I precari della scuola che da anni o decenni sono in attesa dell'assunzione sono almeno 350 mila (più di 300 mila inseriti nelle graduatorie ministeriali, altre migliaia di precari non abilitati che lavorano su chiamata delle singole scuole). Su di loro è caduta la mannaia dei tagli. Prima è stata la volta dei tagli del ministro Fioroni, titolare del dicastero nell'ultimo governo Prodi. Fioroni, in cambio della promessa vaga di un piano di assunzioni triennale (piano mai approvato realmente, perché doveva annualmente essere sottoposto al giudizio dell'allora ministro dell'economia Padoa Schioppa - quello, per chi non lo ricordasse, che citava ad esempio il modello coreano delle classi pollaio di 40 alunni), ha dato la prima grande mazzata ai precari della scuola: taglio di 40 mila posti di lavoro, grazie all'aumento del numero di alunni per classe. E' bene ricordare ai tanti precari che oggi guardano con favore alle dichiarazioni "a difesa della scuola pubblica" di Italia dei valori, Sel e Rifondazione che proprio i parlamentari e ministri di quei partiti, quando erano al governo, quei tagli avevano approvato e votato. Dopo Fioroni, è arrivata la Gelmini, il cui operato è noto ai più: 8 miliardi di tagli all'istruzione pubblica, trasformati nel licenziamento di 180 mila precari della scuola. Giustamente, è stato definito il più grande licenziamento di massa della storia della repubblica italiana. Peccato che, a definirlo tale, allora, ci fossero anche i parlamentari del Pd, i quali oggi sostengono un governo - il governo Monti - che quei tagli non ha la minima intenzione di mettere in discussione.
I tagli non sono solo cifre, ma sono tragica quotidianità per i precari della scuola. Negli ultimi anni le assunzioni a tempo indeterminato sono avvenute col contagocce, soprattutto decine di migliaia di precari che fino a qualche anno fa lavoravano regolarmente con supplenze, hanno perso il posto di lavoro, hanno visto ridotte le ore di lavoro (e di conseguenza lo stipendio) e peggiorate le condizioni di lavoro. Non che prima la vita del supplente fosse cosa facile, anzi: due mesi di disoccupazione come minimo tutti gli anni, cambi continui di posti di lavoro, incertezza lavorativa perenne. Ma almeno uno stipendio era, più o meno, garantito. Dopo i tagli l'unica cosa garantita è la disoccupazione. Gli ammortizzatori sociali varati dal governo precedente - il cosiddetto "salvaprecari", una sorta di cassa integrazione - hanno riguardato una fascia ristretta di precari e per un periodo molto limitato. Oggi Monti taglia anche quelli. Non solo: il ministero dell'economia ha anche bloccato, nello spirito della spending review (cioè lo spirito del "rubo ai poveri per risarcire i debiti dei ricchi"), la "monetizzazione delle ferie non godute". I precari della scuola che rinunciavano ai pochi giorni di ferie potevano contare su qualche soldo in più in busta paga l'anno successivo (soldi che potevano dare un po' di sollievo, dopo due mesi di disoccupazione). Monti ha tagliato anche quelli: i sacrifici come sempre richiesti a chi ha di meno.
E' in questo contesto che cade l'annuncio del "concorso" del ministro Profumo. 11 mila posti per un esercito di 350 mila. Il che significa che in una regione (se va bene) ci saranno poche decine di posti per centinaia e centinaia di aspiranti. Per molti insegnamenti non ci saranno nemmeno posti a disposizione. Una presa in giro bella e buona, soprattutto perché rivolta a un personale che ha già fatto corsi e concorsi, che ha conseguito lauree e specializzazioni, ha svolto tirocini in scuole di specializzazione e da anni ha conseguito competenze nei luoghi di lavoro. E' un'operazione di facciata, che non ha però tratto in inganno i precari della scuola, che sono proprio in questi giorni tornati in piazza per protestare contro questa ennesima truffa.
E' così che la battaglia contro i tagli è stata persa e questo ha indebolito il fronte di lotta, favorendo fenomeni di riflusso e, in alcuni casi, la lotta tra poveri (basta pensare alle diatribe tra precari del nord e precari del sud in occasione della riapertura delle graduatorie, o alle contese tra precari abilitati e non abilitati: diatribe e contese spesso fomentate dalle burocrazie sindacali). In questo quadro, a molti precari è apparsa come unica possibilità di salvezza la strada dei ricorsi giuridici. Sono decine di migliaia i precari che hanno deciso di intraprendere questa strada, nella speranza di ottenere almeno qualche migliaia di euro come risarcimento danni della mancata assunzione in ruolo. Ed è qui che l'attacco ai precari della scuola ha mostrato il suo volto più feroce e, al contempo, grottesco. A Mantova i precari della scuola vincitori di ricorso - cioè quei precari che avevano visto riconosciuto dal giudice il diritto a un risarcimento economico - sono stati, per indicazione dell'Ufficio scolastico regionale, depennati dalle graduatorie! Si è trattato di una vendetta degna, per ritornare all'errore del ministro, dei più perfidi personaggi di Dostoevskij: ai precari che alzano la testa va inflitta una sonora punizione, cioè la perdita definitiva del posto di lavoro! E' una vicenda che, se da un lato ci mostra il carattere illusorio dello strumento dei ricorsi legali per difendere le ragioni della lotta (come dimostra anche la vicenda degli operai Fiat, padroni e governanti trovano sempre il modo di aggirare le sentenze dei giudici a loro poco gradite), dall'altro ci indica chiaramente che in questa fase né il governo né i padroni hanno intenzione di concedere nulla, nemmeno le briciole. Il "modello Pomigliano" è il modello di riferimento, anche per i ministri dell'Istruzione: e il principale mezzo che abbiamo a disposizione per respingerlo sono la lotta unitaria dei lavoratori, lo sciopero prolungato, l'azione di massa e permanente.
Alcune scuole avevano deciso di rinviare l'inizio delle lezioni a metà ottobre (vista la mancanza dei container) ma, dopo probabili pressioni politiche, a pochi giorni dall'avvio delle lezioni, si è deciso di anticipare al 17 settembre l'avvio dell'anno scolastico. Perché? Semplice, per poter fingere che tutto va bene, che tutto è a posto nelle scuole terremotate. La conseguenza è il caos sia per gli studenti che per gli insegnanti, con lezioni-farsa fino a tardo pomeriggio (a Finale Emilia si va a scuola il sabato pomeriggio!): insegnanti di latino che fanno lezioni a classi che non hanno il latino nel piano di studi; insegnanti di matematica messi in assistenza in palestra durante l'ora di educazione fisica (sempre che la palestra resti in piedi...); insegnanti che vagano da un tendone all'altro per recuperare una classe dispersa; insegnanti che devono mettere a disposizione un'ora alla scuola aspettando sotto una tettoia con la pioggia che scroscia tutt'attorno; persino insegnanti costretti a fare lezione nel tendone della chiesa, sotto le statue della madonna e di Gesù cristo... Ma lo scopo è stato raggiunto: il ministro Profumo e il governatore Errani il 17 settembre hanno potuto emettere un comunicato stampa in cui proclamano che "seppur con qualche difficoltà, l'anno scolastico ha avuto inizio regolarmente nelle scuole terremotate". E intanto gli insegnanti e gli studenti delle scuole terremotate si preparano domani a una nuova giornata di lezioni sotto un tendone da circo, con tre classi tutte insieme. Una bella fotografia dello stato della scuola pubblica italiana dopo i tagli dei governi di centrodestra, centrosinistra e tecnici.