Partito di Alternativa Comunista

Brasile: la capitolazione della Frazione Trotskista (Mrt) al fronte popolare

Brasile: la capitolazione della Frazione Trotskista (Mrt)

al fronte popolare

Sulla leggenda del "golpe bianco" in Brasile

e dell"onda reazionaria" in America Latina



di Alejandro Iturbe (*)


Traduciamo e pubblichiamo (con alcuni tagli di parti relative a vicende esclusivamente brasiliane che richiederebbero un lungo apparato di note esplicative), a distanza di un anno dalla sua stesura, questo articolo di polemica con il Mrt (riferimento in Brasile della Ft, il coordinamento internazionale raccolto attorno al Pts argentino). Al di là di alcuni elementi relativi al periodo in cui è stato scritto, nell'essenziale resta pienamente attuale non solo in relazione alla Ft ma anche alla stragrande maggioranza delle forze della sinistra che, in Italia e nel mondo, hanno sostenuto come la Ft che in Brasile ci sarebbe stato nella primavera 2016 un "golpe bianco" (la destituzione di Dilma a favore di Temer) e dunque che il movimento operaio sarebbe in una situazione arretrata, in sintonia con la (presunta) "onda reazionaria" che investirebbe l'America Latina.
Questa "analisi" ("golpe" e "onda reazionaria"), che già era priva di fondamento un anno fa, in quanto dal 2013 si è aperta una situazione pre-rivoluzionaria in Brasile, con l'ascesa delle lotte; questa analisi diventa grottesca quando viene ripetuta in questi giorni, dopo che il Brasile ha conosciuto il 28 aprile il più grande sciopero generale della sua storia; e le piazze si preparano a cacciare il governo e ad accerchiare (il 24 maggio) i palazzi del potere a Brasilia; mentre la Conlutas e il Pstu chiamano a uno sciopero generale di 48 ore.
Ma l'articolo di Iturbe è utile soprattutto per farci vedere come dietro queste pseudo-analisi della Ft (e della sinistra riformista e centrista mondiale al gran completo) ci sia non un errore di valutazione ma l'opportunismo.

(redazione web)



Il Movimento Rivoluzionario dei Lavoratori (Mrt) sta pubblicando una serie di articoli sulla pagina www.esquerdadiario.com.br con proprie analisi e posizioni sulla crisi politica in Brasile. In questi articoli muove forti critiche al Pstu (sezione brasiliana della Lit-Quarta Internazionale) per la sue posizioni di fronte a questa crisi.
Quest’ultimo fatto non è una novità: dacché aveva il nome di Lega Strategia Rivoluzionaria (Ler), questa corrente ha dedicato parte importante dei suoi materiali di propaganda per attaccare il Pstu. Quello che risulta nuovo è che prima gli attacchi erano realizzati da un ottica settaria e ultrasinistra, e ora sono realizzati con argomentazioni simili a quelle del Psol (partito in cui confluisce gran parte della sinistra riformista e centrista, ndt), del Fronte della Gente senza Paura (composto da Psol, l’Mtst e varie organizzazioni che fanno parte o appoggiano il governo di Dilma Rousseff come il Partito Comunista del Brasile, la Cut, la studentesca Une, etc.) e a quelle dello stesso Pt (il partito di Lula e della destituita presidente Dilma, ndt).

Parola più o parola meno, il ragionamento è il seguente: in Brasile e in America Latina ci sarebbe una “svolta reazionaria” nella situazione politica, perché la rottura dei lavoratori e delle masse con i governi borghesi di fronte popolare e populisti (come il kirchnerismo in Argentina, il chavismo in Venezuela, il petismo in Brasile) verrebbe capitalizzata dalla destra. In questo senso vanno letti le vittorie elettorali di Macri alle presidenziali argentine e dell’opposizione borghese venezuelana alle recenti legislative: risultati elettorali che determinerebbero cambiamenti nella situazione politica (la “svolta reazionaria”).

Nel caso del Brasile, questo si esprimerebbe nelle grandi mobilitazioni di massa convocate contro il governo Dilma, che fanno avanzare l'impeachment per destituirla (come detto nell'introduzione, questo articolo è stato scritto subito prima della destituzione di Dilma, ndt).

Secondo il Pt e il Fronte della Gente senza Paura, questo significherebbe “un colpo di Stato”. L’Mrt attenua di poco questa definizione e lo chiama “golpe istituzionale”.

