Partito di Alternativa Comunista

L'imperialismo oggi

L’imperialismo oggi

La realtà di un'oppressione, oltre le mistificazioni

 

Claudio Mastrogiulio

 

Lo scorso 19 marzo è stato celebrato, negli Usa, il quinto anniversario dall’inizio della guerra d’aggressione imperialista in Iraq. Come un macabro segno del destino, lo stesso giorno la contabilità dei soldati americani morti saliva a quattromila unità. Malgrado tutto questo (impantanamento militare e perdite umane) Bush, nel suo discorso d’occasione, continuava nell’ignominioso tentativo di far passare l’aggressione al popolo iracheno come un piccolo effetto collaterale (ma neanche tanto) da far sopportare loro per farli godere della sospirata democrazia!. Nessuno dei grandi signori della Terra, primo tra tutti il presidente statunitense, ha menzionato l’ormai abbondantemente superato scoglio del milione di morti civili iracheni. Questo è l’esempio lapalissiano della falsità di tutto l’impianto ideologico che sostiene l’impalcatura su cui si sorreggono le nefandezze dell’imperialismo, per cui quattromila soldati profumatamente pagati per andare ad opprimere un popolo distante migliaia di chilometri e la cui sola colpa è quella di vivere vicino a qualche pozzo di petrolio vengono considerati martiri, eroi (di cosa non si è ancora ben capito); mentre d’altra parte di quel milione di civili nessuno ne parla.

Ecco, anche in questo episodio, si ripresenta uno dei compiti dei rivoluzionari, quello cioè di ristabilire un giusto rapporto tra la mistificazione imperante e la verità sempre dolosamente nascosta. Perché quella in Iraq (così come tutte le altre, dall’Afghanistan al Libano,) è una guerra fondata su un casus belli indotto e ricercato da chi poi lo ha utilizzato come base per poter scatenare una carneficina mondiale a caccia del petrolio, del metano e dell’ingrandimento delle sfere d’influenza dell’imperialismo occidentale nel bacino mediorientale. Delle teorie della “fine della storia” di Fukoyama sulla base del crollo dell’Urss, delle promesse di un mondo fatto di pacifica e progressiva internazionalizzazione del benessere, dell’El Dorado della globalizzazione dei mercati, di queste mille ed altre mistificazioni, i rappresentanti delle classi dominanti hanno intriso i loro proclami alle nazioni, ai popoli, a chi era soggetto ad una condizione di miseria e subalternità economica. Per anni ci hanno detto che la loro “democrazia” (delle casseforti, come lucidamente scrisse Rosa Luxemburg) è un sistema economico-politico-sociale che va difeso, rafforzato, esportato se possibile con ogni mezzo, con tutto l’arsenale di giustificazioni ideologiche che i mai pochi prezzolati intellettuali di regime ci hanno per anni propinato. Oggi gli effetti di queste falsità e la totale infondatezza delle azioni di cui si sono macchiati il manipolo di padroni ed amministratori di quest’iniquo ordine sociale sono sotto gli occhi di chiunque voglia conoscere e capire come la situazione mondiale evolve. La pax eterna, promessa dai profeti del neoliberismo come frutto indiretto della fine dell’Urss e dell’affermazione del modello unico capitalista a livello globale non trova drammaticamente riscontro nella realtà. Miseria, morte, sfruttamento, tortura rappresentano i punti polari del fenomeno storico dell’imperialismo che nell’attualità dell’oggi sconfessa spudoratamente i roboanti e falsi puntelli ideologici della globalizzazione. Ciò che puntualmente accade in Iraq, Afghanistan ed in tanti altri scenari di guerra è invece imputabile alla meccanica esigenza di riscatto e di dignità che ogni sfruttato sente accendere dentro di sé quando osserva l’impunito genocidio di centinaia di migliaia di persone innocenti. La resistenza all’oppressione imperialista, oltre ad essere un diritto inalienabile, è un elemento caratteristico ed imprescindibile insito nella contrapposizione dialettica che connota un sistema fondato su due distinti blocchi sociali, la borghesia ed il proletariato. È infatti evidente che in Iraq, Afghanistan ed in ogni altro scenario in cui è presente un’aggressione, a pagarne il costo in termini di vittime umane, miserie economiche e carestie sono gli appartenenti alle classi sociali più deboli e dunque i cui interessi non sono affatto tutelati.

