Partito di Alternativa Comunista

La due giorni del Pdac a Rimini

L’Europa in crisi: riforme o rivoluzione?
La due giorni del Pdac a Rimini

Intervista a Bavassano

(responsabile Formazione Pdac)

 

redazione web

Anche quest’anno si terrà il consueto incontro annuale organizzato da Alternativa comunista a fine estate, un incontro di formazione, discussione e incontro con esponenti delle varie lotte del Paese. Ne parliamo con Matteo Bavassano, responsabile del Dipartimento formazione e pubblicazioni teoriche del Pdac.
Matteo, che significato ha questa Due giorni, che ormai è diventato un appuntamento annuale irrinunciabile per il partito?

Io credo che negli anni questo incontro di fine estate sia diventato parte integrante della vita del partito: è un momento in cui i militanti di tutta Italia si incontrano tra loro al di fuori della “normale” vita del partito fatta da riunioni di sezione, seminari di formazione e soprattutto lotte e manifestazioni, ed è il momento in cui il partito, in maniera collettiva direi, incontra tutti quei contatti, quegli attivisti, quegli esponenti di lotte che i nostri militanti hanno conosciuto in un intero anno di attività e di intervento. È, di fatto, diventato il principale momento di proiezione pubblica del partito, il momento migliore per venire a conoscere il Pdac, capire chi siamo e cosa facciamo e, perché no, magari decidere di entrare in questo progetto politico rivoluzionario. Non mancheranno nemmeno quest’anno dei momenti di svago in cui conoscere meglio gli altri partecipanti.

E, lasciatemelo dire, in questi anni la Due giorni è cambiata e migliorata, riflettendo i cambiamenti stessi del partito e della situazione sociale e politica italiana. Se qualche anno fa era un momento più seminariale, di formazione teorica propriamente detta, dopo il ritorno della rivoluzione con le Primavere arabe si è aperto sempre di più alle lotte che nascevamo su vari fronti, sia nazionali che internazionali. Così abbiamo deciso di cambiare leggermente il programma della Due giorni, inserendo una tavola rotonda nella giornata di domenica, in modo da aprire il confronto su un terreno che diventa centrale nella nuova fase che si era venuta a creare: le lotte, la loro direzione e finalità e la necessità dell’unità di classe per farle vincere contro i padroni. Quest’anno la domenica rifletterà invece l’importanza di un tema centrale che abbiamo affrontato al nostro ultimo congresso [il 4°, tenutosi a maggio ndr], quello dell’oppressione delle donne nella società capitalista.

Ecco, parliamo delle tematiche della Due giorni di quest’anno. Il titolo è “L’Europa in crisi: riforme o rivoluzione?”. Come mai avete scelto questo tema?

Perché ci sembrava il tema più attuale, quello che la “sinistra radicale” (per usare un termine che mi piace poco, ma molto mainstream) dibatte costantemente, giorno per giorno, quando parla del governo Tsipras, delle “Istituzioni” europee (cioè la Troika), di Podemos: tutto questo dibattito riflette la ricerca di una soluzione profonda alla crisi dell’Unione europea in quanto creazione funzionale allo sfruttamento imperialistico e alla valorizzazione dei capitali nazionali più forti d’Europa, a danno non solo dei Paesi coloniali propriamente detti, ma anche dei Paesi europei le cui economie sono maggiormente in crisi (Grecia, Spagna, Portogallo, Italia…).
Dobbiamo tenere presente che questa discussione si svolge nella situazione aperta dalla crisi greca del 2011, dalle rivoluzioni arabe e dalla mobilitazione del 15M in Spagna (i cosiddetti indignados), cioè dei movimenti sociali che hanno aggiunto un nuovo fattore oggettivo alla situazione di crisi del capitalismo che perdurava dal 2007-2008: questo fattore era una imponente mobilitazione delle masse. Mancava in questa situazione l’elemento soggettivo, una direzione consapevole di quelle lotte e soprattutto conseguente con le finalità profonde che generavano quelle mobilitazioni. Come si sa, la natura tende a colmare il vuoto, ed ecco sorgere come riflesso a nostro parere distorto di quelle mobilitazioni, delle nuove formazioni neo-riformiste nei Paesi europei che più erano stati scossi da mobilitazioni, cioè Grecia e Spagna. Ma gli eventi politici, soprattutto nell’epoca della cosiddetta “globalizzazione”, non possono stare confinati nei vari Paesi: influenzano invece anche le dinamiche politiche di quei Paesi che non sono stati toccati direttamente dalla mobilitazione (seppure in maniera e con una intensità diversa da Paese a Paese). È sorto così tutto un processo che nell’ultimo congresso della Lit è stato definito come una riorganizzazione politica e sindacale: se questa opera a sinistra, opera però anche nell’ambito della destra.

