Partito di Alternativa Comunista

Non si tratta di una nuova normalità! Basta con la banalizzazione della morte!

Non si tratta di una nuova normalità! Basta con la banalizzazione della morte!

 

 

 

di Alejandro Iturbe

 

 

In un recente articolo, abbiamo denunciato le campagne dei vari governi dei Paesi imperialisti e di altri Paesi che affermavano che la pandemia di coronavirus stava volgendo al termine e avvertivamo che questa era una menzogna. Purtroppo sia la realtà che le valutazioni dei più seri esperti hanno confermato questa nostra previsione.
Nell'articolo a cui ci riferiamo, abbiamo evidenziato come la grande disuguaglianza nelle percentuali e nel ritmo di vaccinazione tra i paesi imperialisti e il resto del mondo (chiara espressione della disuguaglianza nella gerarchia economico-sociale dei Paesi) abbia determinato una forte persistenza della pandemia in gran parte del mondo (ad esempio in paesi densamente popolati come India e Brasile). In questo quadro, per il suo naturale processo di mutazione genetica, sono emersi nuovi ceppi del virus (come la variante delta) che hanno mostrato un processo di contagio e diffusione più accelerati rispetto al virus originario e, inoltre, l’azione patologica sull'organismo umano era più forte e più resistente ai vari trattamenti già sperimentati. Allo stesso tempo, avvertivamo come «nelle attuali dinamiche del trasporto merci e degli spostamenti delle persone in tutto il mondo, sarebbe stato inevitabile che questi nuovi ceppi sarebbero tornati come un boomerang e fossero rientrati negli stessi Paesi imperialisti».
Questa analisi coincide con quella proposta da Larry Brilliant, esperto epidemiologo che ha fatto parte delle équipe dell'OMS che ha debellato il vaiolo, e combattuto contro l'influenza e la poliomielite. In recenti dichiarazioni, ha considerato la bassa percentuale di persone vaccinate contro il Covid-19: «Solo il 15% delle persone nel mondo è stato vaccinato e alcuni Paesi non hanno nemmeno vaccinato il 5% dei loro abitanti. Non ci sono vaccini disponibili in tutti i Paesi. Penso che siamo più vicini all'inizio che alla fine della pandemia». Ha aggiunto che «la variante Delta è forse il virus più contagioso mai registrato» e, allo stesso tempo, ha dichiarato che se anche questo ceppo scomparisse o venisse controllato, ci sarebbe «l'emergere di nuove varianti».
Rispetto a questo tema delle nuove varianti o ceppi di coronavirus, va aggiunto che è già stata individuata una nuova «variante lambda», localizzata inizialmente in Perù ma che ha già iniziato ad espandersi anche negli Usa dove, da un primo caso rilevato in Texas, un mese dopo erano già più 1.000, secondo i dati dell'organizzazione indipendente specializzata Gisai.

 

Il profilo della pandemia tende a cambiare

Come avevamo anticipato, il perdurare della pandemia «è tornato come un boomerang» sugli stessi Paesi imperialisti i cui governi già ritenevano di «aver vinto la battaglia». In questo quadro di fondo, c'è una questione molto importante da considerare: c'è un cambiamento nel profilo di età dei nuovi pazienti infetti. In una recente nota riferita dagli Stati Uniti, come riportato dal New York Times: «Molti dei pazienti Covid-19 che ora arrivano in ospedale non sono solo non sono vaccinati, ma hanno molto meno di 50 anni. Una chiara differenza rispetto ai pazienti fragili e più anziani che sono stati infettati quando la pandemia è emersa per la prima volta l'anno scorso. I medici dicono che i pazienti non vaccinati tra i 20 e i 30 anni si ammalano ora più seriamente e più velocemente». Secondo gli esperti, ciò non è dovuto solo alla maggiore pericolosità dei nuovi ceppi, ma anche al fatto «che il cambiamento nella demografia dei pazienti è il risultato delle percentuali di vaccinazione inferiori di questo gruppo».
Questa tendenza al ribasso nell'età dei nuovi pazienti è ancora più profonda e colpisce ormai i bambini: «Gli Stati Uniti affrontano in queste settimane una crescita di casi registrati, decessi e ricoveri che, soprattutto, si verificano nei giovani e nei bambini sotto i 12 anni. Le autorità sanitarie attribuiscono queste circostanze all'impatto della variante Delta del Covid-19 nella popolazione non vaccinata, secondo Frank Collins, direttore del National Institutes of Health (Nih, in inglese), durante un'intervista al programma «This Week» della ABC News».

