27 dicembre 2009
Un anno fa iniziava il massacro di Gaza
Dichiarazione della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale
Il 27 dicembre 2008, le
forze armate israeliane iniziarono un'offensiva militare su larga scala contro
la Striscia di Gaza.
Quest'iniziativa
di Israele costituiva la continuazione della sua politica verso questo territorio
palestinese dopo la vittoria elettorale di Hamas nel 2006. La prima iniziativa
era stata promuovere un golpe, con l'appoggio di Abbas e di Al Fatah, per cacciare
Hamas dal governo del territorio di Gaza. Questo tentativo di golpe venne
sconfitto dalla mobilitazione delle masse che spinsero Hamas ad espellere dal
territorio l'apparato militare di Abbas e la polizia di Al Fatah, ottenendo così
di liberare una parte del territorio dal potere dell'Israele.Come riferivamo
nella Dichiarazione della Lit del 29 dicembre 2008: "questa situazione era del
tutto intollerabile per uno Stato come Israele, che ha iniziato un'azione
combinata di attacchi militari, prima per distruggere le infrastrutture per la
produzione di energia elettricità e somministrazione di acqua e,
successivamente, con bombardamenti diretti sulla popolazione civile ed un
embargo asfissiante per impedire l'ingresso di alimenti, medicine e combustibili. Bisognava a tutti i costi sconfiggere la
resistenza del popolo di Gaza ed obbligarlo ad arrendersi".Dunque,
dopo aver cercato di colpire la Striscia di Gaza in quanto territorio autonomo,
l'embargo costituiva il secondo tentativo di Israele di riprendere il controllo
su Gaza ed aveva come obiettivo quello di trasformarla in un ghetto isolato e invivibile.
L'invasione israeliana del 27 dicembre 2008 era, pertanto, la prosecuzione, attraverso
un'offensiva militare su larga scala, dell'obiettivo di sconfiggere la
popolazione palestinese nella Striscia di Gaza e ristabilire il dominio di Israele
su quel territorio.
La resistenza palestinese e la mobilitazione internazionale hanno costretto alla ritirata dell'esercito israeliano e alla fine del massacro a Gaza
Come riferisce l'Editoriale
di Peacereporter, "Si è trattato dell'intervento
militare più duro dalle guerre del '48 e del '67 nei territori occupati. In 22 giorni
di assedio sono morti 1.400 palestinesi. Fra essi, 300 bambini e 115 donne. Nell'incursione
hanno perso la vita 13 soldati israeliani. 4.000 case sono state distrutte o
gravemente danneggiate. Cinquantamila palestinesi sono rimasti senza un tetto e
fra il 35 ed il 60% delle attività economiche di Gaza ha subito danni irreversibili"
(tratto da rebelión.org).
Questi dati mostrano chiaramente
che quanto accaduto a Gaza tra il 27 dicembre 2008 ed il 18 gennaio 2009 è
stato un massacro: la natura degli obiettivi e la distruzione arrecata rendono
evidente che gli attacchi sono andati ben oltre il semplice tentativo di
annichilire la capacità militare delle forze di resistenza palestinese. Sia
l'imperialismo degli Stati Uniti che quello europeo sono stati conniventi con
questo massacro, riconfermando il loro appoggio allo Stato d'Israele.
Tuttavia, e nonostante la
loro immensa superiorità militare, le truppe di Israele sono state costrette al
ritiro senza aver raggiunto il loro obiettivo: piegare la resistenza e
riprendere il controllo dei territori di Gaza.
Anche se i mezzi di
comunicazione hanno fatto passare l'immagine che Israele aveva portato a
termine la missione che si era proposto - porre fine al lancio di missili palestinesi
sulle città israeliane - l'esercito sionista è uscito sconfitto perché,
nonostante le atrocità commesse, la resistenza del popolo palestinese ha impedito
che le truppe riuscissero a controllare il territorio, proprio mentre le
mobilitazioni internazionali e l'avvicinarsi dell'investitura di Obama (che non
poteva certo cominciare il proprio mandato appoggiando il bombardamento di
civili in Palestina) spingevano per la ritirata di Israele da Gaza.
L'embargo a Gaza continua e Israele impedisce l'ingresso di beni essenziali nei territori
Essendo stato sconfitto nella
sua offensiva militare su larga scala, Israele ha continuato, tuttavia, con la
politica dell'embargo. Quantunque l'invasione di Gaza sia terminata, questo
territorio continua ad essere un ghetto, circondato da Israele e nel quale la
popolazione sopravvive in condizioni terribili.
Basti dire che oggi un
terzo della popolazione di Gaza vive in campi profughi e che avere un lavoro è già
di per sé un privilegio, dal momento che, secondo dati ufficiali, la disoccupazione
arriva al 60‑70%. Questa crescita della disoccupazione è stata una delle conseguenze
dell'embargo, a partire dal quale Israele sta rinforzando la sua politica di apartheid,
utilizzando sempre meno lavoratori palestinesi: va ricordato che, prima
dell'inizio delle restrizioni in entrata e in uscita dalla Striscia di Gaza, molti
dei lavoratori di Gaza lavoravano durante il giorno in Israele e sono rimasti
disoccupati dall'inizio dell'embargo. Da quel momento, quasi soltanto
diplomatici e alcuni giornalisti possono attraversare il confine con Israele (attraverso
il checkpoint di Erez).
