LA RIVOLUZIONE
SOLCA IL
MEDITERRANEO E L’EUROPA
Dopo Ben Ali, Mubarak e Gheddafi,
cacciamo Berlusconi con lo sciopero
generale prolungato e l’assedio dei palazzi!
Dopo Tunisia, Egitto, l’ondata
rivoluzionaria sta colpendo gran parte dei Paesi dell’area mediterranea e
mediorientale. Yemen, Algeria, Bahrein (domani l’Arabia Saudita?) sono in questi
giorni scossi da imponenti manifestazioni popolari che assumono sempre di più un
carattere rivoluzionario. Le cronache ci informano che carri armati e pallottole
non fermano le rivolte né ad Algeri né a Manama (capitale dello Stato fantoccio
del Bahrein). Ma è la Libia che in queste ore rappresenta la punta più avanzata
dell’insurrezione che sta sconvolgendo tutto il mondo arabo. Come quello di Ben
Ali e Mubarak, anche il regime di Gheddafi, che fino a pochi giorni fa sembrava
potesse durare in eterno, vede la sua esistenza a rischio. Nonostante la pesante
repressione da parte del governo – attuata grazie all’impiego di truppe
mercenarie e con l’ausilio di caccia bombardieri – la rivolta non si piega.
Sono molti gli interessi dei Paesi
imperialisti in questa regione: dal controllo del Canale di Suez in Egitto agli
affari delle multinazionali (Eni in testa) nella gestione di gas e petrolio
nella regione libica (la Libia è il primo fornitore di petrolio dell’Italia).
Non solo: il governo libico controlla fette consistenti dei mercati europei.
Basta pensare al ruolo che gioca la finanza libica in Italia: Tripoli è il primo
azionista di Unicredit e controlla consistenti quote azionarie anche in
Finmeccanica, Eni e Telecom Italia. Non è un caso che da parte delle principali
potenze imperialiste europee e americane vengano solo timidi appelli a Gheddafi
a “non esagerare” con la forza (quando il dittatore libico vanta 10 mila morti
per mano della repressione!). Nulla di cui stupirsi: il capitalismo
internazionale sa che la rivoluzione può minacciare anche i suoi interessi e i
suoi affari. Non a caso, i governi italiani di entrambi gli schieramenti hanno
sempre siglato accordi con la Libia, legittimando tra l’altro la dura
repressione dei migranti da parte della guardia costiera libica.
Soprattutto, il vento della rivoluzione
soffia anche in Europa. In Grecia, dove le barricate per le strade delle
principali città sono all’ordine del giorno, in occasione dell’ultimo sciopero
generale (23 febbraio) i manifestanti hanno assediato il Parlamento. Gli slogan
urlati dai manifestanti e impressi sugli striscioni si richiamavano alla
rivoluzione in Nord Africa: “Dopo Ben Ali e Mubarak ora tocca a Papandreu”. E’
uno slogan che dobbiamo riprendere anche noi in Italia. Non si fermano gli
attacchi di governo, padronato e burocrazie sindacali agli operai, ai precari,
agli immigrati. Ora più che mai è urgente l’indizione dello sciopero generale.
Ma un solo giorno di sciopero generale non basta: occorre costruire uno sciopero
generale prolungato fino alla cacciata di Berlusconi. Le masse arabe ci danno
l’esempio: solo con la forza delle masse proletarie potremo piegare governo e
padronato.
Sciopero
generale prolungato fino a piegare governo e padronato!
Per un governo dei
lavoratori! Per un’alternativa di sistema!