People, planet, prosperity.
Il G20 italiano e la pietra filosofale
di Giacomo Biancofiore
Nel 1999, a seguito della crisi economica del 1997, i ministri delle finanze del G7 annunciarono la creazione del «Gruppo dei 20», con l’obiettivo di coinvolgere altri Paesi nelle discussioni sull’economia e la finanza globale. Da più di 20 anni con cadenza annuale si susseguono tavoli di lavoro, eventi e riunioni che hanno come unico obiettivo la salvaguardia e la protezione del modello economico capitalista attraverso la condivisione di politiche economiche, finanziarie, monetarie e fiscali. Tutti gli altri temi trattati assumono rilevanza in funzione di questi quattro assi principali; sono infatti numerosi i gruppi di lavoro che si occupano di settori specifici come la salute, l’istruzione, l’ambiente, l’agricoltura, il lavoro, la cultura ecc., per poi convergere su obiettivi e politiche economiche volte ad assicurare al sistema economico la crescita necessaria alla sua sopravvivenza.
Benché l’obiettivo principale sia la concertazione di misure volte a indirizzare l’economia globale, i lavori del G20 cominciano e terminano con banali slogan come «sconfiggere la povertà», «sconfiggere la fame» o «garantire l'accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria», una propaganda utile solo a illudere le masse che questi eventi abbiano a cuore la soluzione dei loro problemi.
La presidenza italiana del G20
Il G20 è il forum internazionale che riunisce i governi delle principali economie del mondo, ossia i 20 Paesi che rappresentano i due terzi del commercio, nonché l’80% del Pil mondiale: Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, India, Indonesia, Italia, Messico, Regno Unito, Russia, Stati Uniti, Sud Africa, Turchia e Unione Europea; a questi si aggiunge la Spagna, che è un invitato permanente del G20.
Per tutto il 2021 è stata affidata all’Italia la presidenza del G20 che si concluderà con il vertice dei capi di Stato e di governo in programma il 30 e 31 ottobre a Roma.
Il programma, nell’anno della presidenza italiana, è basato sulla crisi pandemica, sociale, economica e climatica e, per riattivare l’economia mondiale, prende in prestito tre priorità (People, Planet e Prosperity) dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile sottoscritta nel 2015 dai governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite, e approvata dall’Assemblea Generale dell’Onu.
Le loro finte priorità
Nell’individuazione delle priorità i membri del G20 sostengono di essere consapevoli che la pandemia di Covid-19 ha causato danni profondi sia a livello sanitario che sull’aumento della povertà, nonché sull’andamento dell’economia globale ed è per questo motivo che per fornire una rapida risposta internazionale alla pandemia avrebbero «focalizzato l’attenzione su tre pilastri interconnessi di azione: Persone, Pianeta e Prosperità».
Quindi, la presidenza italiana del G20 è fermamente impegnata nella ricerca della «pietra filosofale», quell’amuleto che, secondo gli alchimisti, è capace di tramutare i metalli in oro.
Fuor di metafora il G20 sostiene di guardare oltre le crisi che attanagliano il mondo e il suo amuleto è rappresentato dalla «ripresa veloce», che sarebbe incentrata sulle necessità delle persone (People), su un uso efficace e sostenibile delle energie rinnovabili che possano garantire la protezione della stabilità climatica e dell’ambiente (Planet) nonché sull’aumento della produttività affinché possa garantire una prosperità durevole (Prosperity).
«Non lasciare nessuno indietro»
Così come per tutti i libri di favole anche qui c’è la frase finale che sintetizza e rassicura i bambini: non lasciare nessuno indietro.
Per anni questa favola ha rassicurato anche gli adulti, ma quest’ultimo anno e mezzo di pandemia ha mostrato, in modo troppo evidente, che gli obiettivi e i contenuti di queste organizzazioni internazionali, dei loro eventi e dei relativi gruppi di lavoro rappresentano esclusivamente una stucchevole demagogia.
Come si può pronunciare la frase «non lasciare nessuno indietro» con 4 milioni (dato sottostimato) di persone lasciate morire per salvare i profitti di poche centinaia di famiglie?
Con quale faccia di bronzo 20 governi, che rappresentano il 60% della popolazione mondiale, affermano di «non lasciare nessuno indietro» con l’80% della popolazione mondiale che non ha ricevuto neanche la prima dose di vaccino?
Eppure con gli attuali progressi scientifici e logistici, si sarebbe potuto raggiungere in pochi mesi l'immunità di gregge, ossia la vaccinazione del 75% della popolazione mondiale, ed oggi non avremmo ancora 10 mila morti al giorno.
E ancora, che significa «non lasciare nessuno indietro» quando la (loro) Banca Mondiale stima per il solo 2021 un incremento di persone che cadranno in povertà tra 143 e 163 milioni?
