FERRERO CALA LA MASCHERA!

Poi, di fronte all'incrinarsi dell'alleanza di governo del centrodestra, scorgendo qualche crepa nel muro in cui infilarsi, Ferrero (ben prima del "Comitato di Liberazione Nazionale" di Casini) aveva lanciato l'idea di un "governo a termine": solo qualche mese per cacciare Berlusconi e soltanto in nome (come sempre) della "difesa della democrazia".
Ma ora le elezioni regionali si avvicinano, le crepe nel governo si moltiplicano, e Ferrero rinuncia a ogni residuo pudore e getta infine la maschera. Le interviste di questi ultimi giorni (e quella a Repubblica di oggi è la più chiara) sono un vero e proprio appello alla borghesia: Riprendeteci, noi siamo qui. La recita della "svolta a sinistra" è davvero finita.
"Pronti ad accettare Casini premier, pur di battere la destra di Berlusconi" titola, con una certa soddisfazione l'intervista a Paolo Ferrero, il quotidiano di quella "borghesia progressista" che da sempre auspica un nuovo governo diretto dal Pd, in grado di affrontare finalmente (senza i problemi personali e processuali di Berlusconi) i conti della crisi del capitalismo. Facendola cadere (non bisogna essere fini analisti per capirlo) sulle spalle dei lavoratori.
Cosa dice Ferrero di nuovo rispetto alle scorse settimane? Ormai non parla nemmeno più di un "governo di scopo" (quale potesse essere lo scopo di un governo con i banchieri e la Confindustria, peraltro, non era difficile immaginare). Ora va oltre: offre la disponibilità del Prc a suggellare un vero patto di governo con il partito dell'alternanza borghese al centrodestra, il Pd. Il terzo accordo (dopo i disastri del Prodi I e del Prodi II). Non un accordo momentaneo, sia chiaro: un accordo per tutta la legislatura. A domanda del giornalista Ferrero risponde infatti che anche dopo le elezioni il Prc si comporterebbe con lealtà, senza infastidire il governo nella sua azione. Certo, siccome il trauma dell'ultima esperienza di governo è ancora dolorante (per milioni di lavoratori), il Prc sosterrebbe questo governo in parlamento ma senza chiedere ministri ("noi non entreremmo a far parte di un eventuale esecutivo (...). La sinistra ne resterà fuori, non ripeteremo l'esperienza del governo Prodi."). Come se il problema per i lavoratori fosse consistito nella grisaglia ministeriale di Ferrero e non piuttosto nel sostegno del Prc e di tutta la sinistra riformista a un governo imperialista, con conseguente rimozione di ogni opposizione in parlamento e nelle piazze! Peraltro il sostegno esterno (cioè senza ministri) è già stato provato dal Prc: con il primo governo Prodi. All'epoca il Prc non aveva ministri e sosteneva il governo in parlamento. Anche in quella occasione votò tutto: guerre militari, guerra sociale ("pacchetto Treu", apertura dei lager per immigrati, ecc.).
Cosa giustifica allora questa ennesima capriola? Nelle dichiarazioni dell'ex ministro, tutto deriva dalla necessità di "battere la destra di Berlusconi". Roba che difficilmente sarà premiata con l'Oscar per la migliore sceneggiatura. Essendo l'esatto, identico, copione già utilizzato in tutte le precedenti occasioni. Nella realtà ciò che spiega questo ennesimo voltafaccia (dopo la "svolta a sinistra", i pugni chiusi al congresso, lo sventolio di bandiere rosse, la "autocritica" per i disastri prodotti) è una cosa soltanto, come da anni andiamo ripetendo: il lupo perde il pelo ma non il vizio; la burocrazia riformista non perde mai, nemmeno nelle pause forzate all'opposizione, il desiderio sfrenato di essere riammessa al servizio del governo padronale.
E' questo, in definitiva, che spiega perché proprio nel mezzo di una crisi economica e politica della borghesia, alla vigilia di prevedibili (e da tutti previsti) nuovi scontri di classe, Ferrero getta la maschera della lotta e offre nuovamente i suoi servizi ai padroni. Lo spazio concesso a Ferrero (dopo un periodo di silenzio stampa) è già di per sé una risposta: i padroni sono interessati alla gentile offerta.
C'è solo un dettaglio che i padroni e Ferrero trascurano: il gruppo dirigente riformista dovrà convincere militanti e attivisti che si ricomincia da capo, per la terza volta. Non sarà facile per loro. E, per parte nostra, pur consapevoli dell'esiguità delle nostre forze attuali, non saremo spettatori passivi nelle prossime settimane. Al centro del nostro imminente II Congresso Nazionale (Rimini, 8-10 gennaio) porremo appunto la necessità di avanzare nella costruzione di un nuovo partito comunista, basato sulla opposizione a tutti i governi della borghesia, premessa necessaria, in prospettiva, di un'alternativa di governo dei lavoratori; premessa necessaria e indispensabile, già oggi, per sviluppare le lotte e far pagare la crisi ai padroni. Alternativa Comunista si pone come strumento al servizio di questo compito. Ma non è solo affar nostro e certo non pensiamo di poterlo assolvere da soli. L'ennesimo voltafaccia dei dirigenti riformisti, la necessità di sviluppare le lotte contro il padronato e il capitalismo in crisi, impongono oggi più che mai a tutti i comunisti (di nome e di fatto) questo compito urgente.