Partito di Alternativa Comunista

Rivoluzionari di tutto il mondo unitevi! La battaglia di Lenin e dei bolscevichi per la rivoluzione mondiale

Rivoluzionari di tutto il mondo unitevi!

La battaglia di Lenin e dei bolscevichi per la rivoluzione mondiale

 

 

di Alberto Madoglio

 

 

 

Nell’azione politica e nell’elaborazione teorica e programmatica di Lenin, la lotta per la costruzione di una Internazionale rivoluzionaria ebbe un ruolo centrale.
Fondata a Mosca il 4 marzo 1919, secondo i detrattori (borghesi e riformisti) del primo governo operaio della storia fu solo una costruzione artificiale di Lenin e dei bolscevichi per dare una patina di «universalità» a un processo rivoluzionario che si riteneva non avesse alcuna possibilità di ripetersi in altre nazioni del cosiddetto occidente sviluppato.
In realtà comunismo e internazionalismo furono fin dalle origini un tutt’uno inscindibile.
Lo stesso Manifesto del partito comunista, scritto da Marx ed Engels nel 1848, analizzando lo sviluppo del capitalismo e della borghesia, ne sottolineava la vocazione globalizzante. Per i fondatori del socialismo scientifico quindi il superamento del capitalismo non poteva avvenire e avere senso se non in un’ottica internazionale.

 

