Partito di Alternativa Comunista

La dura lotta delle maestre

La dura lotta delle maestre
Scuola: il 23 febbraio è sciopero!

Intervista a Fabiana Stefanoni
  
 
 

a cura della redazione web
 
maestresciopero
(3 febbraio, manifestazione a Parma)

 
Il 23 febbraio è un’importante giornata di lotta e di sciopero. Oltre agli operai della logistica e al personale della Sanità, incrocia le braccia anche il personale della scuola. E’ prevista una manifestazione a Roma, davanti al ministero dell’istruzione (Miur). Ne parliamo con Fabiana Stefanoni, dirigente del Pdac e lavoratrice della scuola, impegnata in prima fila nella lotta degli insegnanti. La scuola sembra essere uno dei “fronti caldi” dell’ultimo periodo in Italia. La lotta delle maestre è una delle più dure lotte in corso. Ce ne parli?
Finalmente, dopo le grandi mobilitazioni contro la legge 107 (“Buona Scuola”), sono riprese le mobilitazioni dei lavoratori della scuola. Anzi, è più corretto dire delle lavoratrici della scuola: è un settore dove la stragrande maggioranza degli impiegati sono donne. Lo dimostra la dura lotta delle maestre, che stanno dando vita a combattive manifestazioni di protesta come non si vedevano da un po’. Sono circa 60 mila le maestre che rischiano il licenziamento in virtù di una sentenza del Consiglio di Stato (20 dicembre 2017) che, contraddicendo sentenze precedenti, non riconosce ai diplomati magistrali ante 2002 il diritto a stare nelle cosiddette “graduatorie ad esaurimento” (gae), quelle funzionali all’assunzione in ruolo. Chi ha il diploma magistrale sa bene che si tratta di una sentenza pilotata: lo scopo è solo quello di procurare un cospicuo risparmio ai governi sulla pelle di decine di migliaia di lavoratrici. Sono in gioco anche altri interessi: sono tanti gli istituti, pubblici e privati, che da decenni si stanno arricchendo sulla pelle dei precari della scuola con costosissimi corsi “abilitanti” (oltre che con corsi di “formazione” a pagamento spesso privi di reale valore formativo). Un giro d’affari enorme, del quale approfittano persino alcune organizzazioni sindacali. Licenziare le maestre diplomate significa incrementare i profitti di tutti questi enti.
Raccontaci come si sta sviluppando la lotta delle maestre, a cui stai partecipando. Pensi sia una lotta importante anche al di là della specifica vertenza?
La lotta delle maestre e dei maestri ci indica la strada che bisogna percorrere per riuscire a rilanciare la mobilitazione di massa in Italia. E’ una lotta che, fin dall’inizio, non ha aspettato di essere diretta dall’alto. Si sono costituiti coordinamenti di lotta che vedono la partecipazione di lavoratrici e lavoratori di tutte le sigle sindacali, in molti casi con strutture totalmente auto-organizzate (come a Milano, dove il movimento è particolarmente forte), in altri casi col sostegno delle sigle sindacali di base. Particolarmente importante è stato lo sciopero dell’8 gennaio: le maestre si sono appropriate di una data già in calendario, proclamata originariamente solo da un piccolo sindacato on-line… uno sciopero decisamente riuscito, nonostante il boicottaggio attivo della Cgil e della Cisl. Quel giorno migliaia di maestre e maestri sono scesi in piazza a Roma e a Milano, centinaia a Bologna, Torino e altre città. Le maestre stanno dimostrando grande determinazione: non hanno intenzione di lasciarsi abbindolare né dalle vuote parole del governo, né dalle manovre delle burocrazie sindacali.
E dopo l’8 gennaio la protesta non si è fermata. Sono nati alcuni combattivi coordinamenti di lotta delle insegnanti. Tu e altre compagne state coordinando nazionalmente questo intervento. Ce ne parli?
Anzi! Dopo lo sciopero dell’8 gennaio, la mobilitazione è cresciuta. La ministra Fedeli, inizialmente sorda alle richieste dei maestri, è stata costretta a più riprese a ricevere delegazioni di insegnanti in lotta. Partecipatissime assemblee di lavoratrici e lavoratori in lotta si sono svolte a Milano, Bologna, Torino e altre città. Hanno preso vita comitati di lotta a livello cittadino e regionale (come i Lavoratori Auto-organizzati della Scuola di Milano, il Coordinamento Lavoratori Scuola Emilia Romagna, i tantissimi Coordinamenti DM sorti nelle diverse città). Due tappe particolarmente importanti della mobilitazione sono state la manifestazione di Parma del 3 febbraio e l’assemblea nazionale del 4 febbraio a Bologna.
Il 3 febbraio a Parma, in occasione della visita della ministra Fedeli, centinaia di maestre e di maestri, col sostegno degli studenti universitari, hanno bloccato la città con un rumoroso e colorato corteo, riuscitissimo nonostante il tentativo di boicottaggio della Cgil locale (che nei giorni prima ha invitato i propri iscritti a non partecipare alla manifestazione in quanto… “pericolosa”).
