Partito di Alternativa Comunista

Cuba: rivoluzione politica o rivoluzione sociale?

Cuba: rivoluzione politica

o rivoluzione sociale?

 

 

L’articolo che segue fu pubblicato dopo che, nella seconda metà del 2010, dal governo cubano venne l’annuncio del prossimo licenziamento di 500.000 dipendenti pubblici. Il tempo trascorso, tuttavia, non ha minato le argomentazioni teoriche qui sviluppate (che, semmai, sono state confermate dalla realtà dei giorni nostri a Cuba). Ed è esattamente per questa ragione che lo riproponiamo, nel quadro della polemica teorica internazionale che la Lit‑Quarta Internazionale sta conducendo verso i difensori del “castrochavismo”.

 

 

di Alicia Sagra

Il recente annuncio secondo cui il governo cubano licenzierà 500.000 lavoratori è un importante tema di discussione tra le organizzazioni di sinistra. Una di loro, il Pts d’Argentina, sta pubblicando una serie di materiali in cui mette in discussione le definizioni, il programma e la politica della Lit-Ci riguardo a Cuba.
Le differenze con il Pts (Partito dei Lavoratori per il Socialismo) non sono a tutti i livelli. La sua interpretazione della rivoluzione cubana non sembrerebbe differire molto da quella del defunto fondatore della Lit-Quarta Internazionale, Nahuel Moreno, che sosteneva che la combinazione dell’ascesa delle masse e la pressione dell’imperialismo, nel quadro di un’acuta crisi del Paese, avesse obbligato un movimento piccolo-borghese (il “Movimento 26 Luglio” diretto da Fidel Castro) a spingersi oltre il proprio programma e ad espropriare la borghesia dando luogo ad uno Stato operaio deformato, confermando la possibilità teorica prospettata da Trotsky nel Programma di Transizione del 1938 (1). Il Pts è d’accordo con noi anche nella critica delle definizioni non marxiste del Nuovo Mas argentino, che si riferisce a Cuba come “Stato burocratico, né operaio né borghese” e al “Movimento 26 Luglio” come “aclassista” (2)
A dispetto di queste convergenze, che sono importanti per consentirci di partire da criteri comuni, la differenza che abbiamo con il Pts è centrale: la discussione verte sull’attuale carattere di classe dello Stato cubano. È una discussione teorica di prim’ordine, con importanti conseguenze politiche, giacché dalle differenti risposte a questa domanda, sorgono proposte opposte in relazione al programma e alla politica per Cuba.

 

Come si definisce il carattere di classe di uno Stato?

Alla fine degli anni ’30, dopo che la controrivoluzione stalinista aveva strappato ai lavoratori il potere politico, si sviluppò un appassionato dibattito in relazione al carattere di classe dello Stato sovietico. Come definire uno Stato in cui né la borghesia né il proletariato aveva il dominio politico? La posizione di Trotsky era che il carattere di classe dello Stato, in ultima istanza, “si definisce attraverso le forme di proprietà e le relazioni produttive, che questo Stato protegge e difende” (3).
E affermava che l’Urss continuava ad essere uno “Stato operaio degenerato”: “la nazionalizzazione della terra, dei mezzi di produzione, dei trasporti e del commercio, così come il monopolio del commercio con l’estero, formano le basi della società sovietica. Per noi, questa conquista della rivoluzione proletaria definisce l’Urss come uno Stato proletario” (4)
Così come oggi, da posizioni politiche contrastanti nascevano politiche contrapposte. Quelli che sostenevano che l’Urss non fosse più uno Stato operaio si rifiutavano di difenderla dall’imperialismo. Invece, Trotsky proponeva la difesa dell’Urss perché “il sistema dell’economia, sulla base della proprietà statale dei mezzi di produzione, si è conservato e continua ad essere un’enorme conquista dell’umanità. La sconfitta dell’Urss in una guerra contro l’imperialismo significherebbe non solo la liquidazione della dittatura burocratica, ma anche dell’economia statale pianificata (…) ” (5).

 

Come si applicano questi criteri di Trotsky allo Stato cubano?

