Sciopero generale del 29 novembre: un bilancio
Nota del Dipartimento sindacale
Venerdì 29 novembre, centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori hanno incrociato le braccia e sono scesi in piazza per difendere il loro potere d’acquisto e le loro condizioni sia lavorative che di vita. Le proclamazioni di sciopero di Cgil e Uil nella medesima data dello sciopero organizzato da quasi tutte le sigle del sindacalismo di base hanno costituito l’elemento vincente che ha permesso un primo passo avanti nella mobilitazione generale del movimento operaio. La buona riuscita dello sciopero indica che la strada dell’unità nella lotta paga ed è l’unica possibilità che la classe lavoratrice ha per potersi difendere con efficacia dagli attacchi del governo Meloni e di Confindustria.
La grave precettazione del ministro Salvini nel settore dei trasporti svela tutta l’anima repressiva e reazionaria del governo Meloni, ma sarebbe un errore pensare — come tutta la sinistra riformista e il Pd vuole far credere — che la vena repressiva del governo sia una peculiarità esclusiva dell’estrema destra: ben ricordiamo il varo delle norme antisciopero, gli infiniti interventi della Commissione borghese di garanzia e le numerosissime precettazioni durante i precedenti governi sostenuti da chi oggi finge di stracciarsi le vesti per raccattare consensi elettorali. La connotazione di classe dello Stato è una colonna granitica del marxismo che ancora oggi si palesa agli occhi dei lavoratori senza tema di smentita.
Alcune precisazioni necessarie
Se da una parte venerdì 29 novembre abbiamo visto un segnale incoraggiante, dall’altra dobbiamo essere consapevoli di tutte le criticità principalmente in capo alle direzioni dei maggiori sindacati confederali (Cgil in testa) che persistono e piombano le caviglie al proletariato in lotta, e che qui proviamo a sintetizzare: 1) non c’è nessuna reale intenzione di infastidire il padronato e il governo Meloni né di rilanciare le mobilitazioni dei lavoratori, come testimoniano gli scioperi separati e contrapposti di ottobre e l’articolazione territoriale dello sciopero generale; 2) nessun coinvolgimento della base nell'organizzazione degli scioperi e nella formulazione delle rivendicazioni; 3) piattaforme deboli che non mettono in discussione minimamente il sistema che sta massacrando i lavoratori e non dà loro alcuna prospettiva di superamento delle condizioni drammatiche che stanno vivendo; 4) l’organizzazione di uno sciopero «una tantum» con intento dimostrativo, estrapolato da un reale percorso di lotta che in modo crescente tenda a unificare e radicalizzare le lotte, vanificherà lo sforzo e il buon risultato raggiunto venerdì, nonché avrà un effetto scoraggiante per i lavoratori in lotta; 5) l’incoerenza delle rivendicazioni delle direzioni sindacali che lamentano salari e pensioni bassi e Stato sociale inesistente, ma al contempo hanno rinunciato al conflitto e relegato gli aumenti salariali a un indice aritmetico, hanno firmato contratti da 4 euro l’ora , rivendicano la decontribuzione e l’elusione contributiva attraverso il welfare contrattuale, nonché lo scippo del Tfr per gestire in esclusiva fondi di previdenza complementare insieme a padroni e finanziarie: non un solo centesimo chiesto ai capitalisti; 6) la miopia di molte direzioni del sindacalismo di base che antepongono gli interessi di sigla alla lotta di classe generale, spesso separando date e cortei da altre migliaia di lavoratori in sciopero, oltre a creare disagi nei luoghi di lavoro ha l’effetto deleterio di compartimentare, isolare — e quindi indebolire! — le lotte, nonché di impedire la costruzione di un più ampio e attrattivo fronte sindacale conflittuale in grado di intercettare le realtà più combattive.
Quali prospettive?
La legge di bilancio sottrarrà ulteriori risorse al proletariato, diminuendo le spese allo Stato sociale in comparti chiave già disastrati come la sanità pubblica e l’istruzione; la crisi mondiale dell’automotive, che in questi giorni stiamo vedendo estendersi anche in altri settori industriali come l'elettrodomestico (si pensi ai duemila licenziamenti annunciati dalla Beko in Italia e che ha portato all’immediata mobilitazione dei lavoratori), si sta abbattendo sull’indotto lasciando a casa migliaia di operai.
Se oggi vogliamo dare un seguito ed evitare di disperdere l’importante giornata di sciopero del 29 novembre, dobbiamo unire tutte le lotte contro il sistema che le genera, che sfrutta e opprime la stragrande maggioranza dell’umanità. Dobbiamo unirci nel sostegno all’eroica Resistenza del popolo palestinese che da 76 anni combatte contro l’occupazione sionista dello Stato d’Israele, avamposto in Medio Oriente di quello stesso imperialismo che sfrutta i lavoratori di tutto il mondo; dobbiamo unirci nella lotta all’oppressione contro le donne e la comunità lgbtq+ e alla lotta contro il razzismo e la xenofobia: tutte oppressioni che dividono il proletariato per indebolirlo e creare eserciti di riserva con lo scopo di abbassare le condizioni generali di tutta la classe lavoratrice.
È necessario lottare nei sindacati e nei movimenti per un programma di classe e per la costruzione di un fronte unitario di opposizione dei lavoratori, per cacciare il governo Meloni e tutti gli altri governi della borghesia, e rimettere il potere nelle mani di chi produce la ricchezza, verso un sistema, il socialismo, che coniugherà le condizioni di vita, il rispetto per l’ambiente e la natura all’interesse della collettività.
Anche per questo, dobbiamo costruire una direzione politica rivoluzionaria che sia in grado di contrastare l’azione delle direzioni opportuniste, riformiste e burocratiche: quello che in Italia cerca di fare il Pdac, sezione della Lit-Quarta Internazionale.