Partito di Alternativa Comunista

Verso il III Congresso del Pdac

Verso il III Congresso del Pdac
Un momento che riguarda
tutti i lavoratori e i giovani che lottano
Per costruire il partito rivoluzionario che manca
 

 
 
di Francesco Ricci
congresso
Siccome le previsioni sulla "fine della storia" fatte qualche anno fa di riformisti interessati (e profumatamente remunerati), le tesi sul capitalismo come ultimo orizzonte perfettibile dell'umanità, gli sproloqui sulla scomparsa del conflitto di classe, appaiono risibili oggi - di fronte all'Europa in lotta, da Atene a Madrid - ecco che di rincalzo arrivano plotoni di scettici. Sono quelli che dicono che è vero, che certo le lotte stanno riprendendo: ma non porteranno da nessuna parte; oppure che annuiscono quando parli dell'ascesa della lotta di classe in Spagna ma ti precisano subito: qui da noi, però...
Sono gli stessi che (le rare volte che assumono pretese teoriche) sminuiscono il ruolo soggettivo nel cambiamento storico (l'uomo, in sostanza, come oggetto dei cambiamenti ma mai soggetto attivo). Sono quelli che, armati di questa filosofia, non sanno spiegare come mai dai graffiti nelle caverne a oggi qualche passo avanti l'umanità lo abbia fatto. Certo non possono negare che in passato ci siano state rivoluzioni, ma le riducono a eventi eccezionali, irripetibili (ogni volta). A loro dire la crisi economica del capitalismo produrrebbe solo distruzione del movimento operaio. Non resta (ti fanno capire) che cercarsi una piccola nicchia dove attendere passivamente in attesa di tempi migliori.
E' appunto quanto si prepara a fare per l'ennesima volta Rifondazione Comunista attraversata da un dibattito su tempi e modi per stringere un accordo col Pd per il 2013: dibattito in cui l'accordo in sé (cioè l'accordo con il partito di punta oggi di industriali e banchieri che sostengono Monti) non è posto in discussione da nessuno (fatto salva la piccola minoranza interna di Falcemartello, che col suo entrismo profondo finisce nei fatti col legittimare la maggioranza dirigente del Prc). Ma è quanto accade anche in partiti e gruppi collocati a sinistra di Rifondazione. Si leggano (sul loro sito nazionale) gli atti del dibattito di un altro congresso che si svolge in queste settimane, quello di Sinistra Critica, in preda a una evidente crisi di prospettiva (aggravata dal crollo verticale dell'Npa francese cui si ispirava) e impegnata in un dibattito astratto, completamente estraneo agli scenari presenti della lotta di classe.
 
Un congresso diverso
Diverso è l'orizzonte del Pdac e differenti sono i temi in discussione nel suo III Congresso, avviato in queste settimane con la discussione e il varo dei documenti congressuali da parte del Consiglio Nazionale.
Il tema centrale che ci poniamo è lo stesso che emergeva in un articolo di Repubblica di questi giorni: anche se, ovviamente, opposte sono le conclusioni.
Su quel giornale si scriveva, comparando l'Italia alla Spagna, che qui da noi il conflitto non trova un elemento catalizzatore né organizzazioni che ne vogliano favorire l'ascesa. Il giornale borghese, strenuo difensore di Monti e del probabile ricambio di centrosinistra che lo seguirà nel 2013, per proseguire le medesime politiche, si compiace di questa differenza italiana, di questa quiete paragonata alle tempeste che si moltiplicano in Spagna, Portogallo e Grecia.
Noi, viceversa, ci interroghiamo su questa "differenza" (ma attenzione: anche in Spagna fino a qualche mese fa il barometro segnava più o meno calma piatta) per capire come poter contribuire a superarla. Come sviluppare un grande movimento di lotta nel nostro Paese che respinga l'attacco della borghesia e riapra la strada a un'alternativa di potere dei lavoratori? Ecco il tema del nostro congresso. Un tema per noi strettamente coniugato a quello che ci poniamo come Pdac fin dal nostro congresso fondativo (nel 2006): come contribuire a risolvere la crisi di direzione del movimento operaio?
Sviluppare le lotte contro le politiche di "austerità" e smantellamento dello Stato sociale gestite dai governi borghesi per far ricadere la crisi del loro sistema sul proletariato; costruzione del partito rivoluzionario. ecco due esigenze inseparabili. Senza uno sviluppo delle lotte e una stretta connessione con esse non si potrà costruire quel partito rivoluzionario che manca; d'altra parte, senza la costruzione di un partito rivoluzionario con influenza di massa non sarà possibile sviluppare le lotte, farle vincere. Di più: già oggi, senza il rafforzamento di uno strumento organizzato è molto difficile unificare le lotte che pure -atomizzate, divise, isolate- già ci sono anche in Italia; senza quel partito è quasi impossibile infrangere le mille barriere erte dalle burocrazie sindacali e riformiste per impedire la crescita di un forte movimento di lotta unitario su scala nazionale. Il partito al contempo come presupposto e prodotto delle lotte, per dirla con Lenin: ecco di cosa ci occuperemo nel nostro III Congresso che si svilupperà con dibattiti interni e pubblici nei mesi di novembre e dicembre per concludersi con l'assise nazionale a fine gennaio.
 