A partire dalla realizzazione di uno studio oggettivo della realtà, la Lit-Ci è giunta alla conclusione che, com’era prevedibile, la restaurazione capitalista e la successiva dissoluzione dell’ex Urss hanno avuto conseguenze dirette sui destini di Cuba. Nel 1992 fu sciolta la Giunta Centrale di Pianificazione e si autorizzarono le imprese a commerciare liberamente con l’estero; nel 1995 fu approvata la Legge sugli Investimenti Stranieri con la quale era permesso alle imprese straniere di rimpatriare fino al 100% dei loro profitti.
In tutta evidenza, già non esisteva più la pianificazione dell’economia, né il monopolio del commercio estero, e s’incoraggiava l’investimento privato straniero con una legislazione sugli investimenti e sulle imposte più permissiva di quella di molti Paesi latinoamericani. Lo Stato cubano aveva abbandonato la difesa dell’economia pianificata, passando a difendere l’economia di mercato e il profitto privato. Pertanto, secondo i criteri di Trotsky, aveva smesso di essere uno Stato operaio degenerato per diventare uno Stato capitalista, in via di semicolonizzazione, specialmente da parte degli imperialismi europei e canadese.

 

Che dice il Pts?

Secondo l’articolo “Cuba: Rivoluzione politica o ‘rivoluzione democratica’?” di Diego Dalai (16/9/2010), gli argomenti della Lit-Ci sono “ridicoli” perché la borghesia “gusana” di Miami non ha recuperato le sue proprietà, non ci sono investimenti nordamericani, si mantengono importanti conquiste sociali, né esistono le terribili conseguenze sociali che la restaurazione provocò nell’ex Urss.
Per tutto questo, secondo il Pts, Cuba continua ad essere uno Stato operaio, e in questo non si differenzia dalla maggioranza delle organizzazioni di sinistra. Ciò non ha nulla a che vedere con i criteri utilizzati da Trotsky per definire il carattere di classe dello Stato. Ma ad ogni buon conto, vediamo ciascuna di queste obiezioni.

     La borghesia gusana di Miami non ha recuperato le sue proprietà. Quest’argo-mento ignora due aspetti. Il primo è che il capitalismo imperialista è internazionale e le borghesie europee, canadese, israeliana e messicana sono oggi proprietarie di gran parte dei mezzi di produzione cubani. Secondo, nell’ex Urss, l’attuale borghesia proprietaria non proviene dai discendenti dei cosiddetti “russi bianchi” ma dalla vecchia burocrazia del Partito Comunista e dell’ex Stato sovietico. Allo stesso modo, a Cuba vecchi amministratori si stanno convertendo in nuovi proprietari, soci di minoranza o gestori dei capitali internazionali. Questa è la ragione fondamentale del fatto che la direzione castrista si rifiuta di consegnare le proprietà alla borghesia gusana di Miami.

     La borghesia nordamericana non investe a Cuba. Questo è falso. L’imperialismo statunitense, per la pressione della potente borghesia cubana di Miami che vuole recuperare le sue vecchie proprietà, mantiene un embargo commerciale. Ciò provoca grande scontento in importanti settori della stessa borghesia nordamericana, che vede i suoi concorrenti accaparrarsi la maggior parte dei grandi affari. Ma, nonostante questo impedimento, negli Usa cresce il commercio con Cuba a partire dalle modifiche legislative realizzate per permettere qualche aspetto dell’attività economica (6). D’altra parte ci sono investitori nordamericani dentro le imprese europee, canadesi, israeliane e messicane.

Il Pts fa riferimento a questi investimenti europei ma evidentemente non li considera come “prova sufficiente” della restaurazione capitalista o di un processo di semicolonizzazione in corso. Quindi, ci sorge una dubbio. Una parte della sinistra europea, specialmente le organizzazioni provenienti dal cosiddetto Segretariato Unificato (SU), denunciano permanentemente l’imperialismo statunitense, ma in nessuna occasione si riferiscono né denunciano i loro propri Paesi e borghesie come imperialisti. Il Pts sta cadendo in una posizione simile?

     Si mantengono importanti conquiste sociali. È certo che ancora si mantengono conquiste e questo ha a che vedere con la profondità della rivoluzione. Lo stesso accadde in Russia. Però gran parte di quelle conquiste si sono perse, a partire dalla più importante, l’economia pianificata.

     Non esistono a Cuba le terribili conseguenze sociali provocate dalla restaurazione nell’ex Urss. Vediamo se quest’affermazione ha qualcosa a che vedere con la realtà. Espropriando la borghesia e rompendo con l’imperialismo, la rivoluzione cubana pose fine alla disoccupazione, conquistò l’assistenza medica gratuita e di qualità per tutta la popolazione, permise grandi progressi a livello della medicina e della farmacopea, pose fine all’analfabetismo e alla prostituzione.

