Partito di Alternativa Comunista

Aborto nel mondo: progressi e battute d'arresto Dichiarazione della Lit-Quarta Internazionale

Aborto nel mondo: progressi e battute d'arresto

 

 

 

Dichiarazione della Lit-Quarta Internazionale

 

 

Il 28 settembre è la giornata mondiale di azione per l'aborto sicuro e legale. È stata istituita dal V Incontro femminista latinoamericano e dei Caraibi e da allora si è diffusa in tutto il mondo. L'origine di questa data risale al 28 settembre 1871, quando in Brasile fu proclamata la «libertà dell'utero», concedendo la libertà ai figli delle donne schiave. Questo precedente storico è molto forte perché rivendica l'autonomia delle donne non solo di abortire, ma anche di partorire, e commemora la lotta delle donne nere per la libertà nel mondo semi-coloniale.
Questa data, inizialmente commemorata dalle attiviste, celebrata nelle università o dai gruppi femministi, ha iniziato a conquistare le strade. Da qualche anno, il 28 settembre ha smesso di esistere solo nei forum e negli articoli e si è trasformato in una data di lotta. Sono sempre più numerosi i Paesi in cui questo giorno le donne e i loro foulard verdi scendono in piazza per rivendicare i propri diritti.

 

Situazione dell’aborto nel mondo

La vittoria più recente in questa lotta delle donne è stata ottenuta poche settimane fa in Messico, dove la Corte suprema ha depenalizzato l’aborto a livello federale (era già stato depenalizzato nel Distretto federale e nello Stato di Coahuila). In Colombia nel 2022 l'aborto è stato completamente depenalizzato fino a 24 settimane e parzialmente depenalizzato fino al termine della gravidanza. Ciò rende questi due Paesi tra i più avanzati al mondo, al pari di Regno Unito, Canada e Cuba, che hanno una legislazione liberale in materia da diversi anni.
Ma allo stesso tempo nel 2022 si è verificato forse il più grande passo indietro in termini di aborto dalla perdita di questo diritto nell'ex Urss a causa della controrivoluzione staliniana, dopo che era stato concesso dal governo bolscevico nel 1920, uno dei primi Paesi al mondo a compiere questo passo. Questa grande battuta d'arresto storica è il venir meno della Roe vs Wade negli Stati Uniti, nel cuore dell'imperialismo e della democrazia borghese. La Corte Suprema ha ribaltato una sentenza in vigore da oltre 50 anni, dimostrando con un esempio lampante che sotto il capitalismo tutti i diritti sono parziali e minacciati, per quanto saldi possano sembrare, soprattutto quelli delle donne. Questa sentenza ha cambiato il panorama dei diritti riproduttivi a livello continentale, colpendo duramente migliaia di donne, soprattutto ragazze, donne nere e migranti.
In altri Paesi, il risultato di enormi mobilitazioni è stata una legalizzazione parziale nel primo trimestre, come nel caso dell'Argentina e dell'Uruguay. Una situazione grave persiste in Paesi come la Repubblica Dominicana, El Salvador e in generale nel Centro America, così come nella maggior parte dei Paesi africani, dove la legislazione proibisce completamente l'aborto o lo consente solo in caso di rischio imminente per la vita della donna.
Questo nonostante sia scientificamente provato che vietare l'aborto non ne riduce la pratica, ma condanna le donne più povere ad aborti clandestini e non sicuri, con gravi conseguenze per la salute, in alcuni casi fino alla morte.
L'aborto non sicuro è stato una delle principali cause di morte materna in tutto il mondo durante la pandemia. Le conseguenze fisiche, emotive e legali dell'aborto clandestino e non sicuro dimostrano che si tratta fondamentalmente di un problema di genere e di classe, ma anche di discriminazione razziale. Le donne che possono permetterselo viaggiano per abortire legalmente in un altro Paese o in un'altra regione, oppure pagano per un aborto clandestino ma sicuro. Queste leggi restrittive, quindi, colpiscono soprattutto le ragazze, le donne nere, indigene, contadine, rifugiate e migranti, nonché le persone trans e le persone non binarie in grado di avere figli; che non solo rappresentano la maggior parte dei decessi, ma sono anche criminalizzati in misura maggiore nei Paesi in cui vi è una persecuzione attiva per questo crimine.

 

