Centrodestra o centrosinistra: vincono i padroni
Ulteriore crollo disastroso della sinistra governista: serve una sinistra comunista
Il Pdac (unica lista a sinistra del Prc) ha dato visibilità in Puglia alle lotte operaie
Dall'esito delle elezioni borghesi, specchio deformato della realtà sociale e politica, emergono cinque elementi che meritano attenzione.
Si conferma la "legge del pendolo" tra i due schieramenti dell'alternanza di cui dispone la borghesia, centrodestra e centrosinistra. Limitandosi al dato elettorale, negli ultimi anni, tanto a livello nazionale come locale, salvo le regioni dove è consolidato uno dei due poli, la tendenza elettorale premia chi non ha governato per ultimo. E' questo uno degli elementi che, combinato con altri due fattori (la crescita dell'astensione e delle forze percepite come estranee al "sistema politico") spiega la vittoria del centrodestra in diverse regioni prima governate dal centrosinistra (Piemonte, Lazio, Campania, Calabria). La vittoria del centrodestra non è però una vittoria di Berlusconi (il Pdl perde ancora voti) né del suo governo che alle prossime elezioni generali (tra tre anni o quando saranno) potrebbe perdere nuovamente a favore del Pd (e già nei prossimi mesi potrebbero crescere gli attriti interni, alimentati anche dall'aumentato peso della lega a scapito del Pdl).
In ogni caso, dal punto di vista di classe -l'unico che ci interessa- tutto ciò significa che, pur con molti limiti e un surplus di corruzione dell'apparato politico di cui farebbe a meno, la borghesia italiana dispone di un pratico sistema a due forni che le garantisce, comunque vada, una relativa stabilità del dominio politico fondato sul suo dominio economico e sociale. Berlusconi o Bersani, Cota o la Bresso, la Polverini o la Bonino: comunque la gestione degli affari del capitalismo e delle politiche anti-operaie è garantita. Insomma, la grande borghesia, pur avendo delle preferenze politiche (tendenzialmente per il centrosinistra, che garantisce un governo a minor costo e più efficace: per questo la Fiat sosteneva la Bresso in Piemonte), la notte prima dello spoglio delle schede dorme sempre sonni tranquilli.
Quanto abbiamo detto nel primo punto spiega però soltanto l'esito immediato delle elezioni tra i due schieramenti borghesi ma la vittoria dell'uno o dell'altro nasconde un altro fenomeno: la crescita del disincanto verso tutti i governi che gestiscono la crisi del capitalismo scaricandone i costi sulle masse popolari, siano essi di centrodestra o centrosinistra. Di qui la crescita costante dell'astensionismo e, al contempo, la crescita di quei partiti che, per diverse ragioni, vengono percepiti come esterni al sistema: la lista di Grillo, l'Idv di Di Pietro e persino la Lega Nord. Quest'ultima gode dell'essere percepita (paradossalmente) come estranea alla "politica dei partiti" (o perlomeno ai fenomeni più gravi di corruzione borghese) e al contempo incarna una risposta apparentemente realistica e alla portata di mano: la risposta razzista che individua negli immigrati il capro espiatorio della crisi (la stessa linea che fa crescere la destra razzista e quella esplicitamente fascista in tutta Europa). Si conferma quindi una vecchia legge storica: in assenza di una sinistra di classe radicata e visibile, in epoche di crisi crescono le forze populiste e di destra.
Al di là di come cercheranno di presentare il risultato, magari parlando di "tenuta", i numeri elettorali confermano la linea discendente della sinistra governista di Prc e Pdci. E' anzi più preciso parlare di un ulteriore crollo, che fa cadere anche gli ultimi piani di un edificio già uscito disastrato dalle ultime politiche ed europee. La media nazionale della Fed (la federazione tra Prc, Pdci e altri soggetti minori che doveva essere il motore della riscossa riformista) è al 2,7%. Ma in diverse regioni Prc e Pdci unite vanno persino sotto il 2%. Emblematico il risultato del segretario nazionale Paolo Ferrero in Campania (una delle eccezioni di presentazione autonoma che confermavano la regola degli accordi col Pd nella gran parte d'Italia): 1,3%. Queste percentuali elettorali molto basse produrranno, prevedibilmente, ulteriori emorragie di attivisti e possibili crisi interne nel gruppo dirigente (che perde altre poltrone, dopo essere già uscito dal parlamento nazionale e da quello europeo). Ma non fermeranno la corsa del gruppo dirigente verso un ennesimo abbraccio governista nazionale col Pd: tanto più che il Pd avrà bisogno anche di questi pochi voti per cercare alle prossime politiche di rispostare il pendolo dell'alternanza borghese verso il centrosinistra.