Che succede oggi? È tornata la prostituzione, le “jineteras” [prostitute] rappresentano una delle attrattive turistiche che fanno proliferare i voli charter europei d’uomini soli. Non si tratta di “propaganda anticubana” dell’imperialismo, come ha dovuto riconoscere lo stesso Fidel Castro: “Questo fenomeno delinquenziale (la prostituzione), che colpisce fondamentalmente i poli turistici del Paese, mantiene una tendenza crescente. Si notano alcuni livelli d’organizzazione e di vincoli con altre tipologie criminali gravi, come la droga, il contrabbando, la corruzione di minori e i delitti contro gli stranieri” (7).

Secondo economisti governativi il salario ha perso, negli ultimi vent’anni, più del 75% del potere d’acquisto (8). È finita la piena occupazione, secondo informazioni governative già esistono circa 400.000 disoccupati o sottoccupati e per di più si annuncia il licenziamento di mezzo milione di lavoratori (il 10% della forza lavoro). E ciò costituisce parte di un piano che contempla che la sanità e l’istruzione smetteranno di essere universalmente gratuite e che si passerà a pagare parte di questi servizi. Come hanno potuto verificare quelli che hanno viaggiato negli ultimi anni verso l’isola, per la salvaguardia dei profitti dell’industria del turismo le masse popolari cubane non solo vedono limitato il loro accesso agli hotel, ma anche alle migliori spiagge del Paese. Quindi, siamo o no di fronte a terribili conseguenze sociali, simili a quelle che produsse la restaurazione nell’ex Urss?

Per noi non ci sono dubbi, tutto ciò si deve al fatto che è sparita l’economia statale pianificata, cioè al cambiamento del carattere di classe dello Stato. E questo non è stato causato da un’invasione imperialista bensì da una politica cosciente della burocrazia diretta da Fidel Castro.

 

La burocrazia castrista ha lavorato per la restaurazione del capitalismo … e si è pentita?

Il Pts riconosce che l’esistenza del monopolio del commercio estero e dell’economia pianificata sono aspetti centrali per definire la trasformazione di uno Stato da capitalista ad operaio (vedi nota 1). Tuttavia non ne tiene conto per determinare se si sia avuto il processo opposto, il passaggio da Stato operaio a Stato borghese.
Nondimeno, dato che questi cambiamenti strutturali sono tanto evidenti, non li può ignorare. Ma ha trovato un modo per poter continuare a sostenere l’esistenza dello “Stato operaio” cubano. Quello che sarebbe accaduto è che “queste riforme filocapitaliste hanno quasi eliminato il monopolio statale del commercio estero, praticamente libero per le imprese miste (per il 51% statale e il 49% a capitale straniero) e la pianificazione economica sciogliendo la Giunta di pianificazione e liberando l’economia in importanti settori come il turismo e l’estrazione mineraria”. Ma ciò che la Lit-Ci non capirebbe è che “a partire dal 2003 sono state prese varie misure che hanno cancellato in parte le riforme del periodo speciale”, benché “ne sia stato mantenuto l’essenziale (…)” (9). E il Pts aggiunge: “In quanto alla pianificazione, c’è stato un certo ripristino di un piano economico per le imprese totalmente cubane, in cui intervengono il Ministero dell’economia e Pianificazione e la Banca centrale […]” (10)
Non sappiamo su quali criteri teorici o precedenti storici si basi il Pts per spiegare – dopo averci descritto una burocrazia in cosciente avanzamento verso la restaurazione del capitalismo dopo aver fatto passi decisivi in questo senso – come sia possibile che, quella stessa burocrazia, faccia marcia indietro nel suo progetto senza l’intervento rivoluzionario delle masse.
D’altro canto, i dati che fornisce non hanno alcuna consistenza. Il Pts dice che a partire dal 2003 ci sono stati “cambiamenti” ma che si è mantenuto “l’essenziale”. E aggiunge che, in relazione alla pianificazione economica, c’è stato un “certo ripristino della pianificazione” che si applica solo per le imprese totalmente cubane.

Questo equivale a dire che una donna è “incinta a metà”. Così come non c’è “economia mista”, ma economie operaie o borghesi, non esiste “un po’” di pianificazione. La pianificazione statale di un’economia di transizione al socialismo può essere operaia rivoluzionaria o burocratica, però c’è o non c’è. Se c’è, siamo in presenza di uno Stato operaio (degenerato o deformato, se la pianificazione è burocratica). Se non c’è, siamo in presenza di uno Stato capitalista. Quindi, ciò a cui deve rispondere il Pts è: la pianificazione statale dell’economia e il monopolio del commercio estero esistono o no a Cuba? Fino ad ora non conosciamo una risposta categorica a questa domanda.