Aldilà di queste sottili sfumature, tutti costoro concordano dunque che la priorità sarebbe “difendere la democrazia di fronte al golpe” e, pertanto, opporsi alla caduta di Dilma.
E’ chiaro che allo stesso tempo fanno appello a lottare contro le manovra di austerità che applica il governo e a costruire un’alternativa indipendente dei lavoratori: però, data la presunta imminenza del “golpe istituzionale”, ciò resta nei fatti subordinato alla necessità della “difesa della democrazia”.
La posizione del Pstu di chiamare le masse a lottare per il “Via tutti” (tanto il governo come il parlamento corrotto e contro tutti i rappresentanti della borghesia che stanno al governo o all’opposizione, si dicano di destra o di sinistra) è qualificata dall’Mrt come utile o funzionale alla destra perché comunque chiama a rovesciare il governo Dilma.


Di che golpe parlano?

Nell’articolo “La caduta di Dilma sarebbe un golpe?” (1), la direzione nazionale del Pstu risponde alla falsità di queste analisi e spiega come la posizione del Pstu rappresenti l’unica ricerca di una vera alternativa dei lavoratori stessi.
Sul tema specifico del “golpe”, l’articolo del nostro partito comincia con la definizione di cosa debba intendersi quando usiamo questa parola: “Affinché si verifichi un colpo di Stato è necessrio che l’imperialismo e la borghesia, o una buona parte di essa, i cui interessi stiano venendo contrastati dal governo in carica, si propongano di deporlo con la forza. Questo contro la volontà della classe operaia e della maggioranza della popolazione. Un golpe significa la sospensione delle libertà democratiche e l’istaurazione di un altro regime politico. Ciò viene attuato scavalcando la costituzione vigente, retrocedendo rispetto alle libertà democratiche e all’indipendenza dei tre poteri della democrazia borghese.”

Cioè, deve esserci un cambiamento reazionario del regime (contro il movimento operaio e di massa) mediante l’uso della forza. Per questo, come elemento essenziale: “Un colpo di Stato esigerebbe, inoltre, che il settore golpista della borghesia abbia l’appoggio delle Forze Armate”, o per prendere direttamente il potere o per appoggiare il settore borghese che lo prende.

Quanto sta accadendo in Brasile è qualcosa di totalmente diverso: “è la lotta tra due blocchi borghesi: il blocco di governo del Pt e quello dell’opposizione borghese. Una lotta per decidere chi debba governare in questo momento di crisi e applicare con maggiore efficacia la finanziaria dei banchieri”
La maggiornaza della borghesia si sta orientando per porre fine al governo del Pt e rimpiazzarlo con un altro dalla differente base parlamentare (Pmdb-Psdb). Questo, chiaramente, genera una forte crisi istituzionale e relativa a tutta la vita politica del Brasile. Però si tratta di un cambiamento interno al regime attuale e che si produrrebbe senza modificarlo.
Qualificare questo cambiamento interno al regime come “golpe istituzionale” significa camuffare la realtà con una definizione che finisce per essere un “ponte” utile ad unirsi con quelli che dicono che l’essenziale oggi è “difendere la democrazia” e, pertanto, che sarebbe un errore chiamare le masse ad abbattere con la loro lotta il governo Dilma (e anche il parlamento corrotto e tutta l’opposizione borghese di destra).

Si potrebbe argomentare che se Dilma dovesse andarsene e subentrasse il vicepresidente Michel Temer con una base parlamentare Pmdb-Psdb, si produrrebbe una truffa ai danni della maggiornanza che ha votato Dilma come presidente. In realtà, la prima truffa l’hanno realizzata Dilma (e prima Lula) e lo stesso Pt che hanno fatto le loro campagne elettorali con molte promesse di cambiamento, e poi hanno governato per e insieme alla borghesia e all’imperialismo (...). Possiamo aggiungere che uno degli obiettivi centrali di tutti i regimi democratico borghesi parlamentari sia di truffare i lavoratori e le masse. L’attuale disputa tra il Pt, i suoi alleati e l’opposizione di destra è, quindi, una disputa tra “truffatori”, ma interna al regime attuale e senza necessità nè pretesa di cambiarlo.


C’è una svolta reazionaria?

Un altro dibattito centrale con l’Mrt è sulla “svolta reazionaria” che esso indica, analogamente alla maggioranza della sinistra. Non concordiamo con questa visione: la consideriamo un’analisi superficiale, che porta a conclusioni equivoche nella sua interpretazione della realtà e dei processi che si stanno verificando nella coscienza delle masse.
E’ superficiale perché prende in considerazione soltanto l’aspetto sovrastrutturale (i risultati elettorali) o che un settore delle masse partecipi a mobilitazioni convocate dalla destra, senza considerare gli aspetti più profondi della lotta di classe.