In questo quadro una nuova svolta relativa si è avuta con le elezioni greche che hanno portato al governo Syriza, generando innumerevoli illusioni tra le masse e smascherando i centristi in ogni dove, cioè tutti quelli che fingono di non credere a Syriza, ma nei fatti appoggiano Tsipras. Le ultime elezioni municipali spagnole hanno rafforzato queste tendenze. Il tema che abbiamo scelto quindi non solo è centrale attualmente nel dibattito politico a sinistra, ma è anche strategicamente centrale, un dibattito necessario per definire i compiti e la tattica dei comunisti nella prossima fase, una discussione che deve essere affrontata da chiunque abbia la volontà di ricostruire un partito rivoluzionario mondiale, partito che serva alla presa del potere e alla rivoluzione socialista. Senza anticipare troppo le tematiche della Due giorni, partiremo da un’analisi dei fenomeni sociali che si sono visti negli ultimi anni, scruteremo a fondo sulla natura reale del governo di Syriza, e poi proporremo quello che, secondo noi, è il programma che i rivoluzionari devono avanzare in Europa per strappare ai riformisti la simpatia politica delle avanguardie.

Sembra un tema centrale per la prossima fase politica, non solo a livello europeo, ma mondiale. Ma come si lega la tavola rotonda del secondo giorno al tema del seminario?

Come dicevo prima, la tavola rotonda è concepita come un momento in cui le tematiche più teoriche e politiche discusse nella prima giornata vengono calate nella realtà concreta della quotidiana lotta di classe. E qui andiamo ad incontrare diverse ragioni per parlare di lotte e oppressione maschilista della donna, da quelle di carattere più generale (ma non per questo meno importanti) a quelle più specifiche e contingenti.
Si potrebbe quindi cominciare dicendo che le donne sono almeno la metà della classe lavoratrice e delle masse oppresse e sfruttate, se non addirittura la maggioranza, ma indubbiamente non sono altrettanto rappresentate nei partiti di sinistra, anche quelli della cosiddetta sinistra radicale, come è difficile trovarle in posizioni non subalterne agli uomini nei sindacati o in molti centri sociali. È questo indubbiamente un prodotto della società borghese maschilista nella quale viviamo, ma vi è indubbiamente un certo grado di interiorizzazione dell’oppressione femminile all’interno delle organizzazioni della classe operaia, che va combattuta per permettere alle compagne di fare politica sempre più attivamente.

Il secondo aspetto è che la reazione padronale alla crisi del capitalismo ad oggi colpisce maggiormente le donne, che vengono sempre più spinte a tornare ad essere “guardiane del focolare domestico” non certo per scelta ma per necessità. Oltre alla disoccupazione femminile causata direttamente dai licenziamenti, dobbiamo tenere conto che le misure di austerità che i governi stanno attuando, riducendo i servizi sociali, vanno a colpire principalmente le donne: sono infatti loro che, complice la mentalità sessista della società, abbandonano il lavoro per accudire gli anziani o i figli piccoli o i parenti disabili. Le donne diventano così una specie di “valvola di sfogo” sociale per l’austerità della società borghese in decomposizione: il maschilismo prova ancora di essere perfettamente funzionale al capitale.

La ragione poi più contingente, e forse la più decisiva, è che in realtà, nonostante tutti i condizionamenti della società borghese maschilista, le donne sono oggi protagoniste in molte delle lotte a livello sia nazionale che internazionale: senza scomodare l’ormai celebre esempio delle donne combattenti di Kobane, potremmo citare le lavoratrici della Yoox di Bologna, iscritte al Sicobas e già ospiti nella passata edizione della Due giorni, che hanno portato avanti nella loro azienda una lotta contro il maschilismo e per la dignità delle donne lavoratrici, oppure pensiamo alle lotte dei professori e degli insegnanti contro la riforma della scuola targata Renzi e Pd: notoriamente le donne sono la maggioranza in questo settore lavorativo, e sono loro che stanno portando avanti, tra mille difficoltà, una lotta implacabile contro i disegni dei padroni che vogliono distruggere la scuola pubblica. Ecco questo è solo un piccolo anticipo di quanto si discuterà al nostro incontro di settembre. Inutile dire che l’invito è a tutti di parteciparvi.

 

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