 

Un imbellettamento del ruolo di Fidel

A tutti noi è costato riconoscere il processo di restaurazione del capitalismo. Esistono ancora differenti interpretazioni di come ci si è arrivati e sulle conseguenze che ha avuto. Ma, in generale, si concorda che questo processo è già avvenuto in Urss e nei Paesi dell’Est europeo.
È stato più difficile riconoscere il processo nei Paesi che continuavano a essere diretti dai Partiti comunisti, come Cina e Cuba. Oggi è divenuto tanto evidente il ruolo della Cina come “fabbrica del mondo” capitalista che nessuno si azzarda a definirla uno Stato operaio. Però si continua a farlo con Cuba; e la figura carismatica di Fidel ha molto a che vedere con questo.

Tuttavia, ci sono fatti reali che non si possono nascondere, come nel caso del piano di adeguamento strutturale, col suo mezzo milione di licenziamenti. Per questo, anche gli ammiratori più fedeli del castrismo cominciano a parlare del “pericolo di restaurazione capitalista”. Ma che, secondo costoro, proverrebbe da Raúl Castro, un ammiratore del “modello cinese”, a differenza di Fidel che continua a “difendere il socialismo”.

Lo stesso meccanismo viene utilizzato dal Pts: “Da che Raúl ha sostituito suo fratello Fidel, ha riaffermato il percorso del regime cubano di avanzare in modo graduale nell’introduzione di misure capitaliste (…) una combinazione di diversi fattori (…) può accelerare questo processo. Tra questi possono annoverarsi: la scomparsa dalla scena di Fidel Castro; l’emergere di una politica più dialogante da parte dell’imperialismo nordamericano e i gusanos di Miami (…); un ruolo più chiaro dell’Unione europea, in particolare dello Stato spagnolo, per facilitare questa politica negoziale; e, da ultimo, ma non meno importante, un maggiore impatto della crisi economica internazionale che porti ad una situazione di caos economico” (11).

Come possiamo vedere, nonostante il fatto che lo stesso Fidel si incarichi di apparire pubblicamente per supportare suo fratello, il Pts pone il suo allontanamento come uno dei fattori centrali dell’ “avanzamento verso il capitalismo”.

Niente di più lontano dalla verità: Fidel è stato il capo indiscusso della burocrazia cubana. E, come affermò Trotsky, la burocrazia dirigente dello Stato operaio va distruggendo poco a poco le proprie basi sociali e, se non è cacciata dalla rivoluzione politica dalla classe operaia, finisce col restaurare il capitalismo. Questa rivoluzione non c’è stata a Cuba. Nel quadro della restaurazione del capitalismo in Urss e nei Paesi dell’Est, Fidel ha seguito il cammino tracciato dalla burocrazia stalinista. Come questa, sostenendo di difendere il socialismo, ha preso le misure necessarie per cambiare il carattere di classe dello Stato cubano. Quando questo compito è stato portato a termine, quando lo Stato cubano ha smesso di sostenere l’economia pianificata e ha iniziato a difendere l’economia di mercato, solo allora Fidel ha lasciato l’esercizio del potere ed è andato a curare la sua salute. Il Pts “imbelletta” il ruolo di Fidel in tutto questo processo e, di fatto, gli capitola politicamente.

 

Non bisogna espropriare i capitalisti dell’industria alberghiera, dello zucchero, del petrolio …?

Il Pts ci domanda se per Cuba si pone la necessità della “rivoluzione politica” (com’esso sostiene) o della “rivoluzione democratica” (come sosterremmo noi) (12). Occorre evidenziare che il Pts travisa le posizioni della Lit‑Ci: il nostro programma per Cuba non è quello della rivoluzione democratica ma quello della rivoluzione permanente, che dovrà combinare i compiti democratici (molto importanti a Cuba dove esiste una dittatura) con quelli socialisti. Vale a dire che il compito che si pone a Cuba non si limita, come sostiene il Pts, al cambio di regime, al rovesciamento della dittatura della burocrazia. La nuova rivoluzione cubana dovrà anche espropriare i nuovi proprietari dei mezzi di produzione – in gran parte imperialisti – così da poter imporre l’economia pianificata. E speriamo che questa volta potremo contare su una direzione rivoluzionaria che faccia sì che siano gli organismi democratici della classe operaia a farsi carico del potere.
Ma non si potrà costruire questa direzione rivoluzionaria se non si risponderà ai problemi reali posti alla classe operaia e alle masse popolari cubane: la necessità di scontrarsi con il piano d’adeguamento strutturale della dittatura castrista e la lotta per le più ampie libertà democratiche per l’insieme della popolazione
Ma la domanda che ci pone il Pts non è casuale. Ha a che vedere con il fatto che da anni i suoi militanti sono formati all’insegna dell’ “antimorenismo”, travisando il pensiero di Nahuel Moreno, accusato di tappismo per via della sua difesa della “rivoluzione democratica”.
Moreno non abbracciò mai la politica della “rivoluzione democratica”, ma la utilizzò come categoria d’analisi. Sosteneva che il capitalismo, instaurando dittature e regimi bonapartisti reazionari, ha dato origine ad un nuovo tipo di rivoluzione politica o democratica anticapitalista, non più, come in passato, contro il feudalesimo. Questa rivoluzione democratica anticapitalista si combina con quella socialista nella rivoluzione permanente. E, come parte di quest’analisi della realtà, aggiungeva che, a causa della crisi di direzione rivoluzionaria, processi rivoluzionari si congelano in questa fase democratica (13).

