».
Le ragioni del malcontento
dei giovani proletari tunisini sono simili a quelle dei loro coetanei algerini:
la mancanza di lavoro e di prospettive. Ma in Tunisia c'è anche un'ansia di
libertà: la rivolta non è solo contro i rincari alimentari, ma anche contro la
censura e la mancanza di libertà di espressione.
I blog, facebook, la musica
rap diventano le uniche forme di espressione, ma la censura sta arrivando anche
lì. Il governo tunisino, per avere la meglio sulla protesta, sta impiegando gli
hacker su internet per
accedere agli account degli attivisti su Facebook, Google e Yahoo
e intercettare i successivi
passi della rivolta, secondo quanto denuncia la Commissione per
la protezione dei giornalisti (Cpj). Ma la protesta non sta coinvolgendo solo i
giovani. C'è stata, per esempio, un'altissima adesione degli avvocati tunisini
allo sciopero di categoria: un segnale che testimonia il diffondersi del
dissenso anche tra le classi medie. Il grido che sale dalla piazza mentre si
bruciano le foto del presidente Ben Ali, da 23 anni al potere, è «barakat»,
basta!
Gli interessi italiani ed europei
Il ministro Frattini dichiara: "Sosteniamo i governi di Tunisia e
Algeria. Noi condanniamo ovunque la violenza, ma sosteniamo governi che hanno
avuto coraggio e costituiscono un'importante presenza mediterranea, soprattutto
nella lotta al terrorismo". Questo il commento del ministro berlusconiano di
fronte alla repressione brutale dei governi di quei Paesi. Frattini peraltro è
lo stesso ministro che si è recato in Tunisia in compagnia di altri ministri a
ricordare Bettino Craxi, morto latitante ad Hammamet sotto la protezione
proprio del presidente Ben Ali (divenuto presidente grazie ad un colpo di Stato
"medico" nel 1987 quando il precedente presidente Bourguiba fu deposto
facendolo giudicare dai medici inidoneo per senilità, agevolato da alcuni
servizi segreti tra cui il Sismi italiano). Ma sono gli affari soprattutto a
dettare questa presa di posizione, unica in Europa per il momento. Basta una
veloce ricerca in rete per vedere quanto rilevanti siano gli affari
italiani nel Magreb : sia con accordi per il gas e il petrolio (l'Eni con l'offshore del mar Mediterraneo proprio di
fronte ad Hammamet), sia con le produzioni manifatturiere a bassissimo costo
del lavoro (ad esempio Benetton che oggi conta oltre 5000 terzisti che lavorano
nel nord Africa). Ma non manca la finanza con Mediobanca che partecipa ad una
nuova banca tunisina con una quota del 30%.
E il gas ed il petrolio
algerino sono da anni preda delle multinazionali anche dell'energia francesi e
americane, e i fosfati marocchini altrettanto. Con tutti questi affari risulta
difficile esprimersi contro chi permette tutto questo lucro.Anche Francia e Europa non
hanno nulla da dire. "C'è una lobby tunisina a Parigi - scrive Le Monde -
fortissima sia a destra che a sinistra. La Francia sostiene questo regime dalla
sua nascita nel 1987".
La paura del Capitale: l'emulazione della rivolta
La "rivolta
del pane" per la prima volta ha coinvolto anche i giovani di
Bechar e Maghnia, lungo la frontiera con il Marocco che, la sera di domenica 9
gennaio, sono scesi in strada a protestare. Ma l'emergenza supera i confini del
Maghreb. La Fao ed il suo economista Abdolreza Abbassian hanno lanciato
l'allarme sui prezzi dei cereali aumentati del 50% e sui conseguenti "rischi
di rivolte sociali". Si registrano, infatti, tensioni anche in Asia, nello
Sri Lanka, dove di fronte all'aumento dei prezzi delle derrate agricole, il
governo ha deciso di mobilitare l'esercito per acquistare i prodotti dai
contadini e rivenderli ai cittadini.
Che il Capitale cominci ad
avere qualche timore lo si intuisce dall'interesse che i media cominciano a
dare alla questione che fino a fine dicembre, nonostante i morti e gli scontri,
non trovava spazio se non in qualche piccola nicchia.
Ora, il primo ministro
algerino Ahmed Ouyahia è costretto a riferire che il Consiglio
interministeriale ha adottato "una sospensione ed esonero dei diritti doganali,
di tasse e imposte", temporanea, su olio e zucchero, che permetteranno di
ridurre del 41% i prezzi.
Ben Ali da Tunisi s'impegna
a creare 300 mila posti di lavoro tra il 2011 e il 2012.
Per parte nostra, come
rivoluzionari, non possiamo che essere pienamente solidali con i giovani in
rivolta. La loro lotta, pur generata da cause apparentemente distinte, è in
definitiva la stessa lotta dei giovani che in questi mesi hanno infiammato le
piazze d'Europa, è la lotta per cercare un'alternativa al capitalismo e alla
miseria a cui questo sistema sociale condanna l'umanità. Una volta di più
emerge imperiosa l'esigenza di coordinare l'insieme di queste lotte nel mondo,
costruendo una direzione internazionale rivoluzionaria, la Quarta
Internazionale, che sappia sviluppare le lotte e le rivolte di piazza in
rivoluzioni socialiste vittoriose.