Nel decennio del 1990 dominarono i governi latinoamericani chiamati “neoliberali”. Applicarono una politica di tagli e privatizzazioni dell’economia dei propri Paesi e attaccarono duramente le condizioni lavorative e di salario. All’inizio del XXI secolo, la risposta di lotta dei lavoratori e delle masse contro di essi diede vita a processi rivoluzionari in vari Paesi e, in molti casi, si abbatterono questi governi: nel 2000 in Ecuador; nel 2001 in Argentina; nel 2003 in Bolivia. In Venezuela questo già si era realizzato nel 1989 e la situazione si approfondì nel 2002-2003, quando la mobilitazione dei lavoratori e del popolo sconfisse il golpe e la serrata padronale contro il governo di Chavez.

Le borghesie nazionali e l’imperialismo erano sulla difensiva e, in risposta a questi processi rivoluzionari su scala continentale, accettarono (e in molti casi diedero impulso a) governi di fronte popolare (di conciliazione di classe) o populisti: Chávez, Rafael Correa, Néstor Kirchner ed Evo Morales. In Brasile, in modo preventivo, giunsero al governo Lula e il Pt.

Questi governi riflettevano una profonda contraddizione. Da un lato, erano un’espressione distorta dell’ascesa rivoluzionaria, e per questo molti di essi “vestirono di rosso” e di antimperialismo il proprio discorso, realizzarono alcune misure nazionaliste blande e parziali, e fecero alcune concessioni alle masse. Dall’altro lato, erano borghesi fino al midollo e il loro obiettivo centrale era frenare le rivoluzioni e salvare il capitalismo e il regime borghese. Per questo, non hanno mai oltrepassato i limiti del sistema economico capitalista, né del suo Stato. Qui si applica con tutta la forza un principio sempre più attuale: chi non rompe con l’imperialismo e con il capitale finanziario finisce, presto o tardi, per divenirne strumento.


Le crisi di questi governi

Per svariati anni questi governi ebbero il “vento in poppa” della situazione economica mondiale (2002-2011) per gli alti prezzi delle materie prime e degli alimenti, esportati grazie alla domanda della Cina.
A partire dal 2011-2012, la “bonaccia” giunse al termine e questi governi dovettero cominciare ad applicare piani economici sempre più duri e ad attaccare le concessioni fatte in materia di sanità ed istruzione, di condizioni di lavoro, occupazione ecc. Cominciarono ad applicare il programma della destra neoliberale e, in molti casi, a portare i suoi rappresentati (della destra, ndt) al governo (come Kátia Abreu in Brasile). A questo punto dunque iniziò la profonda erosione del loro peso tra i lavoratori e le masse. Furono efficaci per salvare in un primo momento lo Stato borghese e il capitalismo, però allo stesso tempo posero le basi della successiva crisi.

Riuscirono a sviare e frenare i processi rivoluzionari ma non li sconfissero nella lotta. E i lavoratori ora entrano in lotta (con scioperi e mobilitazioni) per combattere le misure finanziarie di governi, aprendo così la possibilità di una nuova ascesa generalizzata.


Perché vince o si rafforza la destra?

Durante vari anni, i lavoratori e le masse videro questi governi (di fronte popolare e populisti, ndr) come “propri”. Però nella misura in cui applicavano i piani di tagli, iniziarono a rompere con essi (e a lottare contro di essi). Una rottura che si è accentuata perché, trattandosi di settori borghesi minori o in formazione, i livelli di corruzione statale sono in generale più evidenti che nei governi borghesi “normali” (dove le cose vengono fatte generalmente in forma più scaltra).
Questo permette alla opposizione di destra di camuffare il suo discorso: non dice “faremo tagli feroci” ma dice “basta corruzione” e “abbiamo bisogno di un ricambio con gente onesta, efficiente e capace”. In questo modo, all’elettorato più tradizionalista e tipico di questa destra si sommano molti lavoratori che esprimono (attraverso il “voto punitivo”, al quale porta la trappola delle elezioni borghesi) la propria rabbia e la propria frustazione per le promesse irrealizzate di trasformazione della società che avevano fatto i populisti (dei governi di fronte popolare, ndt). Con un ragionamento sbagliato, la rabbia porta alla conclusione che “chiunque è meglio di questa gente”. (...)