L’occupazione femminile e le disparità di genere
Si è svolta a fine giugno a Catania la riunione dei ministri del lavoro G20 e la presidenza italiana ha posto come priorità l’occupazione femminile e la riduzione delle disparità di genere nel mercato del lavoro. Se consideriamo che neanche la pantomima del blocco dei licenziamenti ha evitato l’emorragia di posti di lavoro e soprattutto che a perderli la stragrande maggioranza sono state donne, la sintesi della dichiarazione finale dei ministri del lavoro ha tutta l’aria della presa in giro: «più posti di lavoro per le donne e di migliore qualità, senza discriminazioni salariali di genere», nonché «un approccio multidimensionale alle differenze di genere, che parta da una lotta agli stereotipi – anche in ambito educativo – riduca la sproporzione nel lavoro di cura svolto dalle donne rispetto agli uomini, affronti il problema della segregazione orizzontale e verticale del mercato del lavoro».
Non abbiamo osato approfondire il corposo allegato al documento perché già queste «aspirazioni» la dicono lunga sulla credibilità degli obiettivi approvati.
Tre priorità, un unico inganno
Quindi, mentre milioni di persone (People) muoiono a causa di una malattia per la quale esistono già non uno, ma diversi vaccini efficaci, mentre gli scienziati di tutto il pianeta (Planet) lanciano segnali d’allarme sempre più disperati sulla situazione climatica e ambientale, mentre, alla faccia della prosperità (Prosperity), la povertà e la precarietà sono sempre più estese nel mondo, ingenti somme di denaro pubblico vengono destinate al salvataggio delle grandi aziende, lasciando le briciole per i lavoratori e fingendo interesse per una fantomatica «transizione verde e digitale».
Questi 20 impostori con le loro favolette a lieto fine non possono più ingannare la popolazione mondiale, perché questi repentini cambiamenti nelle condizioni di vita delle masse nel mondo generalmente comportano anche cambiamenti improvvisi nella lotta di classe, con la conseguente esplosione dei conflitti sociali che ad effetto domino si moltiplicano in ogni continente.
Il capitalismo è stanato
Gli obiettivi indicati nell’agenda del G20 appaiono forse, per la prima volta, totalmente irrazionali, perché in questo ultimo anno e mezzo, probabilmente per la prima volta nella storia, il gioco sporco del sistema capitalista è stato tremendamente evidente.
Come dicevamo, il programma della presidenza italiana del G20 si baserebbe sulla crisi pandemica, sociale, economica e climatica e prima di indicare le priorità individua una lezione essenziale che la pandemia ha evidenziato: «nell’epoca in cui viviamo, i problemi locali possono rapidamente trasformarsi in sfide globali». Vero! Tant’è che proprio la pandemia ha mostrato alle popolazioni degli Stati più ricchi che i «problemi» che solitamente attribuivano ai Paesi poveri possono rapidamente estendersi anche da loro.
Oggi è più che mai evidente che il problema è insito nel modello capitalista, dove l’unica logica che muove la produzione, lo sviluppo tecnologico e scientifico e qualsivoglia altra attività si basa sulle aspettative di profitto di una piccola minoranza della società.
Quella barbarie che è stata un crescendo ed ha raggiunto livelli mostruosi non è altro che il risultato dell’economia capitalistica che nella sua concezione, fondamentalmente anarchica, non è in grado neanche di creare meccanismi di autoprotezione lasciando che, in piena pandemia, si producano inutili automobili di lusso anziché dispositivi per la salvezza di quegli stessi lavoratori che sfrutta per produrre profitti.
Un meccanismo dissennato che per la verità è evidente da decenni e che probabilmente trova la sua massima espressione nella folle corsa verso produzioni altamente inquinanti nonostante la palese distruzione a cui va incontro il pianeta.
La lotta di classe e la rivoluzione socialista mondiale
L’impatto esplosivo con questa realtà è diventato già in molti Paesi, specie del Sudamerica, ma non solo, un incredibile acceleratore delle contraddizioni del sistema capitalista generando così un sempre maggiore squilibrio tra le classi.
Una situazione che si sta estendendo rapidamente, anche nei Paesi in cui il proletariato, fino a qualche anno fa poteva godere di piccoli privilegi e che fa spazio prepotentemente alla convinzione che la salvezza delle classi sfruttate passa solo attraverso una rivoluzione socialista mondiale, che riorganizzi e pianifichi l'economia globale ponendola al servizio del soddisfacimento dei bisogni della specie umana e del pianeta.
Ora non resta che mostrare la strada corretta e far comprendere che solo la classe operaia, organizzata democraticamente per realizzare un programma rivoluzionario, può essere l’artefice della vittoria.