 

La curva tende a crescere

In questo quadro, è logico che i risultati favorevoli che alcuni Paesi avevano ottenuto nel ridurre il numero di contagi e decessi ora comincino a invertirsi.
Abbiamo già visto il caso degli Stati Uniti e il cambiamento del profilo di età della nuova ondata di contagi: «L'aumento della presenza della variante Delta altamente trasmissibile del virus, ha generato l’aumento dei nuovi casi giornalieri che hanno raggiunto i 118.000, il livello più alto da febbraio. I decessi sono aumentati dell'89% nelle ultime due settimane e gli ospedali pediatrici in stati come la Florida sono al collasso per il fatto che i giovani sono sempre più colpiti, hLa bassa percentuale di vaccinazioni mondiali dovuta all'avidità delle case farmaceutiche, che hanno portato ad un vero apartheid dei vaccini, provoca oltre alla morte di milioni di persone l'emergere di nuovi ceppi che non permetteranno di vedere la fine della pandemia nel breve termine. In vari articoli abbiamo denunciato questa situazione e sottolineato come un altro dei fattori di persistenza della pandemia sia stata la funesta politica di «nuova normalità» voluta dall'imperialismo e dalle borghesie nazionali.
La salute mentale delle masse lavoratrici è stata fortemente colpita, la rottura dei legami sociali e familiari, così come la fame, la disoccupazione e il lutto permanente, sono il terreno fertile dove i governi intendono continuare a coltivare la normalizzazione della pandemia, al fine di ottenere una riapertura crescente di tutte le attività economiche e di poter riprendere i loro normali livelli di sfruttamento e profitto. Al servizio di questa politica hanno annunciato «la fine della pandemia» in diversi Paesi. Alla borghesia importa poco il rischio che questo comporta per la salute dei lavoratori.
Vediamo il caso di Israele: Shimshon Erdman, un membro esecutivo dell'Associazione medica israeliana, ha dichiarato a La Nación che sono state prese misure affrettate. I numeri della pandemia in Israele, Paese modello per quanto riguarda il suo piano di vaccinazione, sono ora allarmanti. In poche settimane si è passati da poche decine di contagi al giorno a più di 6.500 casi al giorno, trainati sostanzialmente dalla variante Delta. Gli specialisti israeliani non considerano che il problema sia una falla nel piano di vaccinazione, con il 63% della popolazione completamente immunizzata. «Qui stiamo pagando le conseguenze della frettolosa revoca delle restrizioni già a metà aprile, quando non era più obbligatorio l'uso della mascherina all'aperto e non era prevista l'imminenza dell'arrivo della variante Delta, molto più contagiosa», ha dichiarato sempre Erdman in una intervista telefonica con La Nación.
Questo sta accadendo anche a Cuba, Paese che, lo scorso anno, aveva ottenuto un ottimo risultato nella prima ondata avendo condotto una lotta molto aggressiva da parte del proprio sistema sanitario pubblico, ancor prima di sviluppare un proprio vaccino. Oggi la situazione è molto diversa: Cuba ha registrato un drammatico aumento del numero di persone infette da Covid-19, con una media giornaliera di 6.199 nell’ultima settimana (inizi di settembre, ndt), come annunciato dall'Organizzazione Panamericana della Sanità. Secondo questa Organizzazione, la variante Delta del coronavirus è già presente in gran parte delle regioni dell'isola caraibica ed è considerata la peggiore ondata di pandemia nel Paese. I numeri presentano un aumento del 21% rispetto alla settimana subito precedente. Questo aumento dei casi ha prodotto il caos negli ospedali (e la fine delle scorte per le cure), con molte persone che non hanno potuto essere curate, alcune delle quali poi decedute. In rete sta addirittura circolando un video realizzato da medici cubani che chiedono la fornitura di farmaci e attrezzature per poter svolgere il loro lavoro.
Abbiamo detto che Cuba ha avuto un discreto successo nel contenere la prima ondata della pandemia. Chiaramente, all'origine della nuova ondata c’è la riapertura del turismo internazionale promossa dal regime castrista. Nonostante la significativa diminuzione di questa attività causata dalla pandemia, nel 2020 un milione di turisti stranieri hanno soggiornato sull'isola, divenendo fonte di un contagio di massa. Inoltre, una volta sviluppato il proprio vaccino, il regime di Castro ha persino promosso il «turismo della vaccinazione» per i visitatori stranieri. Sebbene non sia argomento di questa nota, riteniamo che quanto sopra rappresenti una dimostrazione del carattere capitalista dell'attuale stato cubano.

