Partito di Alternativa Comunista

Primo Maggio

Primo Maggio
PER L’UNITÀ DI TUTTI GLI SFRUTTATI
CONTRO TUTTI I GOVERNI DEI PADRONI!
VIVA LA LOTTA DELLA CLASSE OPERAIA MONDIALE

 
dichiarazione della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale

 
falce e martello
 
Ci avevano assicurato che la crisi stava finendo e, nondimeno, tornano ad esplodere problemi che possono approfondirla in qualunque momento. Il governo dell’Islanda, la cui banca ha prodotto un enorme buco agli istituti di credito, specialmente britannici, ha chiesto alla popolazione di farsi carico del debito. Gli islandesi, chiaramente, non hanno accettato una proposta così “solidale”, così che il problema rimane. La crisi greca, scoppiata in una delle economie più piccole del blocco imperialista europeo, ha dimostrato la debolezza della ripresa e i pericoli che si approssimano. E in questo quadro continuiamo a vedere come gli speculatori della finanza continuino ad avvantaggiarsi con la crisi. Si stanno facendo affari milionari con i crediti alla Grecia. Le banche e le finanziarie degli Usa, che hanno ricevuto cifre astronomiche, ora dichiarano enormi profitti.
I governi ed il padronato stanno approfittando della crisi per aumentare lo sfruttamento. Quelli che iniziano ad uscire dalla crisi sono gli imprenditori, non i lavoratori e i popoli del mondo. La ripresa economica, che è ancora debole e può precipitare in ogni momento, non sta rappresentando una ripresa dei salari e delle conquiste sociali perdute, ma, al contrario, di essa hanno beneficiato solo i ricchi, mentre per le masse c’è un chiaro peggioramento.
 
In questa fase della crisi si approfondisce l’attacco alle conquiste dei lavoratori e dei popoli
Al governo greco è stato chiesto di tagliare brutalmente il deficit pubblico, cioè di tagliare spese: le spese sociali. I governi imperialisti si sono dedicati a salvare il sistema finanziario promettendo di non colpire la sanità, la scuola e le pensioni dei lavoratori e dei settori popolari. Gli ammortizzatori sociali ai disoccupati, erogati in alcuni Paesi, sono stati solo un palliativo per un settore dei lavoratori e non per il loro insieme. Adesso, i governi si trovano alle prese con impressionanti deficit pubblici per il denaro che hanno dato alla borghesia. Il padronato ha ricevuto un’enorme quantità di denaro e chiede maggiori aiuti per mantenersi. Tuttavia, i posti di lavoro non sono stati garantiti e la disoccupazione ha continuato a crescere. Secondo le relazioni del Fmi e dell’Oil, la disoccupazione continuerà ad aumentare, almeno fino al 2011. È già a quota 10% circa a livello mondiale e ha colpito pesantemente i settori più vulnerabili: immigrati, giovani e donne.
La crisi non è uguale per tutti. I ricchi hanno avuto perdite milionarie, ma sono pochi quelli che hanno perso tutto. Continuano ad essere milionari e vivono nel lusso. Tuttavia, per le masse lavoratrici la crisi significa una vera tragedia, poiché fa perdere o diminuire i loro già esigui salari. Gli aiuti che in alcuni Paesi sono stati concessi ai disoccupati stanno finendo e, con la scusa di deficit pubblici molto alti, i governi non ne ipotizzano di nuovi. E questo soprattutto nei Paesi imperialisti, che potrebbero permettersi di erogare questi aiuti, perché nel resto del mondo chi ha perso il posto di lavoro si trova senza nessun tipo di sostegno.
Per superare la crisi, il capitalismo sa che deve approfondire ancor di più gli attacchi al livello di vita dei lavoratori e dei popoli nei Paesi imperialisti, nonché la ricolonizzazione dei Paesi dipendenti.
A questo compito si sono dedicati i governi di tutto il mondo. Le loro proposte sono tagliare ancora più i diritti lavorativi, agevolare i licenziamenti, ridurre i bilanci sociali per la sanità e la scuola pubbliche. E lo stesso fanno gli imprenditori, aumentando i ritmi di lavoro e le giornate lavorative senza assumere nuovi lavoratori.
Abbiamo visto in questi mesi come i governi accelerino i loro piani di privatizzazione dei servizi pubblici e come nei Paesi dipendenti si svendano le risorse energetiche alle multinazionali (concessioni e leggi per lo sfruttamento degli idrocarburi e delle miniere in Ecuador, Venezuela, Brasile, Perù, ecc.).
 
