VENDOLA PRIVATIZZA ANCHE L'ACQUA
di Michele Scarlino (*)
Con lui rassegnano le dimissioni... anche tutti quelli che hanno sperato nella "primavera pugliese" e che hanno creduto in Nichi Vendola.
L'antefatto
Prima di capire quali sono le grandissime
conseguenze politiche di queste dimissioni, è giusto spiegare chi è Petrella e
quali sono le ragioni che lo hanno spinto sino a questa (irrevocabile)
decisione.
La storia inizia un paio d'anni fa; in Puglia si votano le
regionali. Pochi mesi prima Vendola, a furor di popolo, vince le primarie
dell'Unione contro il suo avversario Francesco Boccia, espressione dell'Ulivo.
In Puglia è un terremoto: "è l'inizio di una nuova stagione" gridano in molti.
Bertinotti, estasiato, esulta per la vittoria del "suo Nichi" in Puglia: "una
grande prova di democrazia" ebbe a dire allora. Molti italiani e molti pugliesi
che volevano onestamente cambiare le cose iniziarono a credere in Vendola e
cominciarono a sostenerlo, ad accorrere ai suoi comizi, a sperare in una sua
elezione per "cambiare la Puglia". Un giorno di Maggio del 2005 il "sogno" di
molti divenne realtà: Vendola vince le elezioni e diventa presidente della
Regione Puglia.
Petrella, invece, era, ed è, uno stimato professore
universitario, molto interessato allo studio dell'acqua tanto da essere definito
da molti "filosofo dell'acqua" e, sopratutto, figura al di fuori dei giochi
politici e non appartenente a nessun partito.
Il primo atto di Vendola in
qualità di presidente regionale è stata quella di nominare Petrella presidente
dell'acquedotto pugliese.
"Adesso si cambia" diceva qualcuno, "ora la Puglia
cambia davvero" motteggiava qualcun altro. In molti sperano, a questo punto, in
un reale cambiamento, tanto più dopo questo primo atto di Vendola, da molti
considerato coraggioso e che, certamente, galvanizzò i suoi sostenitori. A
distanza di due anni questa speranza è stata completamente
disattesa.
Le linee guida della gestione Petrella
Al momento del suo insediamento Petrella si
è trovato a gestire un acquedotto tramutato nel 1999 - governo D'Alema - da Ente
in Spa (società per azioni) a partecipazione pubblica (80% regione Puglia e 20%
regione Basilicata). Allora si disse che il passaggio da ente a Spa avrebbe
favorito l'ammodernamento delle infrastrutture oltre ad un abbassamento delle
tariffe con servizi migliori. A distanza di ormai sette anni il famoso
ammodernamento non si è verificato e inoltre, sia detto per inciso, abbiamo
assistito ad una levitazione del prezzo delle bollette.
Il neopresidente
dell'acquedotto, nei primi giorni del suo mandato, non celò a nessuno quali
fossero gli intenti della sua gestione: eliminare la Spa e far ritornare
l'acquedotto un ente regionale, in un'ottica di gestione e razionalizzazione
delle riserve, con al centro l'acqua come bene comune patrimonio di tutti e non
merce (seppur differente, come sostiene qualcuno in casa Unione).
Questa
visione si è scontrata con il progetto del centrosinistra di mantenere
l'acquedotto Spa e Petrella (che pur essendo presidente non aveva nessuna delega
ed era quindi, de facto, un supervisore con le mani legate) è stato
puntualmente frenato e non ha quindi potuto attuare quella ripubblicizzazione
per la quale aveva accettato l'incarico.
Petrella aveva creduto (a torto) che
con un governo di centrosinistra, tanto più con a capo il "compagno Nichi", il
suo progetto (che poi è lo stesso progetto che Vendola sfruttò in campagna
elettorale e grazie al quale prese voti), che era sostenuto dai movimenti e da
migliaia di pugliesi, si potesse realizzare. Anche per Petrella è stato un
triste risveglio...
Le dimissioni
Nella conferenza stampa che annunciava le
sue dimissioni Petrella ha spiegato le motivazioni per cui lasciava l'incarico e
ha manifestato la sua rabbia per aver fallito il suo obbiettivo. E' interessante
leggerne alcuni stralci in quanto chiariscono alcuni punti: innanzitutto la sua
buona fede (ovvero quella di tutti quelli che avevano visto in Vendola la
garanzia di quel "cambiamento" che s'attendeva) ed in secondo luogo
l'impossibilità - provata - di poter cambiare qualcosa governando con chi è
rappresentante di interessi materiali ben precisi, rinunciando alla
lotta.
Petrella, riguardo alla forma giuridica dell'azienda (cioè ente o
Spa), afferma: "Non ho mai capito in proposito perché la ripubblicizzazione in
termini istituzionali deve essere considerata incompatibile o inibitoria
rispetto all'obbiettivo, necessario ed urgente, del risanamento operativo
dell'acquedotto". Praticamente Petrella qui dice: ma se dite di voler mantenere
la Spa a partecipazione pubblica (con Puglia e Basilicata unici azionisti)
perché mai vi scandalizzate se propongo di far tornare l'acquedotto un ente? In
realtà per il centrosinistra (e per la parte sociale che rappresentano, ovvero
la borghesia) il fatto che l'Aqp rimanga Spa è di fondamentale importanza.
Spieghiamo perché. Sul Corriere del mezzogiorno, in un editoriale che
parlava dell'acquedotto, il giornalista faceva notare che l'azienda aveva un
buco di bilancio di 200 milioni di euro che andava risanato; la conseguenza è
logica. Il buco verrà sanato dai privati (banche e multinazionali) che,
sfruttando la forma giuridica di Spa, entreranno come soci nell'Aqp aprendo la
strada alla privatizzazione. Questo sarebbe impossibile da fare se L'Aqp fosse
un ente e di qui deriva il loro considerare la cosa "incompatibile". Certo,
diciamo noi: la cosa è incompatibile con gli interessi della borghesia.
Altro
stralcio delle dimissioni di Petrella: "Ripubblicizzare implica una scelta
innovatrice forte: lo smantellamento progressivo del finanziamento del servizio
idrico dalla dipendenza dei mercati di capitale nazionale ed internazionali
privati". Caro Petrella, hai detto tu stesso quali sono le ragioni per le quali
non si torna all'ente: il centrosinistra e Nichi Vendola, in qualità di
presidente della regione, rappresentano proprio quei capitali privati che tu,
con l'aiuto dello stesso centrosinistra, volevi estromettere dalla golosa torta
dell'acqua...
Come vedete le contraddizioni erano troppo forti per non arrivare
a delle dimissioni.
La nostra risposta
Deliziosa invece è l'affermazione di Vendola che, in risposta al presidente dimissionario, afferma che la discussione sulla ragione sociale dell'azienda è "oziosa". Dicendo questo elude totalmente la spinosa questione della ripubblicizzazione dell'acquedotto e dimostra a tutti i pugliesi di quale razza di "comunista" stiamo parlando. Progetto Comunista ha avviato, insieme a varie forze e a comitati (e anche a militanti del Prc delusi dalle politiche del loro partito), una battaglia non solo per la ripubblicizzazione dell'acquedotto, ma di tutto l'impianto idrico pugliese (dalla fonte sino al rubinetto) e diciamo a Vendola che il discutere sulla ragione sociale dell'azienda non è un fatto ozioso, ma è uno spartiacque tra chi vuole che l'acqua rimanga un bene comune, proprietà di tutti, e chi vuole la sua privatizzazione e mercificazione. Ci pare chiaro lui da che parte stia.
(*) PC Rol Puglia