 

Una nuova menzogna: «attenuazione»

Di fronte a questa dura realtà che il capitalismo in modi diversi ha prodotto, l'imperialismo e le borghesie nazionali ora iniziano a cambiare discorso. Non parlano più di «fine della pandemia» e della prospettiva del controllo definitivo del Covid-19 ma cercano di affermare che l'obiettivo è cercare di «attenuarla».
Vale a dire, poiché la borghesia e i proprietari delle case farmaceutiche non sono disposti a diminuire i loro guadagni di fonte al pericolo della vita umana, vogliono stabilire un limite di morti «accettabili» per poter proseguire la produzione e continuare a riempirsi le tasche.
Liberandosi da ogni responsabilità, parlano di nuove ondate inevitabili e che sia possibile raggiungere «livelli tollerabili» per i lavoratori e le masse che «normalizzeranno» la coesistenza di questa malattia con la vita quotidiana, come avviene con l'influenza tradizionale. E cercano argomentazioni «scientifiche» a sostegno di questa politica.
Ad esempio, Nancy Jecker, professoressa di bioetica ala facoltà di Medicina dell’Università di Washington ha dichiarato: «Infine, il mondo sarà diviso in due tipi di Paesi: quelli che continueranno a perseguire una strategia zero covid e quelli che opteranno per l’attenuazione. Alla fine, potremmo non avere altra scelta che accettarlo: in una fase post-pandemia, i decessi diminuiranno, ma il virus potrebbe ricomparire ogni anno come il raffreddore».

In un editoriale pubblicato sul New York Times («Esiste un futuro senza covid?») l’autore, residente nella città di San Francisco, scrive: «Voglio sapere se c'è un risultato in vista. A San Francisco, dove vivo, il 70 percento dei residenti è completamente vaccinato. Questo è il tipo di dato che una volta ci dissero che avrebbe portato all'immunità di gregge. Ora la speranza per l'immunità della comunità sembra essere svanita e anche a San Francisco stiamo usando ampiamente le mascherine al chiuso». Dopo aver riferito di infezioni, ricoveri e decessi causati dalla tradizionale influenza, la sua conclusione è che «Se la vaccinazione renderà il coronavirus una minaccia della stessa importanza dell'influenza, ciò non significa che saremo immuni alle malattie o anche alla morte. Significa che sarà un rischio che accetteremo in maniera routinaria».
Tuttavia, un funzionario argentino è stato più chiaro sui veri obiettivi della falsa attenuazione. Il Ministro della Salute della Città di Buenos Aires, Fernán Quirós, ha affermato che «Non stiamo cercando di evitare la terza ondata di Covid-19 (cosa che accadrà, come è successo in altri Paesi) ma stiamo cercando di ridimensionare quell'ondata e che quella si presenti il più tardi possibile, per consentirci di vaccinare la maggior parte delle persone e ottenere casi lievi». In questo contesto, ha ritenuto «ragionevole riprendere le attività della vita quotidiana». In definitiva torniamo tutti a lavorare e produrre normalmente anche se sono consapevoli che i casi aumenteranno e che nel 2021 già hanno superato quelli del 2020.

