Partito di Alternativa Comunista

Piano scuola: briciole e specchietti per le allodole

 

Piano scuola: briciole e specchietti per le allodole

 

 

 

di Fabiana Stefanoni (insegnante)

 

 

Il governo Draghi ha recentemente approvato un decreto, denominato «Piano scuola 2020-21» che, a detta del ministro dell’Istruzione Bianchi, dovrebbe garantire un rientro a scuola «in presenza e sicurezza». A metà agosto il piano ha avuto il via libera delle direzioni dei principali sindacati della scuola che, dopo qualche flebile rimostranza, hanno sottoscritto i protocolli sicurezza. Sui mass media e nei tavoli tra sindacati e Ministero si è parlato quasi esclusivamente dell’obbligo di Green pass per il personale scolastico. Ma è veramente questo il nodo della questione?

 

Scuola in presenza… ma senza sicurezza

A meno di voler affermare, come fanno i negazionisti, che la pandemia sia stata debellata -cosa ben lontana dalla realtà, visto che mentre scriviamo sono migliaia i nuovi contagiati giornalieri grazie al «rischio calcolato» di Draghi - per garantire davvero un’apertura delle scuole «in presenza e in sicurezza» ci sono alcune condizioni da rispettare.
Si tratta, anzitutto, di condizioni economiche: la scuola ha bisogno di investimenti. E questi investimenti non ci sono. Sono stati stanziati solamente 70 milioni per il recupero di nuovi spazi (precisamente per l’affitto di «immobili e noleggi di strutture modulari temporanee»), il che significa – considerando che, a quanto pare, da quest’anno tutti gli alunni saranno a scuola in presenza – che la gran parte delle aule saranno sovraffollate.
E, quindi, come risolvere il problema delle classi pollaio? Il ministro dell’Istruzione Bianchi sembra aver individuato due «efficaci» strategie. La prima consiste nel mentire. Bianchi, a inizio agosto, ha dichiarato che le classi con più di 27 alunni sarebbero «solo il 2,9%». Non si sa da dove abbia ricavato questi dati il ministro, ma saranno in molti gli insegnanti ad aver pensato «ma quindi quel 2,9% capita sempre a me?» (chi scrive lo scorso anno aveva due classi su cinque con più di 27 alunni, equivalente a 40%).
Ma c’è un’altra strategia che il ministero ha messo in atto per risolvere il sovraffollamento delle aule ed è una strategia che ci ricorda quella ben sperimentata – sulla nostra pelle – dal Ministero della Sanità per evitare le quarantene: si cambiano i parametri. Se fino all’anno scorso era obbligatorio rispettare il metro di distanza tra un alunno e l’altro, ora questa è diventata una mera «raccomandazione» laddove sia «logisticamente possibile». E se non è possibile? Basta la mascherina chirurgica, rassicura il Comitato tecnico scientifico (Cts) che non manca mai di esibire la sua criminale fantasia (in occasione degli ultimi esami di maturità è arrivato persino a sconsigliare agli studenti le mascherine Fffp2, invitandoli a prediligere quella chirurgica!). A ciò si aggiunge il fatto che non sarà necessario «effettuare test diagnostici o screening» e in palestra gli studenti potranno togliersi la mascherina.
Stendiamo infine un velo pietoso sulle briciole stanziate per le nuove assunzioni, che continuano ad essere insufficienti rispetto al reale fabbisogno. Anche quest’anno, come tutti gli anni, si farà ricorso a una percentuale elevata di personale precario che (come per il cosiddetto organico Covid e per le supplenze assegnate dagli istituti) puntualmente viene pagato con mesi di ritardo.
Quali sarebbero, quindi, le basi materiali della tanto sbandierata scuola in sicurezza?

 

Vaccinazioni e trasporti: altro che sicurezza!

Dovrebbe essere noto a tutti che la stragrande maggioranza di coloro che frequentano le scuole sono studenti. È quindi evidente che le scuole apriranno con una stragrande maggioranza di frequentatori non vaccinati, alla faccia degli straordinari risultati della campagna vaccinale sbandierati da Figliuolo. La percentuale degli under 19 che hanno completato il ciclo vaccinale è attorno al 20%, senza contare il fatto che per gli under 12 ad oggi non è previsto nessun vaccino (mentre è ormai assodato, purtroppo, che le nuove varianti del Covid hanno effetti pesanti anche sui bambini e sui giovanissimi). Completare la vaccinazione di tutti gli studenti è un’altra condizione necessaria per riaprire le scuole in sicurezza.
A ciò va aggiunto un altro elemento inquietante: sui mezzi pubblici più utilizzati dagli studenti (bus, metro, tram e treni regionali) si passa dal limite di capienza del 50% a quello dell’80%: se consideriamo che già prima il 50% si traduceva nei fatti in un 80%, possiamo immaginare che, con la riapertura delle scuole, l’80% diventerà un 100% (o forse più).
In un quadro come quello appena descritto – con aule strapiene, trasporti zeppi, studenti non vaccinati – la decisione del governo di imporre il Green pass al personale scolastico – che, tra l’altro, vede già una percentuale di vaccinati superiore all’85% - ha il sapore di una provocazione o di una presa in giro. Ben altri sono i problemi della scuola!
Come abbiamo già scritto in numerosi articoli, la vaccinazione di massa è importante per tentare di uscire dalla pandemia. Ma è altrettanto importante, mentre la si porta avanti, evitare riaperture indiscriminate (come quelle cui stiamo assistendo in questi mesi in Italia). Il caso della Gran Bretagna è da questo punto di vista emblematico: nonostante la vaccinazione di massa fosse più avanzata che in altri in Paesi (Italia inclusa), le riaperture hanno provocato un nuovo picco di contagi (colpendo soprattutto coloro che hanno ricevuto una sola dose).
Al contempo, imporre il Green pass al personale scolastico - Green pass, tra l’altro, inadeguato a limitare i contagi in luoghi chiusi e affollati, dato che viene rilasciato anche con una sola dose di vaccino o con l’esito negativo di un tampone rapido – è uno specchietto per le allodole: si finge di risolvere così i problemi della scuola. Invece, quei problemi rimangono e si aggravano.
È indispensabile costruire un’azione di lotta che unisca tutti i settori lavorativi colpiti dagli attacchi del governo Draghi e dei capitalisti. Un’azione di lotta che parta dalle fabbriche e arrivi nelle scuole, così come in tutti gli ambiti di lavoro e sociali, fino a sfociare in un grande sciopero generale che blocchi la produzione. Solo così sarà possibile respingere al contempo gli attacchi e le provocazioni del governo Draghi e di Confindustria - che usano il Green pass come pretesto per riaprire o licenziare - e le strumentalizzazioni vigliacche delle destre (e non solo) «no vax» e «free vax» che cavalcano il malcontento popolare per fomentare posizioni reazionarie e negazioniste. Ora più che mai quell’azione di lotta e di classe è urgente e necessaria.

 

 

 

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