Barack Obama attacca i diritti dei lavoratori ed i settori popolari
Prima di essere eletto presidente, Obama ha negoziato con Bush gli aiuti milionari per la borghesia e ha portato avanti, come presidente, tutto questo pacchetto di appoggio economico alle società finanziarie ed ai fabbricanti di automobili. Ricordiamo che il suo appoggio alla General Motors era subordinato all’accettazione da parte dei lavoratori di enormi tagli dei loro diritti (pensioni, salari e piani di salute).
Possiamo segnalare anche come, recentemente, negli stessi Stati Uniti, Barack Obama ha ottenuto che si approvasse una riforma sanitaria, che, applaudita in tutto il mondo come progressista, in realtà significa una maggiore privatizzazione della sanità e farne ricadere i costi sugli stessi lavoratori, che si vedono obbligati a “ingrassare” i conti delle compagnie di assicurazioni private.
Bisogna far  comprendere ai lavoratori statunitensi, come a quelli del resto del mondo, che, utilizzando la strategia condensata nel “non si può fare di più, c’è bisogno dell’aiuto di tutti”, Obama e gli altri governi borghesi del pianeta stanno tagliando i diritti lavorativi e sociali.
Anche a livello internazionale, Obama sta cercando di imporre i suoi piani attraverso il negoziato muovendo dal prestigio di cui ancora gode. Così ha ottenuto che le sue truppe occupassero direttamente Haiti, dopo il terremoto dello scorso mese di gennaio, e che in Honduras il deposto presidente Zelaya accettasse il piano che lo ha definitivamente estromesso dalla presidenza consentendo ai golpisti di organizzare le loro elezioni.
Tuttavia, questi importanti successi dell’imperialismo in alcuni Paesi non possono nascondere lo stallo che sta subendo in altri. Ad esempio in Afghanistan, dove nonostante l’enorme incremento di truppe esso non riesce a sconfiggere i talebani né a progredire nel negoziato. La continuazione della guerra in Iraq e in Afghanistan, e la sua estensione al Pakistan, si trasforma in un problema ogni giorno più grave per la politica dell’imperialismo.
 
I governi “progressisti” applicano la stessa ricetta contro i lavoratori
È particolarmente vergognoso che, di fronte all’aumento della disoccupazione, e poiché essa colpisce specialmente i giovani, i governi “progressisti” propongano un aumento dell’età pensionabile, come ha fatto Zapatero in Spagna. Dove, per di più, è allo studio una nuova riforma lavorativa che faciliti i licenziamenti.
In Venezuela, la crisi economica sta colpendo duramente i lavoratori e il popolo. Quando i lavoratori hanno mostrato disponibilità a lottare contro i licenziamenti e per la difesa dei salari corrosi dall’inflazione, il governo venezuelano si è collocato dalla parte delle multinazionali, perseguendo i lavoratori in lotta e arrestando i dirigenti sindacali.
Da parte sua, il governo Lula, in Brasile, ha erogato 370 miliardi di real ai banchieri e alle grandi imprese per “salvarli” della crisi, mentre per la distruzione prodotta dalle inondazioni a Rio de Janeiro ha destinato solo 200 milioni. Così si capisce come, in piena crisi, le banche brasiliane siano riuscite ad aumentare i profitti del 23% rispetto all’anno precedente.
Non sono molto differenti le politiche e le proposte del governo cubano per l’Isola, duramente colpita dalla crisi. Raúl Castro ha annunciato che dovrà essere soppresso un milione di posti di lavoro. Oggi, quel governo è al servizio delle multinazionali che sono entrate a Cuba per saccheggiarne liberamente i lavoratori. I cubani non hanno diritto di sciopero e i loro sindacati sono controllati dallo Stato. Con la restaurazione del capitalismo, sono aumentate le loro piaghe ed ora, quando la sanità e la scuola – un tempo esempi per il mondo – stanno per essere smantellate, compaiono la disoccupazione e la povertà. I lavoratori cubani devono lottare per difendere i loro posti di lavoro, e perciò dovranno conquistare le libertà democratiche di cui mancano.
 
