In un singolo articolo, è impossibile considerare ognuna di queste lotte con gli approfondimenti che meritano. Perciò, proveremo ad analizzare alcune caratteristiche comuni ed anche alcune differenze tra loro.
Un processo continentale
Riteniamo che si tratti di un processo continentale, un'ondata che tende a diffondersi a causa dei problemi comuni che i popoli devono affrontare, come risultato di vasi comunicanti fra loro e, infine, anche per l’effetto «domino» dell'impatto di ogni lotta negli altri Paesi.
Non è «un fulmine a ciel sereno». È stato annunciato da processi precedenti come la durissima opposizione contro la riforma della previdenza sociale in Argentina, nel dicembre 2017, la rivolta contro il governo Ortega in Nicaragua, lo sciopero generale in Costa Rica (entrambi nel 2018), le precedenti rivolte ad Haiti e la lotta contro il governo di J.O. Hernandez, in Honduras.
A un certo punto, un fatto apparentemente minore (come la revoca dei sussidi per il carburante o un aumento del biglietto dei trasporti pubblici) è «la scintilla che fa esplodere la polveriera». Molti anni di accettazione più o meno passiva diventano una rabbia accumulata che esplode violentemente: «Non sono 30 pesos, sono 30 anni», come appare sui manifesti del popolo cileno. Questa rabbia delle masse contro tanti anni di tagli e di attacchi permanenti al loro tenore di vita si combina con la constatazione che i governi e i regimi politici sono attivamente responsabili di questa realtà di deterioramento crescente e persistente.
Tutti i governi borghesi attaccano i lavoratori e le masse e non hanno altra scelta che farlo. Per questo, nel «terreno fertile» dei regimi in cui si verificano (o possono verificarsi) le esplosioni, si combinano due processi. Uno è la lotta contro i governi borghesi di destra, esplicitamente capitalisti e pro-imperialisti, come in Cile e in Colombia. L'altro è il deterioramento e la degenerazione dei governi populisti borghesi (alcuni addirittura cercano di travestirsi da «socialisti»), alla deriva verso dittature, come il Nicaragua e il Venezuela. Ciò che è accaduto in Bolivia merita un'analisi più specifica.(1)
Questa combinazione di grande ascesa delle masse e di deterioramento e crisi di governi e regimi (che l'ascesa approfondisce) configura in molti casi ciò che i marxisti chiamano «processi rivoluzionari». Cioè, quelli in cui si può presentare la questione del potere per i lavoratori e le masse. Con le parole di Lenin: [ciò accade, ndt] «Quando i potenti non possono continuare a governare come prima e gli oppressi non vogliono continuare a vivere come fino a quel momento, e intensificano notevolmente la loro azione rivoluzionaria».
I protagonisti
Ogni Paese presenta particolarità nei segmenti sociali e nelle modalità con cui si produce la rivolta.
In Ecuador l'avanguardia sono stati chiaramente i contadini guidati dalla Conaie [Confederacion de Nacionalidades Indigenas del Ecuador, ndt], i quali occupano le città senza la partecipazione degli operai organizzati; in Bolivia, la base della resistenza al golpe è costituita dagli abitanti dei quartieri di El Alto e dai settori contadini delle popolazioni indigene; in Cile acquista un carattere semi-insurrezionale urbano e popolare, con una parziale partecipazione dei lavoratori sindacalizzati (fondamentalmente portuali e edili). In Colombia, le proteste hanno paralizzato i trasporti con mobilitazioni di massa in diverse città e scontri con la polizia. L'avanguardia è formata dai giovani, in particolare dagli studenti universitari. La principale debolezza è che la classe operaia non è centrale in questo processo.
In Cile, inoltre, osserviamo qualcosa che si è manifestato in varie altre parti del mondo: la partecipazione attiva agli scontri di giovani precarizzati senza prospettive di alcun futuro nell’odierno capitalismo. Questo fenomeno si era già evidenziato in Ecuador ma in Cile acquista un grado maggiore di organizzazione: la «prima linea», essenziale per la difesa delle mobilitazioni contro la repressione dei carabineros.
La crisi della direzione rivoluzionaria
Nel Programma di Transizione (1938), redatto per la fondazione della Quarta Internazionale, Trotsky analizzò che le condizioni oggettive per la rivoluzione socialista erano più che mature. Tuttavia, il fattore soggettivo (una direzione rivoluzionaria disposta a condurre quella lotta fino in fondo) era molto in ritardo. È la «crisi della direzione rivoluzionaria» che deforma e rallenta tutti i processi.
In alcuni casi, le direzioni traditrici sono capaci di frenare direttamente le lotte e deviarle sul binario morto dei negoziati, interrompendo o ritardando le loro oggettive dinamiche contro il potere. È quello che ha fatto la direzione del Conaie in Ecuador, che ha frenato la lotta contro il governo di Lenin Moreno; ed è quello che hanno fatto Evo Morales e il Mas con la resistenza contro il golpe di destra che ha portato nel vicolo cieco di un processo elettorale condizionato.