Il fallimento della Seconda Internazionale

Se l’atto di nascita della Terza Internazionale fu nella primavera del 1919, risale all’autunno di cinque anni prima l’idea di costruire una nuova Internazionale, sulle rovine di quella che l’aveva preceduta, la Seconda.
La Seconda Internazionale era crollata nell’agosto del 1914 quando la maggior parte dei leader dei partiti che la componevano fu totalmente incapace di organizzare la benché minima opposizione al primo macello della storia moderna: la guerra imperialista che sconvolse il mondo tra il 1914 e il 1918.
I leader dei partiti socialdemocratici, che in innumerevoli congressi internazionali avevano giurato la loro fedeltà agli ideali dell’internazionalismo, nell’estate del 1914 si schierarono senza eccezioni al fianco delle loro borghesie nazionali e contribuirono a mandare al macello milioni di operai e contadini per gli interessi delle maggiori potenze imperialiste.
La maggior parte di loro appoggiò convintamente lo sforzo bellico dei rispettivi governi, diventando ministri in quasi tutti i Paesi belligeranti e stringendo patti con i rappresentanti borghesi a cui si garantiva la pace sociale. Altri auspicavano che la guerra potesse finire velocemente e tornare così alla routine precedente, in cui l’attività dell’Internazionale era solo una fucina di buone intenzioni che nulla incidevano sul concreto sviluppo della storia.
Il punto di partenza dell’analisi di Lenin, e dei bolscevichi, sul conflitto bellico era un altro. Già nel 1908 Lenin aveva precisato la sua posizione circa un possibile conflitto su scala europea: l’unico angolo di visuale da cui è possibile guardare e risolvere il problema dell’atteggiamento della socialdemocrazia verso l’uno o l’altro aspetto delle relazioni internazionali non è quello del carattere offensivo o difensivo della guerra, ma quello degli interessi della lotta di classe del proletariato, o, meglio, quello degli interessi del movimento internazionale del proletariato.
Quindi nel 1914 secondo Lenin la colpa più grande della socialdemocrazia non fu quella di non essersi opposta alla guerra, ma di essersi schierata contro la classe che a parole diceva di rappresentare e difendere. Con il sostegno alla guerra i dirigenti socialdemocratici davano un duro colpo alle speranze di vittoria del proletariato, permettendo che le crisi rivoluzionarie che si stavano aprendo in Germania, e soprattutto in Russia, volgessero a favore della borghesia.
Se Lenin espresse coscientemente la sua posizione in un articolo apparso sul Social-democrat del 1° novembre 1914, possiamo senza dubbio affermare che la sua battaglia contro i riformisti e opportunisti iniziò molto tempo prima.
È ampiamente conosciuta la battaglia che Lenin e la corrente che poi si chiamò bolscevica sostennero contro i riformisti a partire dal secondo congresso del Partito operaio socialdemocratico russo. Meno nota, ma non per questo meno importante, fu la battaglia contro posizioni affini a quelle dei menscevichi a livello internazionale durante vari congressi della Seconda Internazionale.
In occasione del VII Congresso della Seconda Internazionale, che si svolse a Stoccarda tra il 18 e il 24 agosto 1907, vennero alla luce alcune questioni di principio che in seguito, allo scoppio del conflitto imperialista, portarono alla scissione tra rivoluzionari e riformisti.
Sulla questione coloniale vi fu uno scontro tra chi lo giustificava - all’epoca si nascondevano ancora dietro la finzione di un fantomatico «colonialismo socialista», dal 1914 divennero colonialisti toutcourt: le delegazioni dei partiti i cui governi avevano interessi o possedimenti coloniali, esclusa la delegazione russa, sostenevano a maggioranza questa posizione - e chi invece, correttamente, vi si opponeva in nome dell’internazionalismo e degli interessi della classe operaia
Riguardo l’anti militarismo, Lenin criticò aspramente la posizione di Hervè. Questi, che nel 1914 divenne sostenitore in Francia dell’Union Sacré, al VII Congresso sostenne una posizione apparentemente radicale (che Lenin definì semi anarchica) di rifiuto totale della guerra (non differenziando tra guerra imperialista e guerra rivoluzionaria) e non comprendendo la necessità per il proletariato, in caso di esplosione di un conflitto per la spartizione delle ricchezze del pianeta, di combattere per l’abbattimento del capitalismo e non semplicemente per la pace. Idem sulla questione del voto alle donne, dove in particolare la delegazione austriaca sosteneva il voto alle donne in base al censo.
Sulla questione sindacale, si scontrarono due posizioni: quella di chi difendeva l’apartiticità dei sindacati, e chi, in particolare la delegazione russa dei bolscevichi, difendeva la necessità di stretti legami fra partito e organizzazione sindacale.
Vediamo quindi che già da tempo in Lenin, nei bolscevichi e nella sinistra dell’Internazionale, erano presenti tutti i temi programmatici che portarono alla rottura del 1914 e alla fondazione cinque anni dopo della Terza.
A quell’epoca nella posizione di Lenin e dei bolscevichi nel dibattito non era ancora maturata la comprensione riguardo la necessità di una separazione organizzativa tra rivoluzionari e riformisti in seno all’internazionale.
Lenin combatteva aspramente le posizioni della destra dell’Internazionale ma si riteneva un seguace delle posizioni di Kaustky. Pensava, allo stesso tempo, che i bolscevichi in Russia dovessero costruire un partito simile alla Spd, la socialdemocrazia tedesca. Fu dopo il 4 agosto 1914, quando Kautsky votò a favore dei crediti di guerra, giustificando questo voto con un articolo apparso sul giornale del partito, che Lenin ruppe con quello che fino ad allora considerava come uno dei suoi maestri. Riconobbe a Rosa Luxemburg di aver visto per tempo come le posizioni di Kautsky fossero nei fatti coincidenti con quelle espresse da Bernstein e i revisionisti a partire dalla fine del XIX secolo.

 