Una parte della politica israeliana
di trasformare Gaza in un ghetto, sta nell'impedire non solo la circolazione
delle persone, ma anche dei beni essenziali, come cibi, medicine e materiali per
la costruzione (che potrebbero consentire la ricostruzione di case ed
infrastrutture essenziali); e ciò è particolarmente allarmante, dal momento che
le statistiche ufficiali dicono che, a causa della continua distruzione delle
infrastrutture del Paese, l'80% della popolazione sarà dipendente dagli aiuti
esteri per quel che riguarda l'alimentazione: che, oltre ad essere
quantitativamente insufficiente, non copre le necessità nutrizionali della popolazione
più giovane.
Sia gli Stati Uniti che
l'Europa continuano a sostenere la politica di Israele nella Striscia di Gaza e
nel territorio palestinese in generale, e sono perciò complici diretti della
politica genocida in corso e per la barbara situazione in cui oggi migliaia di
palestinesi sono costretti a vivere.
Sostegno alla marcia che tentava di entrare a Gaza ed è stata bloccata dal governo egiziano!
Il massacro a Gaza di un
anno fa e la perpetuazione dell'embargo genocida di Israele alla Striscia di
Gaza hanno ancor più deteriorato l'immagine dell'Israele a livello internazionale:
è diventato abbastanza usuale associare Israele al nazismo paragonando Gaza al
Ghetto di Varsavia. È in questo senso che ha preso corpo la Campagna per il
Boicottaggio di Israele (Bds in inglese: Boicottaggio, Disinvestimento e
Sanzioni economiche), mentre svariate delegazioni organizzate tentano di entrare
a Gaza per portare solidarietà ed anche aiuti umanitari al popolo palestinese.
È in questo contesto che, a
distanza di un anno dall'inizio del massacro a Gaza, un gruppo di parecchie
centinaia di persone di più di 20 paesi si è organizzato per formare una carovana
internazionale - Marcia per la Libertà di Gaza - con l'obiettivo di spezzare l'assedio
e partecipare ad una manifestazione pacifica a Gaza con i palestinesi il giorno
31 dicembre. Oltre alla solidarietà con il popolo palestinese, questa carovana
internazionale - con lo slogan "Stop all'assedio a Gaza" - portava anche beni
di prima necessità, come attrezzature mediche e latte in polvere per bambini.
Questa colonna di aiuti è
stata bloccata dal Presidente Hosni Mubarak prima di entrare in Egitto, dove si
stava dirigendo con l'intenzione di arrivare a Gaza attraverso il confine di
Rafah con l'Egitto. In queste ore, le informazioni di cui disponiamo ci dicono che
la marcia è riuscita ad entrare in Egitto ma che il Presidente egiziano sta
impedendo agli attivisti dei vari paesi di giungere a Rafah, bloccando i
trasporti in direzione di questa frontiera e reprimendo le manifestazioni che in
Egitto si stanno realizzando in segno di solidarietà con i 1.400 palestinesi uccisi
un anno fa nell'attacco di Israele a Gaza. Esprimiamo il nostro totale sostegno
al tentativo di questa marcia di spezzare l'assedio a Gaza e protestiamo contro
la servile connivenza del Presidente egiziano alla politica dello Stato di
Israele che impedisce a questa carovana internazionale di entrare a Gaza attraverso
l'Egitto e reprime chi manifesta solidarietà ai palestinesi.
È necessario distruggere lo Stato di Israele
Un anno dopo l'inizio del
massacro a Gaza, continuano ancora oggi le morti di palestinesi causate dai
bombardamenti "selettivi" israeliani, mentre l'embargo di cibi, combustibile e
medicine sta uccidendo lentamente la popolazione di Gaza. Lo Stato di Israele è
uno Stato razzista che, come il nazismo o l'apartheid in Sudafrica, ha l'obiettivo
di espellere dal suo legittimo territorio la popolazione in quanto araba musulmana,
mentre gli ebrei si considerano una razza distinta e superiore. Per questo è
fallita, e continuerà a fallire, qualsiasi soluzione di due stati, perché, lo
ribadiamo, finché esisterà lo Stato di Israele, solo esso potrà sopravvivere, ma
seminando intorno a sé la morte ed il terrore.
Dunque, un anno più tardi
riaffermiamo ciò che dicemmo nella Dichiarazione della Lit-Quarta
Internazionale del 23 gennaio 2009: "la Lit fa appello a continuare la
mobilitazione internazionale fino al ritiro completo delle truppe da tutta la Striscia
di Gaza, la fine degli attacchi aerei, la completa eliminazione dell'embargo e
l'apertura dei posti di frontiera (...) I ghetti
ed i bantustan di ieri sono i territori palestinesi di oggi, di coloro che non
possono uscirne o ricevere aiuti, ed hanno non solo l'obiettivo della segregazione
per motivo di razza e religione, ma anche quello di facilitare i bombardamenti
per massacrare gli arabi senza colpire la popolazione ebraica. Per questo
è necessario mantenere una campagna permanente per la distruzione dello Stato di
Israele. Il boicottaggio internazionale che si riuscì ad imporre al governo dell'apartheid
in Sudafrica fu decisivo perché le masse di colore potessero abbattere quel
regime. Ora dobbiamo continuare ad esigere che i governi di tutto il mondo rompano
le relazioni diplomatiche e commerciali con il regime nazi-sionista di Israele".
STOP ALL'EMBARGO A GAZA!
ABBASSO LO STATO DI ISRAELE!
VIVA LA RESISTENZA DEL POPOLO PALESTINESE!
ROTTURA DELLE RELAZIONI DIPLOMATICHE E COMMERCIALI CON IL REGIME NAZI‑SIONISTA DI ISRAELE!