Non vi è alcun “tappismo” in Moreno né nella Lit‑Ci. Lo troviamo invece nel programma del Pts per Cuba. Difendere la “rivoluzione politica” in uno Stato capitalista (e il Pts non è riuscito a dimostrare scientificamente che Cuba sia altra cosa) significa difendere una rivoluzione che cambi soltanto il regime, cioè la rivoluzione a tappe.

Questi compagni, non applicando un metodo scientifico e marxista nella definizione del carattere di classe dello Stato cubano, finiscono con l’imbellettare la figura di Fidel, portando avanti una politica che capitola doppiamente all’imperialismo: lasciando nelle sue mani le bandiere democratiche e non rivendicando il programma della rivoluzione socialista per Cuba.
Si conferma la tesi di Lenin: senza teoria rivoluzionaria non vi può essere politica rivoluzionaria.

 

Note

(1) “In effetti, il programma piccolo-borghese nazionalista radicale del Movimento 26 luglio si dimostrò completamente utopico e nel giro di poco tempo, a causa della pressione imperialista e di un movimento di massa animato dal trionfo ottenuto, si vide obbligato ad espropriare il capitale statunitense, i proprietari terrieri e la borghesia locale, stabilendo il monopolio del commercio estero, ossia un’economia di transizione anche se burocraticamente pianificata” (“Il collettivismo burocratico, il capitalismo di Stato e la teoria dello Stato ‘né operaio né borghese’”. Supplemento su Cuba del Pts).

(2) Vedere la polemica di Martín Hernández con Roberto Ramírez, Marxismo Vivo 22, pag. 103.

(3) Lev Trotsky, In difesa del marxismo.

(4) Lev Trotsky, La rivoluzione tradita.

(5) Lev Trotsky, “Da un graffio al pericolo di cancrena”.

(6) Riportiamo la seguente notizia: “L’Ufficio di Controllo dei Beni Stranieri (Office of Foreign Assets Control, OFAC) del Dipartimento del Tesoro ha pubblicato oggi (13/4/2009) la norma finale che modifica il Regolamento di Controllo dei Beni Cubani (Cacr). Le modifiche al Cacr modificano il regolamento rispetto a tre aspetti principali: 1) visite dei familiari; 2) consegne dei familiari; 3) telecomunicazioni. Nuova licenza generale per le transazioni: questa nuova licenza generale autorizza, in certe condizioni, le transazioni relative a viaggi che derivino direttamente dalla commercializzazione, trattative di vendite, consegne incluse o servizi a Cuba di prodotti agricoli, farmaci e dispositivi medici (…) (estratto da CubanosUSA.com).

(7) Fidel Castro Ruz, Discorso nella manifestazione per il 40° anniversario della Polizia Nazionale Rivoluzionaria, 5 gennaio 1999.

(8) Studi dell’economista cubano Omar Everleny Pérez Villanueva.

(9) Polemica con il PSTU‑Lit: “Cuba: Rivoluzione politica o ‘rivoluzione democratica’?”

(10) Fin dove è avanzata la burocrazia col suo programma di restaurazione graduale? (Supplemento del Pts del 2/10/2010).

(11) Idem.

(12) Polemica con il PSTU: “Cuba: Rivoluzione politica o ‘rivoluzione democratica’?”

(13) Ne fu un esempio la rivoluzione sandinista del 1979. Per Moreno si trattò del trionfo di una rivoluzione democratica o politica, parte della rivoluzione permanente, che si congelò nella fase democratica e che, non progredendo verso il trionfo della rivoluzione operaia, sarebbe inevitabilmente retrocessa. Per il Pts non fu un trionfo rivoluzionario, ma una sconfitta della rivoluzione operaia.

 

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