Altro momento importante della protesta è stata la grande assemblea nazionale di Bologna del 4 febbraio, che ha visto la partecipazione di circa 200 persone, con delegazioni di maestri e maestre da tutte le città d’Italia. In quell’occasione, è stata votata all’unanimità l’adesione allo sciopero del 23 febbraio – sciopero proclamato dalle sigle sindacali conflittuali e di base - con manifestazione a Roma. Un’assemblea che è nata con l’intento di dare la parola alle lavoratrici e ai lavoratori, che possono e devono essere i protagonisti diretti della mobilitazione. Voglio poi ricordare i tanti cortei cittadini, le fiaccolate, l’occupazione della Camera del Lavoro di Milano in segno di protesta contro l’operato dei burocrati sindacali.
Ma la lotta delle maestre non è l’unico tema al centro dello sciopero del 23 febbraio. Ci si opporrà anche al rinnovo del contratto nazionale, giusto?
Le burocrazie sindacali di Cgil, Cisl e Uil hanno deciso di firmare in fretta e furia un rinnovo contrattuale peggiorativo, tra l’altro (come avviene in altri settori) senza proclamare nemmeno un’ora di sciopero! Di fatto, in cambio di un aumento stipendiale irrisorio (forse 40 euro nette al mese in busta paga) totalmente inadeguato a compensare il carovita, vengono confermato tutto l’impianto della “Buona Scuola” (dai dirigenti sceriffi all’alternanza scuola lavoro alla “meritocrazia”) con diversi peggioramenti rispetto al contratto precedente: straordinario obbligatorio, inasprimento delle sanzioni disciplinari, formazione obbligatoria non retribuita per il personale docente, restrizioni sui trasferimenti volontari (mobilità possibile solo ogni tre anni), solo per fare alcuni esempi. Tutto questo avviene in un quadro generale di accanimento nei confronti di tutti i lavoratori del pubblico impiego (inclusi quelli della scuola). E’ vergognosa la firma a questo contratto: il 23 febbraio scioperiamo e manifestiamo a Roma anche per questo. C’è molta rabbia tra le lavoratrici e i lavoratori della scuola per questa firma. Certo sappiamo che chiamare i lavoratori allo sciopero dopo la firma del contratto non è facile: ma è anche vero che le contraddizioni di tutta la Buona scuola stanno diventando esplosive. Basta pensare all’alternanza scuola-lavoro…
Parliamo un attimo di questo tema “caldo”. Durante l’autunno gli studenti sono scesi in piazza numerosi contro l’alternanza scuola-lavoro. Cosa ne pensi?
La “Buona scuola” ha introdotto l’obbligatorietà dell’alternanza scuola-lavoro, 400 ore obbligatorie negli istituti tecnici e professionali, 200 ore nei licei: ore la cui valutazione avrà un peso notevole nella valutazione complessiva dello studente. Bene hanno fatto gli studenti a protestare contro questa vergogna: di fatto molte scuole stanno diventando succursali delle aziende. Gli studenti devono spesso e volentieri offrire manovalanza gratuita ad aziende private senza alcun valore formativo: eclatanti sono i casi degli studenti che friggevano patatine da Mc Donald e quelli utilizzati per spalare letame… Ma, al di là di questi casi estremi, tutto l’impianto è questionabile. Sembra quasi che si voglia educare le giovani generazioni ad accettare l’attività lavorativa non retribuita come un dato di fatto. Per non parlare delle discriminazioni di classe che emergono indirettamente: costosissimi ed esclusivi stage all’estero per i figli dei ricchi (con conseguente punteggi alti), attività di bassa manovalanza per i figli degli operai.
Tutto questo per gli insegnanti significa un aumento del carico di lavoro e delle responsabilità. Per fortuna sempre più insegnanti stanno cominciando a dichiararsi contrari all’alternanza scuola-lavoro della “Buona Scuola”.
Quali sono le prossime tappe della mobilitazione e quale la prospettiva, secondo te, per vincere?
E' già in programma una data importante: l’8 marzo. Sarà una giornata di sciopero internazionale. Io credo che la scuola non possa mancare a questo appuntamento… soprattutto perché è un settore costituito, come ho detto, per la stragrande maggioranza da donne. Dopo il 23 febbraio cominceremo a discuterne.
Una cosa a mio avviso è certa: questa lotta potrà vincere solo se si unirà alle altre mobilitazioni dei lavoratori e delle lavoratrici. Penso ad esempio alle dure lotte dei trasporti (da Alitalia ai ferrovieri), agli scioperi dei facchini della logistica o alle tante vertenze operaie in corso contro licenziamenti e super-sfruttamento nelle fabbriche. Sono settori che non a caso si stanno unificando all'interno del Fronte di Lotta No Austerity: l'esigenza dell'unità della lotta si fa sentire sempre più acutamente. Più in generale, occorre rafforzare un fronte comune della classe lavoratrice contro le politiche dei governi padronali di ogni colore. E' questa la premessa necessaria per rovesciare i rapporti di forza e per costruire una alternativa a questo sistema sociale dentro al quale non ci sono soluzioni durature né prospettive di vita dignitose per i lavoratori e le lavoratrici.
 
 
(La partecipatissima assemblea nazionale del 4 febbraio a Bologna)
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