Contestazione a Barletta dopo i funerali delle operaie
NOI NON DIMENTICHIAMO!
di Michele Rizzi (*)
“Le hanno uccise, perchè
operaie e senza padrini politici alle spalle, dimmettetevi tutti”. E' stato
questo lo slogan urlato dalla gente inferocita, per lo più lavoratori sfruttati
di una città ormai al collasso per disoccupazione, precarietà e speculazione
edilizia.
Questo avviene appena i
militanti di Alternativa comunista di Barletta hanno organizzato una
contestazione sotto il Comune presidiato in forze da esercito, polizia e
carabinieri che proteggevano un sindaco asserragliato nella sua stanza del
potere. E' stata una settimana di forte rabbia popolare esplosa in poche ore
grazie alla miccia accesa da noi, unica forza politica ad avere una posizione coerente
e di classe contro il potere e l'ipocrisia delle forze politiche borghesi che
hanno sfilato in questi giorni (compresa la Camusso e Bonanni che mentre a parole
solidarizzano con le operaie, poi firmano accordi antioperai con la Confindustria) , tra
comparsate in programmi televisivi nazionali e funerali delle vittime, in
doppio petto e con la faccia di bronzo nascondendo le loro responsabilità
politica sulla drammatica vicenda.
Infatti una delibera di
consiglio comunale del 2007 autorizzava l'abbattimento di una palazzina
centrale in un isolato (con circa 100 anni di età) mettendo a repentaglio la
stabilità delle altre due laterali. Una delibera approvata da una maggioranza
di centrosinistra che governa la città da sempre e (salvo pochi contrari) votata
anche da diversi esponenti del centrodestra. Un terreno di proprietà di imprese
legate politicamente alla stessa amministrazione comunale e quattro anni di
calvario per coloro che abitavano nelle due palazzine gravemente danneggiate
dall'intervento edilizio e adiacenti a quella abbattuta. Non serve essere un
fisico per capire che se togli il tassello centrale tra tre tasselli, gli altri
non reggono e inevitabilmente cadono. Ma il desiderio di costruirci un nuovo
edificio, nel pieno centro della città, per farci soldi e tanti, visto il costo
della casa qua, era superiore agli interessi della povera gente che abitava
negli altri due.
I tecnici del Comune hanno
fatto il resto, facendo “puntellare” una delle due palazzine rimaste e
tralasciando la terza che, dopo quattro anni, si è piegata su stessa. Business is business diceva un noto
economista borghese. E questo è stato! Mattoni e terra schiacciano un piccolo
opificio dove lavoravano quattro operaie, figlie di precarietà e sfruttamento,
di lavoro nero per arrontondare i miseri stipendi familiari, con 3,95 euro all'ora,
perché la catena di sfruttamento capitalista dell'abbigliamento delle grosse griffe e non solo, impone queste
condizioni di vita con “laboratori” che nulla hanno da invidiare a quelli
cinesi della zona di Prato.
E da qui la rabbia popolare
di circa un migliaio di lavoratori barlettani, esplosa dopo i funerali delle
operaie, che ha reso la contestazione di Alternativa comunista più forte. I
militanti del Pdac erano presenti con un nostro striscione (quello che si vede
nelle foto di tutti i quotidiani) che recita “I vostro profitti non valgono 5
vite! Dimissioni” e un altro più piccolo esposto nella piazza della cerimonia
religiosa: “Dare una svolta alla crisi economica: abbattere il capitalismo!”
Il sindaco di Barletta (Pd e
sostenuto da Sel con un assessore e dalla Federazione della sinistra con un
assessore e due consiglieri comunali, tra cui Mimmo Caporusso, attuale
tesoriere nazionale di Rifondazione comunista) va oltre ed afferma (poi ritrattando
quasi del tutto) di comprendere queste forme di sfruttamento (lavoro nero)
senza diritti e senza dignità. Maffei è lo stesso sindaco che in un consiglio
comunale del 2010 ha
fatto approvare un piano di edificazione di villette (nella contrada Montaltino)
dichiarate dal Tar abusive ed è lo stesso che ha accolto nel suo partito, a
soli due mesi dalle elezioni, consiglieri comunali eletti in altre liste in una
logica di trasformismo politico tipico
delle democrazie borghesi. Maffei fa anche parte di quel pezzo del Pd
“vendoliano” che il governatore pugliese sostiene sempre e comunque.
Di Barletta sono anche Maria
Campese, assessore regionale del Prc, della segreteria nazionale (area Grassi)
la più vendoliana del Prc pugliese, come il già citato consigliere comunale e
tesoriere nazionale di Rifondazione comunista (area Grassi anche loro), da
sempre governisti ad ogni costo e pronti a riconcorrere sempre e comunque le
sorti del sindaco o governatore locale in un'ottica di salvaguardia di un ceto
politico rifondarolo ormai al “si salvi chi può”.
Alternativa comunista è
evidentemente altra cosa. In Puglia siamo ormai riconosciuti da anni quale
l'unica forza politica in opposizione ai due schieramenti di alternanza
borghese. L'impegno alle scorse elezioni regionali (raccogliendo anche circa
8000 voti sul territorio regionale, senza alcun mezzo economico da investire in
campagna elettorale e solo con la dedizione di militanti e simpatizzanti del
partito) quale terreno di propaganda politica del programma rivoluzionario del
Pdac, le lotte che ci vedono impegnati in tutta la Regione (dalla vertenza
dei metalmeccanici dell'OM che fabbrica carri elevatori di circa 400 lavoratori
e dove l'Rsu Fiom è un nostro militante) a quelle salentine, dall'Adelchi alla
Pista di Nardò con nostri compagni operai militanti e simpatizzanti attivi in
queste vertenze, a quelle studentesche con i giovani del Pdac impegnati nei
sindacati studenteschi, danno il giusto senso della necessità di sviluppo della
costruzione di Alternativa comunista, dalla Bat al Salento, per fare in modo
che l'ennesima strage operaia, quella di Barletta, non passi dalle cronache al
silenzio e diventi invece un simbolo delle nostre lotte presenti e future
contro il capitalismo e contro i suoi governi, locali e nazionale.
(*) Pdac Puglia.