Nel caso cileno, le direzioni traditrici (influenzate dal Pc e dal Ps) sono molto più in crisi e disperse, come risultato della loro responsabilità e della loro complicità nella transizione concordata che ha dato origine all'attuale regime (alla fine degli anni '80) e le sue successive conseguenze per le masse. Per questo hanno una minore capacità di controllo diretto sulle masse. La loro crisi libera forze e, in larga misura, spiega la combattività e la continuità del processo rivoluzionario.
Tuttavia, l'assenza di una chiara alternativa di direzione rivoluzionaria ha diverse conseguenze negative. In primo luogo, la difficoltà di un ingresso dirompente della classe lavoratrice organizzata come fulcro della mobilitazione. In secondo luogo, rallenta la costituzione di organismi che siano espressione delle lotte, che procede a un ritmo più lento di quanto richiederebbe il processo rivoluzionario (le Assemblee popolari). Infine, sebbene le direzioni traditrici siano in crisi, questo spazio vuoto consente loro di continuare a operare e influenzare per erodere le lotte e cercare di indirizzarle verso negoziati con il governo Piñera.
Le risposte della borghesia e dell'imperialismo
Naturalmente, le borghesie nazionali e l'imperialismo non restano passivi di fronte a questa situazione e rispondono con diversi meccanismi per sconfiggere, frenare o rimandare le lotte rivoluzionarie.
Nel Continente si combinano durissime repressioni «a carattere istituzionale» con accordi e trattative con le direzioni dei movimenti di massa, così com’è accaduto, ad esempio, in Ecuador e come si tenta di fare in Cile. In altri casi, ci si adopera per smantellarla per via elettorale, come in Argentina con il trionfo del kirchnerismo, o di prevenirla con la «carota» di «Lula Presidente 2022» in Brasile. Nel caso boliviano, le legittime mobilitazioni contro i brogli elettorali di Evo Morales sono state capitalizzate da un settore borghese di estrema destra che, alleato con le forze armate, ha compiuto un golpe militare.
Da parte sua, l'imperialismo ha acceso le sue sirene d’allarme. Il governo Trump cerca di inasprire la reazione alle lotte, ma ora inizia a preoccuparsi su come evitare le esplosioni. Il capo della diplomazia americana Mike Pompeo ha dichiarato: «La Casa Bianca fornirà aiuti economici ai legittimi governi dell'America latina per evitare che le proteste si trasformino in rivolte sociali».(2) Gli imperialismi europei e il Papa già si stanno adoperando per impedire che avvengano queste «rivolte» e, se esploderanno, per impedirne l’estensione, attraverso soluzioni negoziate.
I compiti dei rivoluzionari
Quando esplodono questi processi rivoluzionari, evidentemente il primo compito dei militanti rivoluzionari è intervenire in essi e sostenerli affinché la mobilitazione e l'organizzazione delle masse procedano.
Ma dobbiamo essere consapevoli che, per vari motivi, arriviamo a loro con un rapporto di forze molto sfavorevole contro le direzioni traditrici, anche quando sono screditate e disperse. I processi rivoluzionari aiutano a migliorare questi rapporti di forza ma, per la velocità con cui si sviluppano, nella maggior parte dei casi non abbiamo adeguati margini di tempo per risolverli e le lotte rivoluzionarie risultano bloccate o ritardate.
La cosa peggiore che possiamo fare è cadere nella disperazione. Dobbiamo presentarci davanti agli attivisti e alle masse con le nostre proposte per sviluppare a fondo la lotta dal punto meglio percepito («via Piñera» in Cile o «sconfiggere il golpe» in Bolivia) e, nel movimento, contrapporci alle proposte delle direzioni traditrici.
In questo contesto, si tratta di presentare il nostro programma di risposta più strategica alle difficoltà che generano la rivolta: la presa del potere da parte dei lavoratori e delle masse per avviare la costruzione di una società socialista. Con questa prospettiva, i due compiti essenziali del nostro intervento sono la costruzione e il rafforzamento del partito rivoluzionario e degli organismi di lotta delle masse.
Il disfattismo non ci appartiene: abbiamo piena fiducia nei lavoratori e nelle masse e nella loro capacità di progredire attraverso l’esperienza. La sosteniamo con tutte le nostre forze. Tuttavia, se le direzioni traditrici riescono a bloccare in una fase precoce i processi rivoluzionari o a differirli, sappiamo che altri li continueranno in un prossimo futuro. In questo caso, dobbiamo giungere a quelli avendo più forza e influenza, con una maggiore esperienza degli attivisti e delle masse. In altre parole, più vicini al trionfo strategico.
Note
(1) https://litci.org/es/menu/mundo/latinoamerica/bolivia/avanzar-en-la-lucha-para-derrotar-el-golpe-en-bolivia/
(2) https://www.meganoticias.cl/mundo/283854-mike-pompeo-gobiernos-legitimos-america-latina-revueltas-sociales.html
(*) dal sito della Lit-Quarta Internazionale www.litci.org