I complessi processi della coscienza di classe

In ultima istanza, sono gli stessi governi di fronte popolare e populisti i responsabili dell’ascesa elettorale e dei trionfi della destra, e del peso della mobilitazione che questa ha ottenuto in Brasile. In primo luogo, per aver frustrato le aspettative popolari di cambiamento che dicevano di rappresentare. In secondo luogo, perché ora sono governi di “puri attuatori di tagli". In terzo luogo, perché il presentarsi come la “sinistra” e come l’elemento popolare” contro “la destra”, constribuisce ad alimentare la falsa polarizzazione per la quale ci sarebbero solo due alternative, entrambe borghesi.
Da parte di questi governi, l'affermazione che ci sarebbe “una svolta reazionaria” della fase ha come obiettivo evitare (o ritardare) che le masse rompano con loro. Da un lato, per dire alle masse che non lottino contro i tagli che loro applicano perché altrimenti “si farebbe il gioco della destra”. Dall’altro, nei processi elettorali, per guadagnare voti, perché “bisogna difendere le conquiste” e “quelli che possono venire sono molto peggio di noi”. Se c’è una sconfitta elettorale, serve loro per “lavarsi le mani” e scaricare le responsabilità sulle masse che non hanno saputo distinguere il bene dal male.

Le correnti di sinistra che appoggiano e/o difendono questi governi (anche con critiche ma con argomentazioni secondo le quali “non sono la stessa cosa” o “bisogna difendere la democrazia”) non fanno nient’altro che “abbellirli” e frenare la lotta contro di essi, e così si rendono loro complici o, come minimo, capitolano ad essi.

L’azione e la coscienza delle masse sono passati attraverso processi altamente contraddittori in questi anni. Prima hanno lottato contro i governi e le politiche neoliberali e, in vari Paesi, li hanno abbattuti. Poi hanno creduto erroneamente che i governi di fronte popolare e populisti avrebbero potuto essere gli strumenti per il cambiamento al quale aspiravano. Più recentemente, hanno iniziato a lottare contro i tagli di questi governi e a rompere con essi.

Questa rottura è un grande avanzamento nella loro coscienza. Però non è un avanzamento lineare, bensì altamente contraddittorio perché, di fronte alla falsa polarizzazione, un settore resta a “difendere le conquiste” e un altro si confonde con il “qualsiasi cosa è meglio” e appoggia elettoralmente la destra (o simpatizza con le sue mobilitazioni). Ma questa rottura dei lavoratori e delle masse con il kirchnerismo, il chavismo, il Pt o Evo Morales, è il processo più importante che si sta verificando nella coscienza delle masse perché senza di esso non ci sarebbe possibilità di costruire una forte alternativa operaia, rivoluzionaria e socialista, alla crisi del capitalismo.

Questa rottura politica è il processo che aspettavamo da anni.


La capitolazione al fronte popolare

Naturalmente, spetta ai rivoluzionari spingere alla costruzione di quest’alternativa, essenzialmente nelle lotte operaie e nell’organizzazione delle masse. Un compito che può realizzarsi solo sulla base di proposte con posizioni chiare di classe, che non capitolino ai fronti popolari, specificatamente al governo di Dilma e al Pt (anche laddove ciò avviene con la scusa che “bisogna bloccare il golpe istituzionale”).
Quì si addice una metafora usata da Trotsky per analizzare il fronte popolare al governo in Francia negli anni Trenta. Egli diceva che molte volte la politica assomiglia a un treno nel quale ciascun vagone si va ad agganciare, dicendo di stare “alla sinistra" del precedente, e con delle critiche verso il vagone più a destra, marciando però tutti insieme nella stessa direzione trainati dalla locomotiva.

Quì la locomotiva del governo di fronte popolare è il Pt e Dilma. Dietro si agganciano l’Mtst e il Psol, che dicono che il governo è “cattivo” ma che bisogna “difendere la democrazia” e “sconfiggere il golpe” e, in ogni caso, aspettare le elezioni del 2018 per cambiare. E dietro ancora viene l’Mrt, che ci propone di lottare molto contro il governo del Pt, ma ci spiega che ora non bisogna rovesciarlo bensì difenderlo contro la destra.

Non è casuale che l’Mrt ("sezione" della Ft-Pts in Brasile, ndt) abbia chiesto di entrare nel Psol e che faccia di questa richiesta una delle sue campagne principali. In pratica hanno collocato il loro vagone alla coda del treno guidato da Dilma e Lula, e a essi capitolano in maniera evidente.