Un partito di tipo bolscevico
Se l'intera storia del movimento operaio ha dimostrato che senza partito non vi è vittoria momentanea o duratura possibile, l'esperienza ha anche dimostrato che il partito necessario non è un partito qualsiasi ma deve essere un partito di tipo bolscevico, che cioè si fondi sui principi strategici del partito che condusse le masse alla vittoria nell'Ottobre 1917 e si basi sull'unico sviluppo coerente del marxismo dopo l'Ottobre, cioè il trotskismo: l'unica corrente del movimento operaio che ha retto la prova della storia ed è stata in grado di sopravvivere allo stalinismo senza trasformarsi in una setta sterile, senza confluire in una delle infinite varianti del riformismo, tutte subalterne alla borghesia e ai suoi governi anti-operai, all'imperialismo e alle sue guerre.
Non si tratta di imitare esperienze del passato ma di riprenderne l'essenziale sviluppandolo concretamente nelle lotte presenti, nella situazione in cui viviamo. I principi fondamentali di un simile partito sono così riassumibili:
- la lotta per l'indipendenza di classe del proletariato dalla borghesia e dai suoi governi, assumendo come principio politico fondante l'indisponibilità a sostenere, direttamente o indirettamente, qualsivoglia governo nel capitalismo, ivi inclusi governi delle sole forze di sinistra ma basati, inevitabilmente fino a che permane questo sistema, sugli interessi della borghesia inconciliabili con quelli del proletariato;
- l'opposizione implacabile a qualsiasi governo all'interno nel capitalismo, inclusi i governi "progressisti" o "di sinistra" ecc., che vanno smascherati di fronte alle masse, contrastando ogni illusione nella collaborazione di classe e nelle istituzioni della falsa democrazia borghese;
- la lotta costante nelle organizzazioni del movimento operaio contro il riformismo e il centrismo, che in diversi modi impediscono lo sviluppo dell'indipendenza di classe;
- la lotta quotidiana, sulla base di un programma di tipo transitorio (che combini le rivendicazioni "minime" con quelle "massime"), in ogni ambito sociale, sindacale e politico per guadagnare la maggioranza negli organismi di lotta del movimento operaio, guidare l'avanguardia proletaria (cioè coloro che sono politicamente attivi e in lotta in un momento dato) verso i suoi obiettivi storici, trascinando più vaste masse verso la rivoluzione socialista;
- la lotta per costruire il partito su scala internazionale, come internazionale è l'unica realistica possibilità di costruire il socialismo. Questa lotta coincide ai tempi nostri con quella, in cui è impegnata la Lit e la sua sezione italiana, il Pdac, per rifondare la Quarta Internazionale, cioè un partito mondiale della rivoluzione socialista basato sul programma del marxismo rivoluzionario odierno, cioè del trotskismo;
- la lotta per organizzare questo partito come partito d'avanguardia, che cioè non mira a racchiudere al suo interno l'insieme della classe (né una sua maggioranza), ma al contrario accetta come membri militanti solo coloro che decidono di fare della militanza il compito principale della loro vita, accettandone implicazioni, compiti, sacrifici e impegnandosi lealmente e disciplinatamente in questo senso.
Perché questo progetto – il progetto comunista – possa svilupparsi e realizzarsi, sarà necessario il concorso di centinaia e di migliaia di militanti rivoluzionari. Oggi noi siamo solo a un primo stadio di questo lavoro: ma i possibili sviluppi della nostra costruzione nei prossimi anni e l'intervento attivo con un programma di obiettivi transitori all'interno dello scontro di classe che sta crescendo in relazione alla crisi del capitalismo potrebbero offrirci una possibilità concreta di compiere, in poco tempo, dei passi avanti molto lunghi.
 
