Partito di Alternativa Comunista

Vicenza: Dal Molin LA FINE DELLA RECITA

Vicenza: Dal Molin
LA FINE DELLA RECITA
Il sindaco Pd e i suoi amici nel movimento gettano la maschera e aprono alla base militare
 

 
 
di Patrizia Cammarata (*)

 NO DAL MOLIN: “La base americana al Dal Molin si farà, la battaglia contro la sua realizzazione è finita, ora bisogna cominciare a pensare alle compensazioni”, lo ha detto Achille Variati, sindaco di Vicenza (1).
 
 
no dal molin 09
 
 Vicenza, 12 settembre 2009: il sindaco Variati durante la serata con la consigliera Cinzia Bottene
 
 E ancora: “Se ora mi appresto a sedere ad un tavolo con lo Stato per verificare e concordare le opere compensative che spettano a Vicenza alla luce della ferita subita ed a farlo non elemosinando ma pretendendo, lo devo anche al fatto di non avere alle spalle una città silenziosa: con una Vicenza rassegnata non avrei certamente avuto la forza 'contrattuale' di oggi” (2).
 
Il clamoroso annuncio del sindaco, al fianco della Bottene
Non è stato alla presenza di  Toni Negri (che nel programma era in calendario lunedì 7) ma sabato 12 settembre, all’incontro-confronto con la consigliera comunale Cinzia Bottene (portavoce del presidio permanente contro la base), che il sindaco di Vicenza Achille Variati ha comunicato ai presenti "Ho il dovere di dirvi la verità, per questo me lo sono scritto. Voi siete stati coerenti, avete tenuto accesa la speranza e la coscienza civile di questa città, per questo da sindaco e da cittadino che ha condiviso la maggior parte delle vostre battaglie, che ha marciato con voi nelle manifestazioni per la pace, che ha vissuto l'indignazione per il referendum negato e certe sentenze, non posso e non voglio mentirvi. La verità dolorosa è che quella base si farà. Con quel progetto e in quel sito che noi non abbiamo mai approvato. (...) Si chiude un capitolo e se ne apre un altro. Apriremo un tavolo di trattativa con il governo al quale porteremo le proposte che costruiremo assieme”.
In effetti, lo avevano scritto  nel sito gli stessi disobbedienti, invitando a partecipare al festival, che  “Al Presidio Permanente non ci sono soluzioni preconfezionate, ma tante domande che cercano risposte collettive”  e che “A chiudere il cerchio ci penserà il dibattito intitolato 'Vicenza 2020: domande e risposte sulla città che vogliamo". E al dibattito, sabato 12 settembre, il cerchio è stato chiuso.
 
