Partito di Alternativa Comunista

Le primarie incoronano Veltroni leader del Pd

Il Partito Democratico: coerente garante degli interessi del grande capitale
Le primarie incoronano Veltroni leader del Pd
 
 
di Michele Scarlino
 
 
E incoronazione fu. Con il 75% circa dei voti domenica 14 ottobre Walter Veltroni è stato eletto leader del Partito Democratico.
Una campagna per le primarie inaugurata il 27 giugno scorso al Lingotto di Torino dove il sindaco di Roma ha tenuto un discorso nel quale annunciava, o meglio confermava e sottolineava, il carattere del partito democratico e il ruolo che avrà nella politica italiana: quello di coerente garante degli interessi della grande borghesia italiana.
Dalle pensioni al lavoro, dall’immigrazione vista solo come “vivaio” di forza lavoro low cost alle guerre coloniali (con o senza cappello Onu) il programma del Pd è espressione coerente degli interessi del capitalismo italiano. Questo ci fa capire anche i motivi del forte impegno profuso sia da importanti quotidiani nazionali come, ad esempio, il Corriere della Sera e Repubblica che rappresentano gli interessi di famiglie e di gruppi di potere ben precisi, sia di personaggi molto in vista dell’industria, dell’editoria e della finanza italiana nello sponsorizzare il progetto del partito democratico: da Luca Cordero di Montezemolo ad Alessandro Profumo, tutti hanno fatto educatamente la fila per votare Walter Veltroni domenica scorsa.
Il Partito Democratico è una necessità storica della borghesia italiana nel suo insieme (che non è un unico blocco monolitico, come spesso viene descritta, ma è al suo interno spesso lacerata da contrastanti interessi) e su quel progetto il grande capitale ha deciso di investire. E’ verso una matura “democrazia dell’alternanza” che la borghesia vuole approdare, arrivando a creare le condizioni affinché ci siano infine solo due affidabili partiti: uno che governa e l’altro che fa opposizione, nello stesso recinto capitalistico, com’è d’altronde già realtà in altri Paesi dove la borghesia è più forte, il movimento operaio disorganizzato e le lotte sociali non hanno una coerente sponda politica, come, ad esempio, gli Stati Uniti d’America o la Gran Bretagna.
Infatti, condizione per una “matura democrazia dell’alternanza” - com’è spesso chiamata – è la disorganizzazione politica dei lavoratori e l’assenza di lotte seriamente organizzate. Viceversa, con un proletariato forte e ben organizzato il progetto di Partito Democratico non avrebbe spazio.
 
I numeri del Pd
Nonostante la palese inutilità di queste primarie, con Veltroni dato per stravincente e con altri quattro inutili candidati di contorno a reggere la parte degli sfidanti, circa tre milioni di persone sono andate a votare alle primarie del Pd.
Per il neonato partito si è trattato di un buon risultato, anche se non straripante come si vuol far credere. Questa cifra deve essere però ben pesata; a questi numeri bisogna togliere i pacchetti di tessere dei vari boss locali del partito e di chi ha votato più e più volte per un candidato: queste non sono cifre trascurabili tanto è vero che in Campania la situazione è risultata talmente scandalosa che i vertici del Pd si sono visti costretti al commissariamento causa brogli; insomma è un numero che va “scremato”. Inoltre, con una mossa mediatica facilmente riconoscibile, prima delle elezioni hanno spacciato come successo un milione di voti. Questa cifra era palesemente al ribasso – un milione sono poco più che gli iscritti ai due partiti – quindi i tre milioni sono apparsi agli occhi di molti come un incredibile successo. Inoltre si consideri che il risultato è arrivato dopo mesi e mesi di martellante campagna pubblicitaria su tutte le televisioni ed i giornali che parlano del Partito Democratico come la panacea di tutti i mali.
Un’altra questione da non sottovalutare è che le primarie sono arrivate proprio sulla scia della cosiddetta "antipolitica": proprio mentre da ogni parte si parla dell’alto numero dei partiti (campagna che, è bene ricordarlo, è stata iniziata e fortemente sostenuta, prima che da Grillo, dal Corriere della Sera), della stasi del quadro politico, dei privilegi dei politici, bene, proprio in questo momento arriva il Pd che promette una “rivoluzione” politica. Ovviamente chi è andato a votare ponendo nel Pd queste speranze fra qualche mese sarà ancora una volta deluso; i motivi per cui la condizione dei lavoratori, dei precari e degli immigrati sono miserevoli non è da ricercare né nei "costi della politica" né nell’alto numero dei partiti, ma nel carattere borghese delle politiche di centrodestra e centrosinistra che massacrano lavoratori i pensionati ed i migranti e regalano miliardi a Confindustria e soci.
 
Cosa farà la sinistra di governo?
E’ ad ogni modo innegabile che il Partito Democratico rappresenta un elemento di differenziazione del quadro politico italiano e, di conseguenza, un elemento di destabilizzazione per la sinistra radicale, e per Rifondazione Comunista in particolare, che in queste settimane sta decidendo del proprio futuro.
L’ipotesi più plausibile è quella dell’unificazione di tutti i partiti di governo a sinistra del Pd ovvero: Sinistra democratica di Mussi, i Verdi, Comunisti Italiani e Rifondazione. Alcuni giornali (ad esempio il Messaggero) hanno riferito che in Parlamento già starebbe girando una bozza del simbolo del futuro soggetto unitario che eliminerà ogni riferimento, anche simbolico, al comunismo. La strada è quasi obbligata per la sinistra di governo: la futura legge elettorale, che verosimilmente avrà un alto sbarramento, spazzerebbe via quel che resta del Prc e del Pdci. Unica soluzione per la sopravvivenza delle burocrazie socialdemocratiche è la fusione per arrivare a percentuali elettorali più alte.
Come Alternativa Comunista, proponiamo un'altra via: la costruzione di un partito rivoluzionario, partendo dalle lotte della scuola di questi giorni, dai No al referendum sugli accordi del 23 luglio e diciamo che nessuna manifestazione potrà spostare a sinistra il governo della settima potenza imperialista mondiale. Contro quel governo bisogna costruire opposizione, quel governo va cacciato.

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