La tragedia dei lavoratori immigrati, le donne, le razze oppresse e i giovani
Per di più, la crisi non ha colpito allo stesso modo tutti i lavoratori; i settori più sfruttati ed oppressi – e non poteva essere altrimenti – hanno avuto la peggio. I lavoratori immigrati hanno visto aumentare le aggressioni razziste e le loro espulsioni dai Paesi ricchi. Gli immigrati sono stati i primi a perdere il posto di lavoro perché è più facile licenziarli, dato che hanno i peggiori impieghi e con minori garanzie lavorative.
Un anno fa denunciammo che le donne sarebbero state duramente colpite dalla crisi: e questi dati sono stati confermati. La perdita di posti di lavoro ha portato ad un aumento dell’oppressione della donna lavoratrice. Ogni donna che perde il prprio impiego fa un passo indietro nel processo della sua emancipazione, poiché deve contare sul proprio salario se non vuole dipendere dal suo compagno. Ora, molte donne che hanno perso il lavoro hanno dovuto accettarne di peggiori – meno rimunerati, con orari più pesanti e non specializzati – per mantenere le loro famiglie ed incontrano anche maggiori difficoltà per organizzarsi sindacalmente.
La crisi, inoltre, sbarra ancora di più la strada all’accesso al mondo del lavoro e all’emancipazione per i giovani. Oltre a ciò, osserviamo come le politiche di privatizzazione dell’insegnamento ostacolino l’accesso della gioventù operaia e popolare all’educazione, sempre più “d’elite”, ristretta ad una minoranza scelta.
In molti Paesi, i neri e gli indios vedono crescere la loro oppressione in conseguenza della diminuzione del lavoro. Come gli immigrati, essi soffrono le conseguenze del razzismo, ma nei loro stessi Paesi. I Paesi indigeni vengono attaccati dalla voracità delle multinazionali che intendono sfruttarne le terre d’origine.
 
Le masse iniziano a mobilitarsi in diverse parti del mondo
Un anno fa, i lavoratori si sono trovati di fronte a una dura offensiva da parte dei governi e dei padroni e non sono riusciti a fronteggiare il violento colpo che preannunciava l’inizio della crisi. I messaggi dei governi e delle burocrazie sindacali che richiamavano alla calma e alla fiducia in una rapida ripresa economica hanno fatto presa sulle masse, che invece avevano di fronte a sé un futuro desolante, con quotidiane chiusure di fabbriche e licenziamenti massicci.
La burocrazia sindacale è stata la principale diga di contenimento delle proteste operaie contro la crisi, accettando chiusure, licenziamenti e tagli di diritti, rivendicando tutt’al più, nel migliore dei casi, maggiori indennità. Le burocrazie sindacali cercano di isolare le lotte, non portandole fino all’estremo; negoziano il più rapidamente possibile affinché queste non si estendano. Convocano mobilitazioni quando non rimane loro più rimedio, data la pressione delle basi, ma cercano di controllarle e frenarle. Per questo motivo, ancora oggi, molte lotte sono sconfitte, e il padronato continua coi suoi attacchi senza incontrare una resistenza unificata. Così, continuano i licenziamenti e aumenta la disoccupazione.
Nel 2009 ci sono state importanti lotte, tra cui dobbiamo annoverare quelle dei contadini indigeni del Perù, che hanno sconfitto il governo di Alan García a Bagua; l’eroica resistenza, per più di cinque mesi, del popolo honduregno contro il golpe militare; le mobilitazioni contro la dittatura degli Ayatollah, in Iran; la resistenza del popolo palestinese e le prime mobilitazioni massicce in Grecia. Queste lotte sono state significative, ma bisogna evidenziare che la classe operaia, per i motivi già detti, non è entrata in scena in tutto il mondo con la forza necessaria a sconfiggere l’attacco che stava subendo.
Nel 2010, il panorama ha iniziato a cambiare. I lavoratori hanno visto che il denaro pubblico è stato dato ai capitalisti senza che fossero garantiti i loro impieghi e salari. Ora che i governi vogliono recuperarlo prendendolo dalle loro tasche, i lavoratori e le masse stanno reagendo. Nel mondo, soprattutto in vari Paesi europei, si susseguono le mobilitazioni e gli scioperi; ci sono state, inoltre, mobilitazioni di studenti e immigrati negli Usa; le lotte continuano in Argentina, Messico, ecc., e c’è stata un’insurrezione in Kirghizistan. Vanno sottolineati gli scioperi generali in Grecia, la cui parola d’ordine è l’opposizione a che siano i lavoratori a pagare l’enorme deficit pubblico generato in favore delle finanziarie. Siamo, pertanto, di fronte a quella che può essere un’importante ascesa di massa. Ora si tratta di ampliare la mobilitazione, per invertire la situazione in cui la crisi economica ci sta lasciando.
 