Cosa succede quando il movimento è subordinato alla borghesia e ai suoi governi e giunte
Sono trascorsi  più di tre anni dalla nascita del movimento contrario alla costruzione di una nuova base Usa. Ne sono trascorsi poco più di  due  dal “sì" di Prodi, dalla grande manifestazione del 17 febbraio 2007  e dalla conseguente decisione  delle burocrazie,  infiltratesi nella protesta in accordo e in sintonia  con i dirigenti dei  cosiddetti centri sociali del Nord,  di ridurre la battaglia contro la base e la guerra ad una questione locale, vicentina, che non disturbasse il governo e che servisse da trampolino di lancio per un’opposizione tutta istituzionale e controllata dal Pd con, allora, l’aiuto dei “parafanghi di sinistra”, i dirigenti di Prc, Comunisti Italiani e Verdi.
Si è assistito a ripetuti tentativi di screditare e allontanare, da parte dei dirigenti del Presidio attraverso metodi di staliniana memoria, tutti coloro i quali  non accettavano di  allinearsi  a questa svolta.
Ma la grande operazione  politica è stata la consegna simbolica e reale della battaglia nelle mani di  un democristiano di vecchia data (l’attuale sindaco del Partito Democratico, Achille Variati, sostenuto e votato dalla lista elettorale  “disobbediente” “Vicenza Libera-No Dal Molin” e dalla sinistra cosiddetta radicale). Attraverso referendum farsa, pressioni istituzionali, proposte di siti alternativi (Vicenza est), il sindaco è riuscito tenacemente e coerentemente  a tenere sotto controllo  la protesta, riducendola ad una questione prettamente ambientale e svilendola del suo contenuto più importante, l’opposizione alla guerra. Ha traghettato il  movimento e la sua battaglia da una sponda (il no alla guerra) all’altra (il no alla base in quel sito) consegnandolo, a poco a poco, agli “amici americani” (i generali della Ederle con i quali partecipa alle iniziative di amicizia fra la città e l’esercito) e a quelli italiani (in primis le imprese edili delle cooperative rosse che hanno vinto l’appalto e che da mesi hanno iniziato i lavori la cui conclusione è prevista per il 2011).
Come si è già visto in ogni campo (privatizzazioni, attacco ai diritti dei lavoratori, guerre), il Pd, soprattutto quando è  sostenuto dai dirigenti della sinistra governista (Prc, Pdci, ecc.), sa ottenere per industriali e banchieri ben più di quello che può ottenere  la destra, la quale non può giovarsi dell’appoggio delle burocrazie dirigenti di sindacati e associazioni di massa: gli uni e gli altri (burocrati riformisti e sindacali) sempre pronti a legittimare, agli occhi dei lavoratori e delle masse popolari, le controriforme e i tagli sociali che servono al padronato.
Non a caso Ugo Retis, consigliere provinciale del Partito Democratico, in un’affettuosa lettera al senatore leghista Paolo Franco pubblicata nel Giornale di Vicenza del 15/09/09, parla del Pd come di “Un Partito non più e non solo dei lavoratori (secondo la vecchia concezione di sinistra) ma un Partito del Lavoro e dell’Impresa…”
L'ex sindaco di Forza Italia, Hullweck, fu al contrario un maldestro alleato degli Usa perché, pur appoggiando in tutti i modi la costruzione della base, terminò il suo mandato con una città nella quale cresceva giornalmente la protesta, dove lavoratori e lavoratrici  organizzati nei sindacati, nei partiti, comitati e associazioni avevano promesso di “resistere un minuto di più” e tale promessa era genuina e reale, perché genuino, reale e forte stava crescendo il movimento.
Il sindaco del Pd Variati, invece, è riuscito (concetto rivendicato ripetutamente) a riportare  la protesta “nei binari della legalità e della democrazia”. Un sindaco, insomma,  che, al di là degli attacchi interessati della destra, ha portato a termine in modo egregio il mandato: non quello degli  attivisti contro la base che lo hanno votato, ma di industriali, banchieri e poteri forti che sognano una città tranquilla nella quale spartirsi il bottino di guerra.
Un sindaco, comunque, buono anche per l”Altrocomune”, che in questa operazione ha guadagnato un nuovo centro sociale, pizzeria, bar, ecc...  e un riferimento istituzionale (la consigliera comunale della Lista No Dal Molin, Cinzia Bottene).
Con il sistema consolidato del gioco sui due tavoli, i dirigenti del Presidio stesso, dopo aver ospitato e offerto il  palco all’ufficializzazione della sconfitta, l’indomani accusano il sindaco di “aver alzato bandiera bianca” e dichiarano che “i vicentini non si arrendono”. La Bottene ha comunque aggiunto, in coro con Variati (v. il manifesto di domenica 13 settembre): "Resteremo guardinghi, perché la città di Vicenza possa avere quei vantaggi che le spettano: ci riferiamo alla tangenziale nord (...) e alla zona est dell'area, che deve essere concessa dal Demanio alla città per diventare un parco verde".
Da tempo questi settori hanno assunto linguaggi e simbologia  di sapore “leghista”, in quella che può sembrare una sorta di competizione con la Lega, nel tentativo di sfidarla sul suo stesso terreno. Domenica scorsa  una ventina di attivisti hanno organizzato una manifestazione a Venezia (inscenando scontri con la polizia)  durante la quale hanno aperto striscioni con le scritte “Indipendenza dalle basi di guerra” e “Lega serva di Roma”. Era il giorno nel quale la Lega celebra la “Festa dei popoli padani” ed è stata una giornata  drammaticamente segnata dal pestaggio di due camerieri albanesi al grido di “tornatevene a casa vostra” e “fateci vedere il permesso di soggiorno”.
"Chi è contrario alla costruzione della base Usa ha ricordato ai leghisti che sulla vicenda Dal Molin la Lega è stata molto romana e poco padana” ha commentato il sindaco Variati per il quale il Dal Molin è soprattutto “una ferita urbanistica – ambientale” (3).
 
Riprendere la lotta, riguadagnare l'autonomia di classe
 Il PdAC (sezione italiana della Lega Internazionale dei Lavoratori, impegnata in tutto il mondo contro l'imperialismo e le sue guerre) ha partecipato e contribuito, attraverso la presenza dei suoi militanti, alla battaglia contro la costruzione della nuova base Usa, fin dal suo inizio.
In tempi non facili a causa della grande illusione aleggiante  nei confronti di istituzioni, ministri, parlamentari del governo  Prodi, abbiamo analizzato e denunciato i giochi politici  che si stavano delineando come una nube minacciosa sulle teste del movimento. Ci siamo ripetutamente e pubblicamente espressi (insieme a pochi altri) contro il referendum ”trappola” (4).
Crediamo sia necessario, e quindi possibile, continuare tenacemente l’attività contro la guerra, le basi e a favore della diserzione. Pensiamo, però, sia necessario farlo in modo completo, legando la battaglia contro la guerra a quella per la difesa del lavoro e dei diritti sociali, contro la crisi economica provocata dai pochi ai danni di molti. Una battaglia che deve avere il coraggio di affrontare il grande responsabile dell’esistenza di basi, guerre, disoccupazione e fame. Questo responsabile ha un nome: capitalismo. L’illusione di riformarlo dandogli un “volto umano” è ripetutamente fallita. Per questo non c'è sviluppo possibile dei movimenti se non si guadagna la piena indipendenza di classe, dalla borghesia, dai suoi governi: se non si smachera il ruolo nefasto, di freno alle lotte, svolto dalla sinistra riformista. La soluzione alle tragiche catastrofi che il capitalismo genera  non può che stare in un sistema realmente e radicalmente alternativo, che per noi è rappresentato dall’affermazione del socialismo a livello internazionale.
Ogni altra scorciatoia, anche se addolcita da parole come democrazia e pace, è destinata a perpetrare la barbarie.
 
 
(*) Pdac Vicenza
 
1. Vicenza in città - 14/09/09
2. Il Gazzettino -15-09-09
3. Il Vicenza -15/09/2009
4. vedi articoli pubblicati sul nostro sito e su Progetto Comunista

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