Partito di Alternativa Comunista

Egitto: le mobilitazioni non si fermano!

Egitto: le mobilitazioni

non si fermano!

 

di Claudio Mastrogiulio

Nelle ultime settimane le mobilitazioni delle masse egiziane hanno scosso nuovamente la parte settentrionale dell'Africa. Il governo presieduto da Morsi, come ampiamente pronosticabile, ha scardinato Mubarak dai vertici del potere statale ma non ha determinato il crollo del sistema.
Anzi, come gli avvenimenti ultimi di piazza Tahrir dimostrano, le masse popolari stanno rivoltandosi contro il governo utilizzando le medesime parole d'ordine che esprimevano la radicalità delle rivoluzioni anti-Mubarak.

 

Le manifestazioni davanti al palazzo presidenziale

Il 2 febbraio centinaia di manifestanti hanno riempito la piazza antistante al palazzo presidenziale, protestando contro le politiche repressive e reazionarie messe in campo dal governo. Come già ampiamente analizzato in altri nostri articoli sul tema, il nuovo regime egiziano si innesta su un accordo stretto tra i Fratelli Musulmani e la Giunta militare. La ragione fondamentale che ha determinato l'esplosione di queste nuove mobilitazioni è rappresentata dalla volontà di Morsi di attuare un'imponente trasformazione dell'architettura costituzionale. Accentrare ulteriormente il potere nelle mani del presidente, precisando come nessuna decisione governativa potesse essere impugnata in ogni altra istanza giurisdizionale.
Questo progetto di controriforma è inoltre connotato da evidenti venature anti-operaie, se si pensa alle normative che attentano al diritto di sciopero. Elemento, quest'ultimo, di particolare interesse per le gerarchie militari che hanno l'obiettivo di evitare il diffondersi di nuovi focolai di lotta e l'esplosione di un'ulteriore ondata rivoluzionaria. Sanno bene, i Fratelli Musulmani e la Giunta militare, che dopo gli insegnamenti della rivoluzione del 2011, i proletari egiziani saranno in grado di neutralizzare ogni tipo di condizionamento di queste forze reazionarie o riformiste.

La presenza di migliaia di persone, durante le mobilitazioni dei giorni scorsi, ha avuto la conseguenza di mettere in discussione la tenuta del governo sostenuto dai Fratelli Musulmani e dalla Giunta militare; migliaia di giovani si sono riappropriati delle maggiori piazze del Paese, riaffermando il loro diritto ad un futuro migliore, liberi da un regime, quello attuale, che non si discosta dal precedente del “faraone Mubarak”.

Successivamente la tensione è ulteriormente salita con i disordini scoppiati nella città di Port Said, vicino al canale di Suez, e provocati da giovani furiosi per la sentenza di morte decretata da un tribunale contro degli ultras locali accusati di esser stati responsabili dei sanguinosi scontri da stadio dell'anno scorso. Morsi ha cercato di ristabilire il controllo, invocando lo stato d'emergenza nelle tre province dell'area del canale di Suez.

La piazza va al di là di chi la convoca, ponendo in risalto la questione fondamentale della direzione.

Di fronte a tutto questo processo, l'opposizione borghese ai Fratelli musulmani si è raggruppata in quello che ha preso il nome di Fronte di Salvezza Nazionale. Si tratta di un fronte ampio che comprende una serie di partiti che si autodefiniscono “laici e liberali”, e perfino esponenti del precedente governo di Mubarak. È guidato da Mohamed El Baradei e dall'ex cancelliere di Mubarak ed ex segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa. Ma ci sono anche altri personaggi, come Hamdin Sabahi, un nazionalista borghese che si presenta come nasserista e ha un peso importante nel mondo sindacale e in alcuni raggruppamenti giovanili. In questo ampio fronte d'opposizione sono entrate anche molte organizzazioni di giovani che sono state nelle piazze fin dall'inizio della rivoluzione, come il Movimento 6 Aprile.

 

La questione delle questioni: la direzione delle masse

Come accennato in precedenza, finché le mobilitazioni saranno guidate da queste organizzazioni riformiste ed in alcuni casi reazionarie, come ad esempio i Fratelli Musulmani, si andrà necessariamente incontro ad una sconfitta. Questo principio pare sia stato già immagazzinato dalla gran parte delle masse popolari politicamente attive, considerato come la radicalità delle piazze abbia spostato in avanti le rivendicazioni.
Distruggere il regime bonapartista egiziano – che ora governa con un volto islamico – e conquistare ampie libertà democratiche è un compito fondamentale perché la rivoluzione possa avanzare verso un governo operaio, contadino e popolare che cominci la costruzione del socialismo in Egitto e nella regione. Solo un governo operaio e degli sfruttati potrà punire tutti i crimini di Mubarak, dei militari e dei Fratelli Musulmani ora al potere, oltre a confiscare tutte le loro proprietà e le enormi fortune per metterle al servizio delle masse popolari.

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