La politica dell’Mrt va contro il processo più ricco e positivo per la coscienza dei lavoratori e delle masse (la rottura con il PT e il fronte popolare), base necessaria per costruire una alternativa rivoluzionaria dei lavoratori. In realtà, assomigliano a quelli che cercano di rinviare un processo di concepimento già iniziato, perché questo non si realizza in “forma pura” ma in modo molto più confuso. Come pretendono che il processo avanzi e si sviluppi nel modo più positivo se dicono che si tratta di una “svolta reazionaria” e rispondono capitolando al Pt? In realtà, in modo indiretto, anche l’Mrt capitola alla destra brasiliana perché semplicemente le regala lo spazio di opposizione al governo, al posto di disputarlo apertamente e con una politica di classe.

Qui l’Mrt entra in una contraddizione politica senza uscita, che lo porta a non proporre alcuna azione politica concreta. (...) Ora fa appello a non partecipare alle manifestazioni del 1° aprile convocate dalla Csp-Conlutas, lo Spazio di Unità d’Azione e il Pstu, perché sarebbero “utili alla destra”. In realtà, queste ultime saranno le uniche mobilitazioni con proposte indipendenti affinché la classe lavoratrice costruisca la propria alternativa alla crisi, tanto contro il governo come contro l’opposizione borghese di destra.

Un’alternativa che è iniziata a costruirsi (...) in azioni come il blocco e la mobilitazione dei lavoratori della General Motors di San José dos Campos, in appoggio alla politica proposta dalla Csp-Conlutas e dal Pstu. Sono azioni piccole di fronte a quelle che sarebbero necessarie per imporre una via d’uscita della classe operaia. Però sono un indicazione di quello che propone il Pstu e di come comincia ad essere assunto da settori della classe operaia (ricordiamo nuovamente che l'articolo è stato scritto un anno fa, prima dell'impressionante ulteriore ascesa degli ultimi mesi, ndt).

Nel frattempo, l’Mrt “sfoglia la sua margherita”: Via Dilma, no; Via tutti, nemmeno; Resti Dilma, sì (ma è brutto da dire).

(...)


Un cambiamento profondo

Abbiamo detto che gli attacchi al Pstu sono stati una costante dell’organizzazione che ora si chiama Mrt. Senza dubbio, quando si chiamava Ler, le sue critiche provenivano da posizioni settarie ed estremiste, come considerare “inaccettabile” la formazione di una lista comune tra la gioventù del Pstu e quella del Mes-Psol per disputare il Dce (studenti) dell’Università di San Paolo. Ora questa corrente non solo si è dimenticata dell’ “inaccettabile” ma persino chiede di entrare nel Psol e difende la politica del Psol come se fosse parte dello stesso partito. Cosa è successo nel frattempo? Che trasformazione si è verificata tra le due posizioni (opposte, diremmo)?
Una prima risposta la troviamo nel testo del “Manifesto del Movimento Rivoluzionario dei Lavoratori, in campagna per l'ingresso del Mrt nel Psol”. In questo testo si afferma:

“Il Psol è un partito che, prima di tutto, alle ultime elezioni, con la candidatura di Luciana Genro e diversi deputati, si è presentato come un’alternativa alla sinistra del Pt per un importante auditorio di massa. Luciana ha ottenuto 1,6 milioni di voti come importante espressione della lotta ai settori più conservatori della politica brasiliana”. Per questo, la proposta dell’Mrt è “lottare con le nostre idee rivoluzionarie dentro il Psol per costruire una forte alternativa dei lavoratori”. Al contrario, continua il testo, “il Pstu, nonostante porti avanti punti corretti di programma, sta rinunciando a presentarsi come una vera alternativa, sempre più fermo a un sindacalismo che agita nella propaganda lo ‘sciopero generale’, ma non dà una risposta alla crisi del Pt né alla lotta di classe”

In un altro testo, l’Mrt afferma che, per la differenza di voti ottenuti da ambo i partiti alla elezioni, “quello che dobbiamo avere in chiaro è che la tendenza è l’ascesa politica del Psol di fronte alla crisi del Pt, e che il Pstu si consolida come una grande setta sindacalista che sparisce dal terreno politico”, nonostante il riconoscimento che “nella CSP-Conlutas stanno i sindacati antigovernativi del Paese”.