 

Alcune considerazioni

È di vitale importanza, per affrontare la falsa campagna di «normalizzazione», elencare la gravità che questa pandemia implica, e quindi vogliamo fare alcune considerazioni al riguardo.
La prima è una cosa a cui abbiamo già fatto riferimento: le conseguenze lasciate dal Covid-19 nel corpo umano una volta superato il picco di crescita della carica virale e quello della potenzialità di contagio di altre persone.
Con l'aumentare del numero di persone in questa situazione, la medicina progredisce nella sua comprensione e nella stima statistica del suo impatto. Cominciano ad essere utilizzati concetti di «post-covid» e «long covid», a seconda del perdurare delle succitate conseguenze. Si stima che colpiscano «Otto persone su dieci tra coloro che hanno avuto il coronavirus», con vari sintomi (soprattutto polmonari) che durano tra 140 giorni e un anno (o più).
La seconda cosa si riferisce ai vaccini per prevenire l'infezione (o diminuire l'impatto della malattia) e ad altri farmaci per combatterla. Da un lato, gli studi di diversi laboratori stanno giungendo alla conclusione che l'efficacia dei vaccini (ad esempio Pfizer o Astra-Zeneca) «diminuisce con il passare del tempo», soprattutto contro la variante Delta. Nel caso britannico, anche i ricercatori chiederanno al Joint Committee on Vaccination and Immunization (Jcvi) di raccomandare «la somministrazione di una terza dose di richiamo» nei prossimi mesi. Negli Stati Uniti, l’inoculazione di questa terza dose è già prevista otto mesi dopo aver ricevuto la seconda. Questi nuovi studi dimostrano la maggiore vulnerabilità di quei Paesi che sono ultimi nella distribuzione dei vaccini, come ad esempio in Africa. L'accaparramento delle terze dosi da parte dei Paesi imperialisti rende iniqua la distribuzione dei vaccini e darà origine a tassi di infezione e mortalità disumani in quelle regioni.
Uno studio di test di laboratorio relativo ai farmaci contro questa malattia, condotto dall'Università di Chicago indica che un farmaco utilizzato per altri scopi (Mastinib) potrebbe inibire la replicazione della carica virale del covid-19 dell'80 o del 90%, anche contro la variante Delta (un risultato raggiunto da pochi altri farmaci antivirali). Certo, è una fase iniziale del processo perché, trattandosi di un farmaco utilizzato nella chemioterapia antitumorale, non sono noti gli effetti collaterali negativi che potrebbe causare. Ma è un'indicazione di quanto sia essenziale investire nella salute pubblica e studiare i modi migliori per combattere questa e future pandemie.

 

Altre conseguenze

Per completare questa analisi, vediamo due conseguenze che derivano dalla pandemia. La prima è quanto successo in Francia, dove il governo di Emmanuel Macron ha presentato al Parlamento un disegno di legge che dispone l'obbligatorietà della vaccinazione, fino al 15 settembre, per tutti coloro che possiedono i requisiti di età. A partire da ciò, viene introdotto il cosiddetto «pass sanitario» (prova ufficiale di aver ricevuto le due dosi di vaccino) come requisito per poter accedere ai luoghi di «cultura e spettacolo», e non è escluso che possa essere successivamente applicato ad «altri ambiti» (compreso quello del lavoro). Per «non cucire senza filo», il governo ha inserito nel pacchetto un attacco al Tfr (la liquidazione, ndt) e al sussidio di disoccupazione.
Con la scusa di procedere nella lotta al coronavirus, il governo imperialista di Macron (il cui bilancio in questo campo è stato pessimo) attacca i lavoratori e le masse, e intende dividerli in «vaccinati» e «non vaccinati». La risposta è stata una grande ondata di mobilitazioni, tanto più se si considera che il Paese era nel bel mezzo delle vacanze estive. Questa risposta ha riguardato molte città (con epicentro all'interno del Paese ma di riflesso anche a Parigi) e nella giornata con la più alta partecipazione sono stati contati circa 250.000 manifestanti totali. Le mobilitazioni erano certamente confuse sull'importanza della vaccinazione per i lavoratori e le persone, rivendicando l’inoculazione del vaccino come una «scelta individuale». Tuttavia, secondo l'articolo inviatoci dalla Francia (pubblicato sul nostro sito in francese), sia per la loro composizione sociale e collocazione geografica sia per la crescente rabbia nei confronti del governo Macron, ricordavano quella dei «Gillet gialli» di gennaio 2019.
Questa idea di attaccare i lavoratori non vaccinati con la scusa di combattere la pandemia sembra diffondersi in altri Paesi. In Argentina, l'Uia (Unione industriale argentina, principale polo economico del settore) ha proposto di attuare la misura di non pagare gli stipendi a quei lavoratori in quarantena per la pandemia e che non vogliono essere vaccinati.
Alla seconda considerazione abbiamo già fatto riferimento in diversi articoli e dichiarazioni: l'impatto della pandemia ha accentuato all'estremo la crisi economica del sistema capitalistico mondiale a cui già si stava avvicinando nel 2019, e ha provocato un grande aumento di licenziamenti e tagli salariali, causando la crescita della povertà e della miseria. Sebbene l'economia globale abbia vissuto un momento di parziale ripresa da più di un anno, queste profonde conseguenze per i lavoratori e le persone di tutto il mondo permangono.
Un recente articolo, basato su un rapporto del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, stima che, nel 2021, circa «270 milioni di persone affronteranno una carenza di cibo che potrebbe costare loro la vita, rispetto ai 150 milioni registrati prima della pandemia. La situazione è particolarmente desolante in Africa, dove c'è stata una ripresa di nuovi contagi».