Da Zimmerwald a Mosca

La guerra scoppiata nell’estate del 1914 si assunse il compito di fare chiarezza e di sgomberare il campo della contesa politica da ogni posizione ambigua.
Immediatamente iniziarono i tentativi per cominciare a raggruppare tutti quei settori, all’epoca minoritari, della sinistra socialista che non si accontentava di essere spettatrice passiva dello sfacelo in corso.
Si arrivò finalmente alla Conferenza Socialista Internazionale, che si svolse a Zimmerwald tra il 5 e l’8 settembre 1915. Lì vennero poste le prime basi concrete, programmatiche prima di tutto, della futura internazionale. Lenin, i bolscevichi e anche Trotsky che si stava avvicinando sempre più alle posizioni dei rivoluzionari russi (il suo gruppo confluì nel partito bolscevico nell’estate 1917) ne formarono l’ala sinistra. Pur essendo una minoranza e trovandosi a combattere posizioni confuse e esitanti, riconobbero l’importanza di quel raggruppamento proprio nel suo carattere internazionale.
L’attenzione, la vera e propria ossessione di Lenin verso le tematiche internazionali non conobbe sosta. Tornato in Russia dopo la rivoluzione di febbraio, iniziò la sua battaglia per il riarmo programmatico del partito. Il testo che lui produsse come strumento centrale di questa battaglia, le Tesi di Aprile, terminava al punto 10 con l’appello a creare una Internazionale veramente rivoluzionaria.
In uno scritto del settembre dello stesso anno riteneva mature le condizioni per l’ulteriore approfondimento del processo rivoluzionario e per il passaggio del potere dal governo borghese ai soviet, analizzando principalmente il quadro della lotta rivoluzionaria a livello internazionale «… la rivoluzione operaia mondiale è cominciata con l’azione di combattenti isolati […] gli arresti di massa di capi socialisti nella libera Italia e soprattutto l’inizio degli ammutinamenti militari in Germania: questi sono i sintomi evidenti di una grande svolta, i segni della vigilia di una rivoluzione su scala mondiale».
L’avvenimento che avrebbe cambiato non solo le sorti della guerra e del governo in Russia, ma lo stesso avvenire dell’intera umanità, si svolse avendo sempre presente il quadro della lotta di classe a livello internazionale. Lenin, Trotsky e i bolscevichi erano perfettamente consapevoli che il campo di battaglia dello scontro finale tra borghesia e proletariato era provvisoriamente ubicato negli immensi territori dell’ex impero zarista, ma la classe operaia aveva possibilità di vittoria solo se, dopo aver trionfato in Russia, fosse riuscita a ottenere vittorie decisive in altri Paesi, europei prima di tutti.
Non si trattava solo di un auspicio. Nel 1918 in tutti i Paesi coinvolti nel conflitto mondiale le esplosioni rivoluzionarie si ripeterono senza soluzione di continuità. Per queste ragioni mentre i comunisti russi si preoccupavano di consolidare il potere recentemente conquistato, messo in serio pericolo dallo scoppio di una feroce e sanguinosa guerra civile, in cui le forze controrivoluzionarie del Paese (monarchiche, democratico liberali, riformiste) potevano contare sull’appoggio militare, logistico, finanziario delle potenze imperialiste dell’Intesa (che nel frattempo stavano per vincere la guerra contro la Germania e l’Impero asburgico), il progetto di costruire una nuova Internazionale stava prendendo forma.
Già nel 1918 ebbero luogo in Russia due conferenze internazionali alle quali parteciparono per lo più prigionieri di guerra (questi una volta tornati nei loro Paesi, contribuirono a propagandare le posizioni e le idee della rivoluzione d’Ottobre tra le fila del movimento operaio).
Ma fu con lo scoppio della rivoluzione in Germania nel novembre di quell’anno che la necessità di costruire una nuova Internazionale divenne sempre più impellente. La rivoluzione in quello che era il Paese più industrializzato del Vecchio Continente, seguì le stesse tappe della Russia, solo in tempi più accelerati.
Crollo repentino, per certi versi sorprendente, del vecchio regime. Creazione immediata di organismi di doppio potere (in Russia i Soviet, in Germania i Rate). Ruolo controrivoluzionario dei rifornisti e dei centristi (menscevichi e Sr da una parte, Spd e socialdemocratici indipendenti dall’altra). Scontro decisivo tra reazione e rivoluzione (golpe Kornilov fallito in Russia e giornate rivoluzionarie di gennaio 1919 in Germania).
La nascita della Kpd (partito comunista) tra il 31 dicembre 1918 e il primo gennaio 1919 fu il segnale che la nuova Internazionale non poteva più attendere. Non solo. Sembrava che fosse in un avanzato stadio la convocazione, in Svizzera, di un congresso per la rifondazione della Seconda Internazionale. Era vero che i partiti socialdemocratici che erano stati corresponsabili delle politiche guerrafondaie avevano visto ridotto il loro prestigio. Tuttavia godevano ancora di un sostegno non indifferente in larghi strati del proletariato europeo. In questo quadro un ritardo nella proclamazione dell’Internazionale comunista avrebbe indebolito il progetto, rendendone molto complicata, se non impossibile, una convocazione futura. Un appello in tal senso, rivolto alle organizzazioni del movimento operaio, apparve sulla Pravda il 24 gennaio del ’19.
Il Congresso si aprì a Mosca il 2 marzo alla presenza di 35 delegati di 19 partiti e 19 delegati con voto consultivo in rappresentanza di altre 16 organizzazioni.
Molti dei delegati non avevano un mandato formale dalle loro organizzazioni, anche perché tranne rari casi (come quello tedesco) non si erano ancora formati partiti comunisti indipendenti. Il delegato tedesco, Eberlain, intervenne sostenendo come i tempi di creazione di una Internazionale vera e propria non fossero maturi. Tuttavia nei giorni decisivi l’entusiasmo che coinvolgeva tutti i partecipanti ebbe la meglio, e il 4 marzo con un voto a larghissima maggioranza (Eberlain prima contrario mutò la sua posizione in un voto di astensione) venne al fine fondata l’Internazionale Comunista.