Una organizzazione viva immersa nelle lotte
Il tema indicato ha aspetti teorici ma anche immediati riflessi pratici: appunto perché per dei marxisti la teoria non ha mai senso se non in quanto in grado di alimentare una prassi rivoluzionaria.
E il Pdac, al di là delle interessate critiche che ci vengono avanzate dagli altri gruppi che sono nati in questi anni a sinistra del riformismo incarnato da Rifondazione e Sel, è ben lungi dall'essere una setta dogmatica. Certo difendiamo "settariamente" il programma rivoluzionario di indipendenza di classe dalla borghesia e dai suoi governi. Ma è cosa che facciamo non nel chiuso di qualche seminario (pur ritenendo fondamentale la formazione dei militanti). E' cosa che facciamo e abbiamo fatto in questi nostri primi anni di vita nel vivo delle lotte e dei dibattiti politici e sindacali.
Mentre chi ci accusa di "settarismo" si accomodava su qualche poltroncina nella Fiom, ricompensa per comprovata mansuetudine nei confronti delle burocrazie; o si accodava alle piattaforme neokeynesiane di Giorgio Cremaschi e del suo fantomatico "comitato no debito"; o taceva quando gli operai contestavano Landini (se non prendeva persino le distanze... dagli operai); o votava al secondo turno, più o meno criticamente, per il candidato dei banchieri a Milano, Pisapia; o parlava di "spingere a sinistra" De Magistris a Napoli... noi costruivamo il Pdac nel vivo delle lotte, senza cercare inesistenti scorciatoie, senza menar vanto di autosufficienza.
L'esito del recente VI seminario nazionale del Pdac (v. resoconto e foto sul nostro sito web) dimostra che un pezzo di strada in questi anni lo abbiamo fatto. L'adesione proprio in questi mesi di importanti dirigenti ed esponenti di lotte operaie, studentesche, dei lavoratori immigrati è la miglior conferma dell'assenza di settarismo da parte nostra (se per settarismo si intende chiusura e isolamento); siano piuttosto altri a preoccuparsi del loro opportunismo (dove con questo termine si intenda l'adattamento alla corrente per ricavarne piccoli vantaggi immediati, sacrificando ogni progetto complessivo).
 
I documenti congressuali
Quattro sono i documenti pubblici posti alla discussione.
Il primo è un documento di analisi della fase politica, a partire da quanto sta avvenendo in Europa: Europa dove il Pdac è impegnato, insieme alle altri sezioni nazionali della Lit-Quarta Internazionale, a costruire un dibattito e un'analisi comune e quindi un coordinamento su scala continentale che favoriscano l'intervento organizzato dei rivoluzionari (come già sta avvenendo, nel corso dell'ascesa delle lotte in quel Paese, con il ruolo di primo piano assunto da Corriente Roja, sezione spagnola della Lit). Il testo esamina il quadro politico borghese e quello della sinistra riformista e centrista; concentra l'attenzione sulle prime importanti fiammate di lotta che si sono avute pure nel nostro Paese e avanza una piattaforma per unificare le lotte e svilupparle.
Il secondo testo è un "Chi siamo cosa vogliamo", cioè un opuscolo in cui confluiranno un "Manifesto" del Pdac insieme ad altri scritti che illustrano il tipo di partito che pensiamo sia necessario (un partito "di tipo bolscevico"), basato su quale programma, parte di quale tipo di partito internazionale (la Quarta Internazionale da ricostruire: obiettivo appunto della Lit).
Due specifiche risoluzioni sono dedicate invece a due temi che riteniamo fondamentali: lo sviluppo dell'intervento dei Giovani di Alternativa Comunista, una esperienza nata da pochi mesi; e la formazione teorico-politica dei militanti: proprio perché scopo del Pdac non è quello di "fare tessere" ma piuttosto di formare quadri trotskisti in grado di intervenire nelle lotte operaie e studentesche, nella battaglia sindacale e politica. Questi i testi pubblici che saranno diffusi già dai prossimi giorni (e pubblicati sul nostro sito web). Ad essi si affiancheranno testi riservati alla discussione dei militanti sugli aspetti organizzativi e di costruzione quotidiana.
 
Un processo aperto
Il III Congresso del Pdac non sarà solo un momento di confronto interno, fondamentale in un partito in cui l'elaborazione è fatta dai militanti e non demandata a qualche luminosa guida dirigente (cosa che non accade solo in Nord Corea ma anche a latitudini più vicine...). Ai momenti interni si affiancherà una campagna pubblica: assemblee, incontri, interlocuzioni, iniziative di confronto con i compagni e le compagne con cui quotidianamente stiamo lavorando in singole lotte e mobilitazioni. A ciascuno avanzeremo la proposta di confrontarsi con noi e con le nostre tesi congressuali per verificare se quanto parzialmente già facciamo lottando ogni giorno sullo stesso fronte di classe non possa svilupparsi nella comune costruzione di quel partito rivoluzionario che non è un problema nostro ma è il problema principale da risolvere per tutti coloro che lottano per una società liberata dalla divisione in classi, ripulita dalla schiavitù salariale e dalla miseria infinita che solo sa offrire questa società.
 
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