 

Alcune conclusioni

Il sistema capitalista mondiale e i suoi governi sono responsabili di questa pandemia e del suo impatto. In primo luogo, perché l'eccessivo sfruttamento delle risorse naturali oltre i loro limiti ha creato le condizioni per l'emergere crescente di pandemie da zoonosi, come nel caso del Covid-19.
È responsabile perché ha consapevolmente ritardato, per anni, lo sviluppo di vaccini contro virus di questo tipo poiché non generavano profitti, nonostante gli avvertimenti degli specialisti. È responsabile perché, una volta scatenata questa pandemia, l'ha affrontata con sistemi sanitari pubblici devastati da decenni; e con una ricerca e sviluppo farmacologica e della tecnologia medica dominata dal profitto delle aziende private, e da lì ne deriva una profonda disuguaglianza globale di accesso ai vaccini e alle risorse tecniche necessarie. È responsabile perché anche quando ha cercato di combattere la pandemia, con misure restrittive parziali, lo ha fatto con l'obiettivo principale di recuperare rapidamente i consueti livelli di sfruttamento dei lavoratori e promuovere la politica disgustosa e criminale della «nuova normalità».
Vogliamo essere categorici: la pandemia, lungi dall'essere finita o poter essere «attenuata», si trova nel suo momento peggiore. La politica di normalizzazione dei decessi e di banalizzazione della malattia è un atto criminale nei confronti dei lavoratori e dei poveri di tutto il mondo. La disuguaglianza delle campagne di vaccinazione globali e la crescente riapertura delle attività economiche determinano il persistere della pandemia e l'emergere di nuovi ceppi più contagiosi e più pericolosi.
Il costo in vite e sofferenze ricade sempre sulla classe operaia e sulle masse del mondo. Non possiamo accettarlo! Non possiamo accettare che il disastro prodotto dal capitalismo e dai suoi governi ricada sulle nostre spalle!
Per questo, mantiene tutta la sua importanza l'appello a lottare oggi per rivendicazioni come la vaccinazione di massa e gratuita per tutti; l’interruzione dei diritti di brevetto sui vaccini; la difesa dei sistemi sanitari pubblici e la necessità di ingenti investimenti in essi, unita all'espropriazione delle grandi fabbriche di produzione dei vaccini e della tecnologia medica per lo sviluppo di un piano internazionale di solidarietà per combattere la pandemia, controllato dai lavoratori (soprattutto da quelli specializzati nel settore).
Allo stesso tempo, come abbiamo evidenziato nei numerosi articoli e dichiarazioni dedicati alla pandemia, riaffermiamo che la malattia di base è il capitalismo imperialista e le sue conseguenze in tutto il mondo.
Come abbiamo dichiarato in uno dei nostri ultimi articoli «è assolutamente chiaro che il capitalismo imperialista non può essere «riformato» o «migliorato». È necessario un cambiamento radicale nella società e nei criteri di produzione e di funzionamento attuali. Per questo, le lotte presenti e future degli operai e delle masse devono rappresentare un passo nella via della lotta per il potere e per una rivoluzione operaia e socialista che possa cambiare alla radice questo presente devastante. La posta in gioco non è più solo questa o quella conquista, ma la sopravvivenza stessa dell'Umanità».

 

Note:

[1] https://litci.org/es/la-mentira-del-fin-de-la-pandemia/

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