Un diritto continuamente minacciato

C'è una pressione costante da parte delle organizzazioni antiabortiste, che agiscono come una rete organizzata in tutto il mondo, associata e articolata alla pressione del programma dei gruppi di estrema destra nel mondo; agiscono non solo attraverso partiti come Vox nello Stato spagnolo, ma anche attraverso organizzazioni che si presentano come benefattrici, nonché attraverso Chiese, specialmente le chiese evangeliche pentecostali e cattoliche. Nei Paesi semi-coloniali questi gruppi ricevono sovvenzioni dalle loro controparti nei Paesi imperialisti.
È il caso della campagna «40 giorni per la vita», presente in più di 65 Paesi e con un milione di volontari, in genere persone reclutate nei loro luoghi di preghiera; sono facilmente indottrinabili e svolgono azioni non solo di influenza, ma anche di molestie dirette contro le donne che abortiscono e il personale sanitario. Lo fanno con argomenti falsi, come il presunto dolore fetale in momenti della gestazione in cui questo è impossibile, o la presunta sindrome post-aborto che è stata respinta dalla psicologia e dalla psichiatria. Ma non tutti i gruppi agiscono attraverso la preghiera e le molestie; tali organizzazioni hanno persino commesso atti terroristici nei centri sanitari che praticano l’aborto, soprattutto negli Stati Uniti.
La realtà che osserviamo nella maggior parte dei Paesi in cui esiste il diritto all’aborto totale o parziale è che, come per altri diritti sessuali e riproduttivi, le donne devono affrontare innumerevoli barriere di accesso e il diritto all'aborto è suscettibile di regressione. Questo perché nel capitalismo tutti i nostri diritti sono parziali e costantemente minacciati, finché non sarà la classe operaia a detenere il potere.
Non è raro che il diritto all’aborto venga utilizzato come merce di scambio elettorale, promesso nelle campagne dei più liberali, stigmatizzato e con la promessa di ritirarlo nelle campagne della destra. Quando i governi «progressisti» salgono al potere, la prima cosa su cui mercanteggiano per garantire la governabilità è il diritto all'aborto; quando la destra sale al potere, la prima cosa che fa è eliminare il diritto o almeno cercare di impedirne l'accesso o limitarlo.
Ma il diritto all'aborto è anche quotidianamente compromesso da un problema che minaccia tutta la classe lavoratrice e i poveri, e che colpisce più intensamente le donne: il taglio delle risorse e la privatizzazione dei sistemi sanitari. Durante la pandemia, i limiti dei sistemi sanitari di tutto il mondo sono stati messi in evidenza con assoluta chiarezza, così come le differenze tra i sistemi privatizzati e quelli che ancora mantengono livelli di assistenza pubblica.
Un esempio è lo Stato spagnolo, dove nonostante la riforma della legge sull'aborto in vigore da marzo, non c'è alcuna garanzia di esercitare questo diritto nel sistema sanitario pubblico, come dichiarato nella riforma. Secondo i dati ufficiali, nel 2021 l'84,3% degli aborti è stato effettuato nella rete privata. Attualmente, in ben cinque comunità autonome, tutte le interruzioni di gravidanza vengono ancora effettuate in cliniche e ospedali privati e migliaia di donne sono costrette a lasciare la propria provincia per abortire.
I servizi di maternità, contraccezione e aborto sono stati tagliati nella maggior parte dei Paesi del mondo per deviare le risorse verso le cure del Covid. Ecco perché la lotta per un aborto sicuro e legale si intreccia con la lotta per il diritto all'assistenza sanitaria per tutta la classe lavoratrice.
Nemmeno nei Paesi con le legislazioni più «progressiste» si mette in discussione la cosiddetta obiezione di coscienza, che è un ostacolo per impedire alle donne di esercitare il diritto di abortire. L'obiezione di coscienza non dovrebbe ostacolare l'erogazione del servizio da parte di un altro professionista e non dovrebbe mai tradursi in un ostacolo alla stessa. Invece accade il contrario: l'obiezione di coscienza viene usata in diversi Paesi del mondo come una vera e propria barriera e come una scusa per impedire l'aborto, anche nei casi in cui la ragazza o la donna siano state rapite dall'ospedale per costringerle a continuare la gravidanza. Ci sono persino Paesi in cui è consentita l'obiezione di coscienza istituzionale o collettiva, il che è totalmente contrario ai principi che regolano questo diritto.
Naturalmente e anche se alcune leggi lo prevedono sulla carta, nel sistema sanitario pubblico non sono universalmente garantiti contraccettivi affidabili e gratuiti per evitare gli aborti, e ancora meno esiste un’educazione affettivo-sessuale in tutte le fasi educative per prevenire gravidanze indesiderate. Ciò è dovuto al peso sociale della chiesa in tutto il mondo, alla mancanza di volontà politica e ai tagli all'istruzione.

 

La lotta deve essere di classe, unificata e internazionalista

Da tutto quanto detto possiamo concludere che la lotta per il diritto all'aborto è legata alla lotta generale contro l'oppressione maschilista, contro il razzismo, per i diritti della classe lavoratrice a un'assistenza sanitaria dignitosa, per i diritti degli operatori sanitari, contro le privatizzazioni e i piani di austerità, e alla lotta stessa per il socialismo.
Negare l'accesso all'aborto libero, sicuro e gratuito, così come a un'assistenza sanitaria materna decente, rafforza gli aspetti più reazionari della vita familiare sotto il capitalismo. Questo sistema capitalista in crisi ha bisogno di regolare e controllare i nostri diritti riproduttivi per garantire la riproduzione della forza lavoro. Ma, allo stesso tempo, cerca di farlo al minor costo possibile per la borghesia e i governi al suo servizio.

Per questo noi della Lit-Quarta Internazionale non riteniamo che la lotta per un aborto libero, sicuro e gratuito appartenga solo alle donne, bensì a tutta la classe lavoratrice. È un'espressione della lotta di classe in relazione alla riproduzione della forza lavoro, e più precisamente in relazione a chi controlla e con quali criteri il potere riproduttivo della classe lavoratrice: la classe dominante e lo Stato, o le donne della classe lavoratrice, le comunità lgbt+ e le loro famiglie, cioè la nostra classe. Per questo chiediamo a tutte le organizzazioni operaie e giovanili di lottare per il pieno accesso delle donne all'aborto e per i pieni diritti riproduttivi, tra cui il pieno congedo di maternità e paternità, l'asilo nido pubblico, l'accesso universale alla contraccezione e all'educazione sessuale.
Questa rivendicazione deve essere messa in relazione con le altre lotte della nostra classe e non può avvenire solo nell'ambito dei confini nazionali, ma deve essere articolata a livello internazionale. La data del 28 settembre è molto importante, perché ci dà l'opportunità di dimostrare questa unità e di realizzare azioni a livello globale. Seguiamo e interveniamo nella lotta in Brasile, dove la depenalizzazione viene discussa proprio in questi giorni. Ci uniamo a queste azioni e invitiamo tutta la nostra classe a partecipare alle mobilitazioni, agli eventi e alle altre attività organizzate per questo giorno in tutto il mondo.

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