 

L’unica alternativa: la lotta di classe

 

Il blocco borghese e fondamentalista di quei luoghi, infatti, si troverà perennemente in una duplice possibilità di ambiguo atteggiamento nei confronti dell’imperialismo. La prima consiste nel porsi in un posizionamento di evidente compromesso politico e morale con l’aggressore attraverso cui tenti, in un secondo momento, di ristabilire il proprio predominio di classe nell’ambito di un mutuo riconoscimento con l’imperialismo col quale, evidentemente, mantiene un rapporto di continuità ed assoggettamento. Quando questo accade, è possibile riscontrare un’ulteriore funzione del detto blocco sociale, consistente nel tentativo di cristallizzare quel dominio di cui sopra attraverso la repressione di movimenti reali di opposizione politica a cui s’aggiungerebbe un altrettanto cadenzato inquadramento culturale e sociale delle popolazioni non definitivamente affrancatesi dall’imperialismo e dall’oppressore di classe nazionale. Il secondo possibile approdo che la borghesia nazionalista potrebbe far proprio è quello, riscontrabile tanto nel nasserismo ieri quanto nel castro-chavismo oggi, di porsi indebitamente a capo di movimenti di liberazione nazionale i cui attivisti (come accadde nella Resistenza italiana), che lottano per una reale emancipazione, sono scientificamente traditi dai vertici borghesi sempre dediti al compromesso con l’imperialismo; s’avrebbe dunque un annichilimento degli slanci genuinamente rivoluzionari ed una conservazione sostanziale dello status quo. Le due linee di condotta, come s’è visto nel corso della storia, riconducono sempre alla medesima conclusione consistente nell’impedire la totale liberazione dei popoli oppressi e nell’attuare un continuo assoggettamento dei diversi proletariati nazionali alle borghesie imperialiste.

Nel primo momento esemplificativo questa dipendenza dallo Stato aggressore permane evidente ed appare in tutta la sua immediatezza agli occhi e sulla pelle di chi la subisce; nel secondo caso l’inevitabile doppiezza della politica nazionalista si manifesterebbe in modo più subdolo quando, una volta acquisito e consolidato il potere, questa rappresentanza perderebbe l’improvviso patriottismo ed antimperialismo di facciata assumendo le redini del dominio di classe utilizzando gli stessi metodi e strumenti di quell’imperialismo a cui avevano ipocritamente mostrato di opporsi. La borghesia ha i suoi bisogni sociali rappresentati dal profitto, dalla necessità dell’esistenza di una parte consistente di popolazione più povera da poter sfruttare per l’accrescimento delle proprie parassitarie ricchezze, della repressione di classe in merito a resistenze legittime rispetto ad ingiustizie sociali, dell’inquadramento della cultura al pensiero o presunto tale economicamente più profittevole, delle continue mistificazioni della realtà. Questi interessi sono intimamente inconciliabili con quelli delle popolazioni occupate.

 

La posizione dei rivoluzionari

 

Chiunque si ritenga un ferreo oppositore di questo iniquo sistema sociale che costringe la maggioranza della popolazione mondiale a subire sfruttamento, carestie, guerre per poter permettere ad un pugno di capitalisti di detenere la quasi totalità della risorse e dei beni socialmente e naturalmente prodotti, non può non porre come punto imprescindibile per il reale affrancamento delle popolazioni occupate, una reale autonomia politica, organizzativa e di classe dei proletariati nei confronti delle rispettive borghesie; la qual cosa non mette in dubbio la necessità di un fronte unico di lotta da contrapporre all’imperialismo (l’esempio più volte citato dei bolscevichi guidati da Lenin che s’opposero al controrivoluzionario Kornilov mantenendo la propria coerente linea di autonomia di classe è sempre attuale) ma vuole indissolubilmente legarsi alla consapevolezza per cui soltanto con un movimento politico autenticamente di classe e rivoluzionario si possono radicalmente rovesciare le sorti degli oppressi dall’imperialismo. Il Partito di Alternativa Comunista saluta con fraterna solidarietà di classe le scintille di resistenza che si sviluppano nei paesi occupati dall’arroganza imperialista senza timore di ricevere alterità di giudizio da parte di chi quest’inaccettabile situazione di assoggettamento di interi popoli all’animalità dello sfruttamento economico e sociale continua ad accettarlo come un dato naturale ed immutabile.

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