 

Uno strumento per la propaganda e l’azione rivoluzionaria

Se la passione e l’entusiasmo di tutti i delegati furono fondamentali per la creazione della Terza Internazionale, sarebbe comunque un errore pensare alla sua fondazione come un evento irrazionale, nato sull’onda dell’euforia del momento.
Le condizioni oggettive erano mature per giustificare una simile decisione. Il potere dei Soviet si dimostrava un fenomeno tutt’altro che passeggero. Le forze controrivoluzionarie in Russia iniziavano a battere in ritirata. Nonostante la battuta di arresto delle giornate di gennaio del 1919 che costarono la vita a Rosa Luxemburg e Karl Liebnecht , il movimento rivoluzionario in Germania era lungi dall’essere stato definitivamente sconfitto.
Moti rivoluzionari erano scoppiati in Austria, Ungheria, Finlandia, Italia, Inghilterra e Francia. Se partiti comunisti indipendenti non erano ancora nati, i rivoluzionari vedevano crescere in maniera esponenziale la loro forza all’interno delle vecchie organizzazioni del movimento operaio.
Terminata la guerra i dirigenti social sciovinisti non erano tornati sulle posizioni classiche del marxismo che avevano difeso, solo a parole, nell’epoca precedente. Ora continuavano a svolgere il ruolo che avevano avuto durante il conflitto: difensori dell’ordine borghese imperialista così come era uscito dopo l’11 novembre 1918, sia nei Paesi vincitori che in quelli vinti.
Una intera epoca storica era stata spazzata via e non era più possibile tornare indietro.
La Terza Internazionale non voleva essere lo strumento per una sterile propaganda astratta né si accontentava di costruire piccole sette nazionali al servizio del governo sovietico. La sua ambizione era un’altra: quella di essere lo strumento per organizzare e dirigere i moti rivoluzionari in corso all’epoca, permettendo al proletariato nelle diverse nazioni di conquistare il potere così come gli operai e i contadini russi avevano fatto quasi tre anni prima. I testi approvati in quel primo congresso dovevano essere strumenti utili a raggiungere quello scopo.
Nelle Tesi e risoluzione sulla democrazia borghese e la dittatura del proletariato redatte da Lenin, si afferma che non esistono democrazia e dittatura in generale, ma che esse esistono in quanto espressione delle classi al potere nei vari Paesi. Si afferma inoltre, per rispondere ai critici della dittatura del proletariato al governo in Russia, che nessuna classe nella storia era mai salita al potere né evitando un processo rivoluzionario, né evitando di passare per un periodo di dittatura, cioè imponendo il suo dominio con l’uso della forza nei confronti degli esponenti delle vecchie classi dominanti.
Il Manifesto dell’Internazionale Comunista al Proletariato di tutto il mondo, testo scritto da Trotsky, contiene una frase che in sé riassume tutto il senso della nuova fase apertasi il 1 agosto del 1914 con lo scoppio della prima guerra imperialista e il 7 novembre 1917 con la rivoluzione in Russia: «la questione è unicamente quella di sapere chi condurrà in futuro la produzione statizzata, se lo Stato imperialista o lo Stato del proletariato vittorioso». Questa alternativa mantiene ancor oggi intatto il suo valore.

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