Lottare affinché la ripresa sia in favore dei lavoratori
A noi lavoratori e sfruttati del mondo non resta altra strada. Non possiamo attendere soluzioni per i nostri problemi da nessun governo borghese, non abbiamo altra alternativa se non lottare, lottare e lottare. Per difendere i nostri posti di lavoro, per difendere il nostro diritto ad una sanità e un’educazione pubblica e gratuita, per difendere il nostro diritto ad una pensione degna, affinché la gioventù, le donne, i neri, gli indios e gli immigrati abbiano lavoro e vengano rispettino i loro diritti.
I piani dei governi difendono gli interessi degli imprenditori e dei capitalisti. Se vogliamo una soluzione che vada in direzione dei lavoratori e degli sfruttati del mondo, dobbiamo lottare contro quelle misure. Bisogna combattere le proposte dei governi capitalisti rivendicando misure operaie, spiegando che solo il socialismo offre una soluzione alla crisi. Il capitalismo non può garantire un futuro di pace e prosperità, garantisce solo l’opulenza per pochi e sempre più miseria per tutti gli altri.
 
Recuperare l’unità della classe...
La crisi economica mondiale ci ha mostrato come tutti i governi del mondo hanno avuto una strategia comune: scaricare la crisi sulle spalle della classe operaia e degli sfruttati del mondo. Come lavoratori, tuttavia, restiamo separati da paese a paese e, in ogni paese, tra noi stessi, a causa – come  abbiamo visto – del ruolo delle burocrazie sindacali. Tuttavia, vediamo anche che, quando lottiamo insieme, abbiamo la forza necessaria per vincere. Sappiamo che per sconfiggere i piani di miseria dobbiamo realizzare una lotta senza tregua; per vincere si deve realizzare una lotta tenace e sempre più forte. E sappiamo che, per vincere, abbiamo bisogno dell’unità di tutte le organizzazioni sindacali ed operaie ma … per lottare. Perciò, dobbiamo estendere gli esempi di ogni lotta grazie alla quale si ottiene una vittoria, di ogni lotta in cui i lavoratori riescono a recuperare l’unità e la solidarietà di classe. Dobbiamo esigere dalle centrali sindacali che smettano di essere lacchè dei governi di turno e chiamino alla mobilitazione e, contemporaneamente, dobbiamo combattere quelle stesse burocrazie sindacali tacciandole di essere inconseguenti, di fare fronte coi governi e padroni e non coi lavoratori, di non portare la lotta fino all’estremo. Su questo cammino dobbiamo costruire organizzazioni operaie realmente democratiche e combattive che ci servano per affrontare i nuovi attacchi cui siamo sottoposti.
 
… e l’internazionalismo
Il 1º Maggio fu proposto dalla II Internazionale affinché in questo giorno i lavoratori di tutto il mondo possano mostrare la forza e unità di cui sono capaci. Quel 1º Maggio venne realizzato rivendicando in tutto il mondo la giornata lavorativa di 8 ore. Oggi che la disoccupazione aumenta, dobbiamo esigere di lavorare meno per lavorare tutti, contrastando gli aumenti brutali dei ritmi e delle ore di lavoro. Esigiamo la riduzione della giornata di lavoro. Dobbiamo, ancora una volta, in questo1º Maggio, lottare uniti per le nostre rivendicazioni, e mostrare il nostro appoggio ai popoli che stanno lottando contro l’imperialismo.
Perciò crediamo che sia più necessario che mai che i lavoratori si organizzino a livello internazionale. Ma non come propone il presidente venezuelano Hugo Chávez, che pretende di fondare una V internazionale unendo i lavoratori coi rappresentanti della borghesia. La Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale ritiene che l’unica Internazionale che dobbiamo costruire è quella dei lavoratori, che si ponga alla testa di tutti gli sfruttati ed oppressi del mondo contro questo sistema che offre solo miseria. Per questo motivo lottiamo per ricostruire la Quarta Internazionale, quella che raccolse le bandiere di Lenin e della Rivoluzione Socialista d’Ottobre. Lottiamo per distruggere il capitalismo, lottiamo per il socialismo internazionale.
 
 
PER LA DIFESA DEI POSTI DI LAVORO E PER SALARI DEGNI!
CONTRO I PIANI DI SALVATAGGIO PER LA BORGHESIA!
PER L’UNITÀ DI TUTTI GLI SFRUTTATI CONTRO TUTTI I GOVERNI DEI PADRONI!
VIVA LA LOTTA DELLA CLASSE OPERAIA MONDIALE!
VIVA IL 1º MAGGIO!
 

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