Traduciamo il ragionamento dell’Mrt: l’importante, per avere peso politico ed “essere un’alternativa”, è ottenere molti voti e deputati. Viceversa, se si ha un peso di direzione nella centrale nella quale si raggruppano i sindacati che lottano contro il governo del Pt (cioè, peso strutturale e organizzativo nella classe lavoratrice), ma si raccolgono pochi voti, un partito si converte in una “setta sindacalista grande” senza futuro politico.

La malattia che affligge l’Mrt, e che ha lo trasformato, ha un nome chiaro: opportunismo elettoralista, un male che già ha “mutato” una gran parte della sinistra brasiliana e mondiale e, a quanto si vede, non lascia immuni nemmeno quelli che si considerano “super-rivoluzionari”.

E’ l’azione corrosiva della poltiica dell’imperialismo e della borghesia che abbiamo denominato “reazione democratica”. Da un lato, è volta a evitare o sviare le lotte e le rivoluzioni, portandole sul binario morto della democrazia elettorale e parlamentare borghese. Dall’altro, corrode e corrompe organizzazioni rivoluzionarie che credono di poter “farsi beffa della storia” ricorrendo ad una strada che sembra più facile (voti e deputati), ma che li porta a trasformarsi in un’altra cosa e a perdere il proprio carattere rivoluzionario. Ora sembra che la vita passi attraverso le elezioni e il parlamento, e tutto si orienta in funzione di esso, anche se si continua a chiamare “alla lotta”.

Per evitare false discussioni: non nutriamo nessun “cretinismo” antielettorale o antiparlamentare. Proprio come difendevano Lenin, Trotsky e la III Internazionale, siamo a favore della partecipazione alle elezioni con nostri candidati per diffondere e popolarizzare il programma rivoluzionario tra le masse. Nel quadro di questa attività, vogliamo ottenere il maggior numero di voti per questo programma e, se è possibile, eleggere deputati o parlamentari affinché siano tribuni della classe operaia in una istituzione nemica e aiutino a eroderla e distruggerla. La cosa verso la quale siamo totalmente contrari è trasformare questa nell’attività centrale e nell’asse di un partito rivoluzionario (cioè, in qualcosa di più di “un punto d’appoggio secondario”, secondo l'espressione di Lenin). O di misurare gli avanzamenti e il peso di un partito solo (o essenzialmente) per i voti che ottiene e non per la sua costruzione strutturale ed il suo peso nelle organizzazioni della classe operaia.
In realtà, non è stato solo l’Mrt a contrarre tale malattia. Questa organizzazione esprime il contagio del principale partito della sua organizzazione internazionale, la Frazione Trotskista (FT): il Pts argentino.
Questa organizzazione, che ha iniziato ad assaporare il "miele" dell’esito elettorale, come parte del Fit (Fronte elettorale, ndr), da vari anni si sta comportando come un’organizzazione elettoralista e parlamentarista: dall’adattamento del suo linguaggio (affermando, come lo spagnolo Podemos, che la lotta è “contro la casta politca”) fino alla trasformazione dei suoi deputati (Nicolàs del Caño e Myriam Bregman) nelle principali figure e nell’asse dell’azione politica del partito, a discapito dei propri dirigenti e quadri operai. Arrivando alle tattiche parlamentari di appoggiare proposte dei deputati kirchneristi (ora all’opposizione). Così è successo con l’appoggio a una posizione molto arretrata nel dibattito sul pagamento del debito agli "avvoltoi" (senza nessun riferimento al resto del debito estero), senza nemmeno la giustificazione che i propri voti avrebbero permesso di impedire questo pagamento.

La Ft-Pts-Mrt proviene da una corrente che ruppe con la Lit e il morenismo (alla fine degli anni Ottanta) accusandoci di capitolare alla cosidetta “teoria dei campi borghesi progressivi e reazionari” e di essere “elettoralisti”. Oggi “leggono” la realtà ed elaborano le proprie posizioni sulla base del più puro elettoralismo (con totale disprezzo del lavoro e del peso nelle organizzazioni della classe operaia), e finiscono capitolando (con un po’ di vergogna, chiaro) al campo borghese che il Pt dirige, o all’opposizione borghese del kirchnerismo!

Non resta che citare la frase di Don Chisciotte al suo fedele scudiero: “Vedrai cose, Sancho, da non credere”.



Note

[1] http://litci.org/es/lit-ci-y-partidos/partidos/pstu-brasil/la-caida-de-dilma-seria-un-golpe/


(*) dal sito della Lit - Quarta Internazionale www.litci.org

(traduzione dall'originale in spagnolo di Nico Buendia).



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