Come è noto, a queste elezioni si presentava un'unica lista regionale a sinistra del Prc, quella del Pdac in Puglia, con la candidatura di Michele Rizzi.
L'obiettivo era quello di utilizzare la campagna elettorale per rendere visibile (in Puglia e nazionalmente) le lotte operaie e giovanili e l'esigenza urgente di costruire un partito comunista radicato e con influenza di massa, un partito rivoluzionario a fronte della crisi disastrosa della sinistra riformista. In questo senso, come in ogni elezione a cui abbiamo partecipato, per noi l'esito si misura non nelle percentuali ma nell'attività di propaganda di un programma rivoluzionario in campagna elettorale e, dopo il voto, nella crescita di attivisti e militanti che si impegnino a costruire quel partito rivoluzionario radicato che ancora non c'è e che il Pdac non ha la presunzione di essere ma solo di contribuire a costruire. Il nostro bilancio lo abbiamo fatto quindi già la settimana scorsa ed è molto positivo: grazie alla maggior visibilità (anche mediatica, specie in Puglia ma anche a livello nazionale) abbiamo contribuito a ridare visibilità a quelle lotte che, fuochi isolati dalle burocrazie politiche e sindacali della sinistra, sono una prima importante risposta operaia all'attacco padronale. In Puglia i nostri compagni hanno fatto una campagna elettorale tutta davanti alle fabbriche in lotta. Il nostro vero risultato sono le centinaia di interlocuzioni, la visibilità di un progetto comunista alternativo ai tre candidati borghesi: uno dei quali, quello del Pd, Vendola, appoggiato da tutta la sinistra governista, dal Prc a Sel, ha vinto le elezioni e si prepara a una futura candidatura alla guida del centrosinistra nazionale, col sostegno già esplicitato di diversi settori della grande borghesia, che trovano efficace quel gentile populismo "poetico" con cui Vendola ammanta la brutale gestione anti-operaia degli affari borghesi (come si è visto in questi anni di governo della Puglia).
Il nostro risultato numerico è assai modesto, in linea con i precedenti risultati elettorali sia nostri che delle altre forze dell'estrema sinistra quando hanno avuto modo di presentarsi in elezioni di qualsiasi tipo (1). Noi, a differenza di quanto fanno abitualmente altri, non giochiamo con i numeri e non magnifichiamo lo zerovirgola (0,3% su base regionale, 0,6 a Barletta-Andria-Trani, 0,5 a Foggia, 1% nella città di Barletta, ecc.). In termini elettoralistici è nulla, in termini di successo della campagna propagandistica, come dicevamo, è tanto e ha come sottoprodotto numerico il voto a un programma rivoluzionario (che parla di occupazione delle fabbriche e di potere operaio) da parte di 7376 lavoratori e giovani. Questo nonostante i mezzi sproporzionati (abbiamo speso in un mese e mezzo di campagna elettorale quanto gli altri candidati hanno speso in caffè in una giornata), nonostante il richiamo del "voto utile" a Vendola, ecc.
Dalle urne delle elezioni borghesi non poteva uscire la soluzione, nemmeno parziale, per i problemi dei lavoratori e delle masse popolari. Quella soluzione potrà venire solo dall'estensione e dalla crescita delle lotte, a partire da quelle già in corso, dalla loro organizzazione su scala nazionale. Ciò che richiede la costruzione di un partito comunista rivoluzionario radicato, con influenza di massa, partecipe della costruzione di un partito comunista rivoluzionario su scala internazionale. E' quanto come Pdac siamo impegnati a fare da quando siamo nati. Da domani proseguiremo, cercando di coinvolgere almeno una parte di quelle centinaia di lavoratori nativi e immigrati, di giovani, che con noi hanno costruito questa campagna elettorale dei comunisti in Puglia.
(1) A queste regionali il Pdac era l'unica lista, a sinistra del Prc, presente complessivamente in una regione. Il Pcl, presente in una provincia della Basilicata, ha preso lo 0,2% (698 voti); sempre lo 0,2% (329 voti) è il risultato del Pcl alle provinciali dell'Aquila e lo 0,3% a quelle di Venezia.